Data: 11/04/2020 06:00:00 - Autore: Lucia Izzo
di Lucia Izzo - Nei sinistri stradali non opera alcun automatismo tra danno biologico permanente e danno morale. Quest'ultimo, pur aggiungendosi al primo, dovrà essere allegato e dimostrato dalla vittima in maniera specifica, anche ricorrendo a presunzioni.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell'ordinanza n. 7753/2020 (sotto allegata) pronunciandosi in relazione alla vicenda di un uomo che aveva chiesto il risarcimento dei danni per lesioni personali subite a seguito di un incidente stradale.

Liquidazione danno biologico e danno morale

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A seguito di un accertamento tecnico preventivo, il Giudice di Pace adito aveva accolto la domanda accertando, in particolare, il 2% di danno biologico afferente al rachide cervicale, e liquidando anche il danno morale nella misura di un terzo del danno permanente.
In sede d'appello, veniva parzialmente accolta l'impugnazione della compagnia assicurativa: secondo il Tribunale, il danno morale da sofferenza, normalmente sussistente nell'ipotesi di lesioni fisiche, era stato liquidato oltre il limite di legge di un quinto, cui invece andava ricondotto.
Lo stesso giudice precisava che anche senza la possibilità di un referto attestante direttamente il pregiudizio al rachide cervicale, il danno biologico era stato accertato in modo obiettivo sul piano medico legale, in base a rilievi clinici e alla valutazione diagnostica delle complessive verifiche strumentali effettuate.

Lesioni micropermanenti e accertamento medico legale

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La vicenda giunge innanzi alla Corte di Cassazione. Secondo la compagnia assicurativa, il Tribunale non avrebbe applicato il riformato art. 139 del Codice delle assicurazioni private, già in vigore al momento della pubblicazione della sentenza d'appello, che per il risarcimento del danno per lesioni di lieve entità (c.d. micropermanenti) richiede necessariamente un riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente il pregiudizio fisico lamentato.
Gli Ermellini, richiamando copiosa giurisprudenza (cfr. Cass., n. 10816/2019, Cass., 10819/2019), ritengono che il rigore che il legislatore ha dimostrato di esigere non possa essere inteso nel senso che la prova della lesione e del postumo debba essere fornita esclusivamente con un referto strumentale. Ciò in quanto è sempre l'accertamento medico legale corretto, tale riconosciuto dalla scienza medica, a stabilire se la lesione sussista e quale percentuale di postumo sia ad essa ricollegabile.
Un accertamento medico, chiarisce la Cassazione, non può essere imbrigliato con un vincolo probatorio che condurrebbe a diversi dubbi non manifestamente infondati di legittimità costituzionale, posto che il diritto alla salute è un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione e che la limitazione della prova della lesione del medesimo e del conseguente pregiudizio dev'essere conforme a criteri di ragionevolezza, rispetto alla tutela su cui incide.

Accertamento lesione del rachide cervicale

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La norma positiva, dunque, va letta nel senso della richiesta di un accertamento rigoroso in rapporto alla singola patologia, tenendo presente che vi possono essere situazioni nelle quali, data la natura della patologia e la modestia della lesione, l'accertamento strumentale risulta, in concreto, l'unico in grado di fornire la prova idonea che la legge sottolinea disciplinando la fattispecie (cfr. Cass., n. 31072/2019).
Tale situazione ricorre nel caso della lesione del rachide cervicale, tipica patologia da incidente stradale di cui si discute anche nel caso in esame. In tale ipotesi, spiega la Corte, l'accertamento non può dirsi effettuato sulla base del dato puro e semplice (e in sostanza non verificabile) del dolore più o meno accentuato che il danneggiato riferisca.
In simili casi, l'accertamento clinico strumentale sarà, con ogni probabilità, lo strumento decisivo che consentirà al consulente tecnico giudiziale di rassegnare al giudice una conclusione scientificamente supportata, fermo restando il ruolo insostituibile sia della visita medico legale che dell'esperienza clinica.
Nella vicenda di cui è causa, il giudice non ha violato i canoni normativi in quanto, da un lato, ha indicato che la lesione al rachide cervicale non era attestata come tale e direttamente da un referto, ma dall'altro la sua diagnosi era stata evinta con sicurezza da una plurima serie di rilievi clinici ed esami strumentali, tra cui la radiografia del rachide cervicale e lombosacrale, e l'ecografia della spalla sinistra.

Danno morale e danno biologico: niente automatismo

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Il ricorso dell'assicurazione, invece, coglie nel segno nella parte in cui contesta che sia stato accordando in via accessoria il danno morale prescindendo dall'accertata esistenza di conseguenze pregiudizievoli ulteriori e diverse da quelle fisiche.
Al pari delle personalizzazioni del danno biologico rispetto allo "standard" del punto d'invalidità, giustificabili in relazione a irripetibili singolarità dell'esperienza di vita individuale, anche il danno da sofferenza morale dovrà essere allegato e provato specificatamente anche a mezzo di presunzioni, ma senza che queste si traducano in automatismi che finiscano per determinare (anche) un'erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella legale.
Nel caso di specie, invece, il danno da sofferenza morale è stato ricondotto nei limiti legislativi che la fondano in astratto, ma affermando erroneamente che tale danno sarebbe in via generale da correlare "normalmente" a ogni lesione personale quale quella in questione.

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