Data: 27/04/2020 15:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - La Cassazione con la sentenza n. 12025/2020 (sotto allegata) conferma la condanna inflitta agli imputati, responsabili di aver contraffatto numerosi "pezzi storici" attribuiti a Gabriele D'Annunzio e inseriti nel catalogo della loro libreria, dopo averli acquistati su Ebay. Per la Corte occorre solo rivedere le misure dei risarcimenti riconosciuti alle parti civili, che ammontano a 88.000 euro e l'accusa di contraffazione riferita a un bene particolare. Niente attenuanti invece per gli imputati, stante la durata della condotta e il numero dei pezzi alterati e venduti, che dimostrano la consapevolezza di approfittare della fiducia accordata loro da tempo dai clienti.

Reato di contraffazione

[Torna su]

La Corte d'Appello riforma in parte la sentenza del Tribunale, confermando la responsabilità penale degli imputati per la commissione dei reati contemplati dall'art. 178 del dlgs n. 42/2004 (contraffazione di opere d'arte) commessi dall'ottobre 2011 all'aprile 2013, fatte salve alcune modifiche, come la riduzione della pena, l'entità del danno liquidato alle parti civili e il diniego delle attenuanti generiche. Agli imputati sono state contestate le seguenti condotte:

  • contraffazione, alterazione e riproduzione per profitto di opere e oggetti riconducibili a D'Annunzio;
  • detenzione e messa in commercio o circolazione di oggetti non contraffatti riconducibili sempre al noto scrittore;
  • autenticazione e accreditazione mendace degli oggetti riconducibili al Vate e messi in commercio.

Riconoscimento attenuanti generiche

[Torna su]

Il difensore degli imputati ricorre alla Corte di legittimità sollevando sei motivi. Con il primo e il secondo lamenta la mancata assunzione in primo e secondo grado della perizia richiesta dagli imputati, decisiva ai fini della ricostruzione e compatibile con i tempi del processo.

Con il terzo contesta l'integrazione della condotta illecita della contraffazione e dell'elemento psicologico dei reati ascritti, stante l'assenza di un accertamento peritale tramite scritture di comparazione. Per quanto attiene alla detenzione, messa in circolazione, autenticazione e accreditazione mendace i giudici di merito hanno presunto la malafede solo dall'esperienza maturata dagli imputati sulle opere dannunziane.

Con il quarto contesta la responsabilità addebitata in riferimento a certi reati, mentre con il quinto evidenzia il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, soprattutto perché gli imputati si sono dimostrati molto collaborativi. Con il sesto infine contesta l'entità della liquidazione riconosciuta alle parti civili che ammonta complessivamente a 88 mila euro.

Cimeli di D'Annunzio: contrattazione senza attenuanti

[Torna su]

La Cassazione ritiene che il ricorso vada accolto limitatamente al giudizio di responsabilità riferibile al bene indicato al n. 47 del capo A) e all'ammontare dei risarcimenti riconosciuti alle parti civili. Manifestamente infondati i primi due motivi visto che la consulenza è un mezzo di prova rimesso alla discrezionalità del giudice e non rappresenta un elemento probatorio a discarico da considerarsi decisivo.

Non specifiche le censure con cui gli imputati hanno contestato la sussistenza della contraffazione. La Corte fa presente che il Tribunale, concluse le indagini, ha rilevato la contraffazione di 24 pezzi sui 500 che compongono la collezione del soggetto che li ha sottoposti ad esame. Tutti beni provenienti dalla libreria degli imputati, la cui contraffazione è da riferire agli autografi, alle dediche e in alcuni casi alla loro materialità. Dopo aver dato atto nel dettaglio di quanto emerso dalle testimonianze gli Ermellini rilevano come la Corte d'Appello abbia rilevato che per il Tribunale i documenti dovevano ritenersi contraffatti perché, in relazione al periodo storico, la composizione della carta e dell'inchiostro non corrispondevano e perché la frasi e i motti riportati non coincidevano con le date reali.

Contraffazione di cui gli imputati erano consapevoli perché esperti in cimeli dannunziani e perché è stato provato che molti dei beni erano stati acquistati su Ebay e poi contraffatti. Infondate in parte invece le doglianze relative al bene n. 47 dell'imputazione sub A) di cui si contesta la contraffazione, in quanto la sentenza impugnata è priva di specificazioni, nonostante il motivo d'appello contestasse la commercializzazione su Ebay e l'assenza di prove sul coinvolgimento degli imputati.

Così come infondato il quinto motivo con cui gli imputati hanno contestato la mancata concessione delle attenuanti generiche. La Corte ha infatti correttamente valorizzato il numero considerevole dei beni riferiti a un poeta noto, la durata della condotta e il fatto che la stessa si è realizzata nell'esercizio di un'attività commerciale, profittando della fiducia che alcuni clienti avevano instaurato con gli imputati.

Fondate invece le censure relative al risarcimento riconosciuto alle parti civili in quanto la Corte d'Appello non ha fornito una specifica indicazione delle componenti del danno patrimoniale in particolare, visto che quello morale deve essere liquidato in base a criteri equitativi. Incomprensibile infine le quantificazioni dei danni morali e patrimoniali riconosciute alle parti civili.

Leggi anche Beni culturali: ecco i nuovi reati in arrivo nel codice penale


Tutte le notizie