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Data: 26/04/2020 19:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate di Annamaria Villafrate - Con l'ordinanza n. 7904/2020 (sotto allegata) la Cassazione chiarisce che, per quanto riguarda la determinazione del compenso spettante all'avvocato, prima di tutto si deve fare riferimento all'accordo intercorso con il cliente, solo in assenza di una pattuizione si ricorre alle tariffe, poi agli usi e infine al giudice. Ora, poiché nel caso di specie l'avvocato ha convenuto il compenso spettante per le sue prestazioni professionali senza alcuna condotta abusante o vessatoria da parte della società cliente, costui non può poi invocare la lesione della sua dignità di lavoratore.
Reclamo compenso avvocato[Torna su]
Il Giudice delegato al fallimento di una s.r.l liquida all'avvocato di quest'ultimo un compenso di 24.800,61 per l'attività svolta in una causa civile definita dallo stesso Tribunale. L'avvocato propone reclamo avverso detto decreto. Il Tribunale adito lo respinge poiché tra l'avvocato e la s.r.l è intercorsa una convenzione sul compenso ai sensi dell'art. 13 della legge n. 247/2012. E' quindi irrilevante per il Tribunale che l'importo concordato è inferiore rispetto a quanto riconosciuto dal giudice per la curatela a titolo di spese processuali. Compenso pattuito tra difensore e cliente[Torna su]
L'avvocato ricorre in sede di legittimità sollevando, tra i vari motivi di ricorso, i seguenti:
Titolo preferenziale all'accordo col cliente per il compenso dell'avvocato[Torna su]
La Cassazione con ordinanza n. 7904/2020 rigetta il ricorso per le ragioni che si vanno a illustrare. Il Tribunale ha correttamente rigettato il reclamo perché tra l'avvocato e la s.r.l è intercorso un accordo relativo al compenso professionale. Sul punto la Cassazione puntualizza che l'art. 13 della legge n. 247/2012 stabilisce che: "il compenso spettante al professionista è pattuito di regola per iscritto all'atto del conferimento dell'incarico professionale, e che la pattuizione dei compensi è libera, salvo il divieto dei patti con i quali l'avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa." L'art. 2233 c.c sancisce poi, come chiarito anche da precedenti pronunce che "il compenso per prestazioni professionali va determinato in base alla tariffa e adeguato all'importanza dell'opera solo nel caso in cui esso non sia stato liberamente pattuito, in quanto l'art. 2233 cod. civ. pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogo alla convenzione che sia intervenuta fra le parti - e solo in mancanza di quest'ultima, in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine, alla determinazione del giudice." "Giustappunto in considerazione dell'esistenza di una valida convenzione sul compenso, non può in vero affermarsi che la condanna alle spese contenuta nella sentenza che ha definito la causa di merito (e afferente al distinto rapporto tra la parte soccombente e la parte vittoriosa) vada a costituire un titolo ulteriore, non antitetico a quello derivante dalla pattuizione negoziale, come tale spendibile, al posto della pattuizione, nel distinto rapporto tra la parte vittoriosa e il proprio difensore." Le doglianze sulla lesione della dignità del lavoratore non paiono coerenti con la libera pattuizione dei compensi convenuta dall'avvocato e la s.r.l., accordo che tra l'altro non è stato neppure impugnato per far valere eventuali vizi della volontà negoziale. Leggi anche: - Avvocati: per i compensi prevale l'accordo con il cliente - La liquidazione dei compensi degli avvocati |
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