Data: 13/04/2020 11:00:00 - Autore: Francesco Pace

Avvocati Francesco Pace e Alberto Rossi - L'omesso versamento dell'assegno di mantenimento costituisce una violazione degli obblighi di assistenza familiare ex art. 570bis c.p. configurabile anche nei confronti dei figli minori nati da genitori non legati dal vincolo formale del matrimonio.

È quanto chiarito dalla Sesta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 44695/2019.

Mantenimento figli nati fuori dal matrimonio

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L'imputato è stato accusato del reato di cui all'art. 3 della Legge n. 54/2006 per aver corrisposto una somma mensile inferiore a quella stabilita dal Tribunale per i minorenni (provvedimento del novembre 2012) per il mantenimento dei figli nati al di fuori del rapporto coniugale.

Il Tribunale ha assolto l'imputato sostenendo che il fatto non è previsto dalla legge come reato: la fattispecie incriminatrice, ricondotta all'art. 570bis c.p.[1] (introdotto dall'art. 2 del D.Lgs. n. 21 dell'1.03.2018 concernente "Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103", con decorrenza dal 6.04.2018), in cui la norma della Legge n. 54/2006 è stata trasfusa[2], costituisce un "reato proprio" del solo coniuge e, quindi, non può applicarsi analogicamente alla violazione degli obblighi di mantenimento dei figli minori nati da genitori non uniti dal vincolo formale del matrimonio.

Propone ricorso immediato per cassazione (art. 569 c.p.p.) il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello deducendo l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 570bis c.p. per contrasto col principio di diritto affermato dalla sentenza Cass. Pen., Sez. 6, n. 55744/2018[3].

Il punto della Cassazione

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Con la pronuncia in commento la Corte accoglie il ricorso del Procuratore Generale. La breve motivazione ha in sé il pregio di fare il punto dell'orientamento consolidato e di avvalorare le argomentazioni già sviluppate – in particolare nella richiamata sentenza n. 55744/2018 –, così specificando: per un verso, che vi è continuità normativa tra i fatti di reato commessi prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 21/2018 (ossia prima del 6.04.2018), in pendenza dell'art. 3 della Legge n. 54/2006 e dell'art. 12sexies della Legge n. 898/1970, e il neointrodotto art. 570bis c.p.; per altro verso, che il delitto di cui al richiamato art. 570bis c.p., è configurabile anche in caso di violazione degli obblighi di natura patrimoniale stabiliti nei confronti di figli minori nati da genitori non legati da un rapporto matrimoniale[4].

E' quindi attraverso l'esame della pregressa richiamata giurisprudenza che la questione trova soluzione.

Invero, la tesi che ha portato all'assoluzione dell'imputato in primo grado (qualificazione del delitto ex art. 570bis c.p. quale reato proprio del solo "coniuge", e non anche del genitore convivente) è stata sostenuta da una sola decisione della Cassazione (sentenza Sez. VI, n. 2666 del 7.12.2016) poi superata dal più recente orientamento in ragione dell'"interpretazione sistematica" della disciplina sul tema delle unioni civili e della responsabilità genitoriale nei confronti dei figli; disciplina introdotta dalla Legge n. 76 del 20.05.2016, e dal D.Lgs. n. 154 del 28.12.2013 che ha introdotto l'art. 337bis c.c., e, quindi, di una rilettura dell'art. 4, comma 2, della L. n. 54 del 2006 (non abrogato per effetto del D.Lgs. n. 21/2018), in base al quale le disposizioni della stessa legge sull'affidamento condiviso si applicano anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati: deve infatti ritenersi che attualmente il predetto riferimento vada ricondotto a tutte le disposizioni previste dalla Legge n. 54/2006, anche laddove attengono al diritto penale sostanziale, in quanto una diversa soluzione determinerebbe un'incostituzionale diversità di trattamento, accordando una più ampia e severa tutela penale ai soli figli di genitori coniugati rispetto a quelli nati fuori dal matrimonio.

Sostiene la Cassazione che la correttezza di detto orientamento non sia venuta meno con l'introduzione dell'art. 570bis c.p., ancorché la norma sanzioni testualmente la condotta del "coniuge" che si sottrae all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economia in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.

A fronte dell'interpretazione restrittiva – sovente seguita nella giurisprudenza di merito – fondata sul mero dato testuale della disposizione (con conseguente esclusione della sanzionabilità nell'ambito della filiazione estranea al contesto matrimoniale, se non con applicazione del distinto reato di cui all'art. 570, comma 1, c.p.), è invalso un differente pensiero maturato sulla portata e sulla natura della Legge Delega n. 103/2017: delega di natura meramente compilativa, diretta ad autorizzare la sola traslazione di figure criminose già esistenti nel corpus del codice (c.d. principio della "riserva di codice"), senza contemplare alcuna modifica sostanziale delle stesse. In sostanza, il nuovo art. 570bis c.p. realizza un "assorbimento" degli articoli 12sexies della Legge n. 898/1970 e 3 della Legge n. 54/2006, contestualmente abrogati.

Orbene, l'ambito di applicazione delle predette norme extracodicistiche, poi trasfuse nell'art. 570bis c.p. ma senza modificazione del perimetro sanzionatorio, già riguardava anche i figli di genitori non coniugati in forza dell'art. 4, comma 2, della L. n. 54/2006, che svolgeva la funzione di norma di chiusura del sistema stante l'espresso riferimento ("procedimenti relativi ai figli dei genitori non coniugati") agli obblighi di natura economica disciplinati dalla medesima L. n. 54/2006 (con l'introduzione degli artt. da 155 e 155sexies c.c., successivamente incisi dal D.Lgs. n. 154/2013, entrato in vigore in data 7.02.2014.)[5].

In particolare, la Cassazione sottolinea che la mera esegesi letterale dell'art. 570bis c.p., tra la posizione dei figli nati da genitori conviventi, rispetto alla prole nata in costanza di matrimonio, si porrebbe in netta antitesi con la piena equiparazione realizzata nell'ambito della responsabilità genitoriale del diritto civile (art. 337bis e ss. c.c.[6]): in tale contesto, infatti, gli obblighi dei genitori scaturenti dal rapporto di filiazione non subiscono alcuna modifica a seconda che sia o meno intervenuto il matrimonio, in conformità, peraltro, alla previsione di cui all'art. 30, comma 3, della Costituzione[7] (doverosa è, infatti e in ogni caso, l'interpretazione – ove possibile – costituzionalmente orientata della norma di legge).

Il raffronto con la Corte Costituzionale

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La decisione della Cassazione in commento (assunta in data 19.07.2019, con motivazione depositata in data 4.11.2019) si pone temporalmente in strettissima vicinanza con la sentenza della Corte Costituzionale n. 189/2019, depositata in segreteria in data 18.07.2019 e pubblicata sulla G.U. n. 30 del 24.07.2019.

Nonostante la Cassazione non sia stata a conoscenza delle valutazioni assunte dal Giudice delle Leggi (rese pubbliche solo pochi giorni dopo la decisione della Corte di legittimità), nella pronuncia in commento il Collegio – attraverso il richiamo al precedente di cui alla sentenza n. 55744/2018 – ha considerato i dubbi di legittimità costituzionale sollevati con riguardo all'art. 570bis c.p. e al D.Lgs. n. 21/2018, e li ha ritenuti irrilevanti ai fini della soluzione della questione controversa[8].

A ogni buon conto, si rileva che l'orientamento accolto e rimarcato dalla Cassazione ha ricevuto l'avvallo della Corte Costituzionale quale "nuovo diritto vivente". La Corte, nello specifico, ha vagliato la conformità dell'atto legislativo governativo di cui al D.Lgs. n. 21/2018 in relazione ai criteri direttivi della Legge Delega n. 103/2017 (parametro di costituzionalità ex art. 76 Cost.), onde verificare che – conformemente alla "riserva di codice", finalizzata a un mero "riordino" della normativa, imposta dal Parlamento – non sia stata operata un'illegittima modificazione delle fattispecie incriminatrici individuate dal Legislatore[9].

E così, il "rinvio dinamico" che l'art. 4, comma 2, della Legge n.54/2006 opera nei confronti di tutte le disposizioni della medesima legge, deve essere interpretato in combinato disposto con il D.Lgs. n. 21/2018 laddove precisa che ogni riferimento all'abrogato art. 3 della suddetta legge, a far data dal 6.04.2018, dev'essere ricondotto all'art. 570bis c.p..

Nonostante la certezza dell'interpretazione predetta, è la stessa Corte Costituzionale a rivolgere un invito al Legislatore affinché intervenga sull'art. 570bis c.p. per assicurare una maggiore chiarezza e la "più immediata riconoscibilità del precetto penale da parte dei suoi destinatari"[10].


[1] Art. 570bis c.p. ("Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio"):

Le pene previste dall'articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.

[2] L'art. 3 ("Disposizioni penali") della legge sull'affidamento condiviso prescriveva che "In caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica l'articolo 12-sexies della legge 1º dicembre 1970, n. 898". Detto articolo, al pari dell'art. 12sexies della Legge n. 898/1970, è stato abrogato con il D.Lgs. n. 21/2018 – art. 7, comma 1, lett. o) – e ogni riferimento ricondotto all'art. 570bis c.p. a far data dal 6.04.2018. Rilevante è, altresì, l'art. 4 ("Disposizioni finali"), comma 2, della predetta Legge n. 54/2006 che, ancora in vigore, recita "Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati".

[3] "Ritiene, conclusivamente, il Collegio che, alla stregua della lettura sistematica della disposizione di cui all'art. 57-bis cod. pen., non può attribuirsi alla fattispecie incriminatrice un ambito applicativo più ristretto rispetto a quello riferibile agli artt. 3 e 4 L. n. 54 del 2006 quali interpretati dall'ormai consolidato orientamento di questa Corte regolatrice… con la conseguenza che non si applica alla fattispecie in concreto all'esame della Corte l'art. 2, comma 2, cod. pen., ricorrendo tutti i presupposti fattuali del reato di omesso adempimento degli obblighi di mantenimento in favore della figlia minore, nata da un rapporto di convivenza, obblighi posti a carico dell'imputato dalla sentenza civile del Tribunale…" (punto 8, sentenza Cass. Pen., Sez. VI, n. 55744 del 12.12.2018).

[4] Oltre alla richiamata sentenza n. 55744/2018, la Cassazione fa espresso rinvio a ulteriori pronunce della Sezione VI: sentenza n. 56080 del 17.10.2018; n. 14731 del 22.02.2018; n. 12393 del 31.01.2018; n. 25267 del 6.04.2017.

[5] Il richiamo è alla sentenza Cass. Pen., Sez. VI, n. 25267 del 19.05.2017.

[6] Introdotti nel codice dall'art. 55, comma 1, D.Lgs. 28.12.2013, n. 154, a decorrere dal 7.02.2014.

[7] "La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima"; principio che, peraltro, si raffronta con la prescrizione dei cui comma 1: "E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio".

[8] "Una ulteriore torsione della interpretazione letterale dell'art. 570 bis c.p., consegue dal rilievo che le disposizioni recate dalla L. n. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 4, relative alle disposizioni a favore dei figli in caso di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, per effetto della inammissibile selezione delle fattispecie incriminatrici operata dal legislatore delegato, sono transitate, contrariamente alla parte del disposto normativo richiamato, relativo ai figli dei genitori non coniugati, nella previsione dell'art. 570 bis c.p.. E, tale lettura, rende irrilevante la questione di illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 3 Cost., sul presupposto che, del tenore letterale della fattispecie di cui all'art. 570 bis c.p., si determina "una irragionevole ed ingiustificata diversità di trattamento nell'ambito dei rapporti tra genitori e figli nati in costanza o al di fuori del matrimonio" (Tribunale Nocera Inferiore, Sezione penale, ordinanza del 26/4/2018). E, sotto altro profilo, quella di legittimità costituzionale, relativamente al D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21, art. 2, comma 1, lett. c), e art. 7, comma 1, lett. b) e o), nella parte in cui si ritiene abrogata la previsione incriminatrice della violazione degli obblighi di assistenza familiare da parte del genitore non coniugato, per contrasto con gli artt. 25 e 76 della Costituzione (Corte appello Trento, Sezione Penale, ordinanza 21/9/2018)" (ultima parte del punto 7, sentenza Cass. Pen. Sez. VI, n. 55744 del 12.12.2018).

[9] Cfr. punto 10 della motivazione.

[10] "Non può, peraltro, questa Corte esimersi dal rimarcare come la necessità, per il destinatario del precetto di cui all'art. 570-bis cod. pen., di ricostruirne il contenuto alla luce del combinato disposto di due ulteriori disposizioni situate al di fuori del codice penale - attraverso un'operazione ermeneutica ineccepibile, ma certo non di solare evidenza, come dimostrano le ben sette ordinanze di rimessione che avevano ritenuto impossibile pervenire de lege lata al risultato cui è infine giunta la Corte di cassazione - risulti in definitiva distonica rispetto allo scopo, dichiarato dal legislatore delegante, di garantire ai consociati «una migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni» attraverso la sia pur parziale attuazione del principio di «riserva di codice». Tale considerazione dovrebbe auspicabilmente indurre il legislatore a intervenire direttamente sul testo dell'art. 570-bis cod. pen., per esplicitarne l'applicabilità - già oggi riconosciuta dal diritto vivente - anche alla condotta omissiva del genitore che non adempia i propri obblighi economici nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio, in omaggio all'obiettivo - rilevante ex art. 25, secondo comma, Cost. - di una più immediata riconoscibilità del precetto penale da parte dei suoi destinatari" (punto 11 della motivazione).


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