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Data: 26/04/2020 18:00:00 - Autore: Dott. Raffaele Focaroli Dott. Raffaele Focaroli* - Un tema fortemente dibattuto in questi giorni di "restrizione sociale" è quello relativo al mantenimento del rapporto tra genitori e figli in situazioni di separazione e, quindi, di diversa residenza delle figure genitoriali. Si dibatte, cioè, sul diritto di visita di quella mamma o di quel papà che abitano in un comune diverso da quello in cui è residente un figlio. C'è stata molta confusione interpretativa in merito, a tal punto che l'orientamento giuridico dei Tribunali è stato diverso. Il tribunale di Milano, ad esempio, ha acconsentito agli spostamenti tra un comune e l'altro mentre altri si sono espressi diversamente. Chi si è espresso in termini negativi si è appellato all'art.16 della Costituzione e all'art. 32 in merito al diritto alla salute. Una riflessione, però, va fatta. Quale è stata la chiave interpretativa del Governo su questo tema? Il Governo ha sempre sottolineato come "gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l'altro genitore o comunque presso l'affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio". Infatti tale chiave interpretativa è logicamente riconducibile allo stato di necessità. La domanda da porsi, in tal senso, è questa: "E' una necessità, per un genitore, mantenere i normali, consueti e programmati rapporti con i propri figli? Sarebbe corretto privare un genitore di un diritto inviolabile come questo? Quale potrebbe essere la reazione di un genitore di fronte ad una severa restrizione dei rapporti con i figli? Come si porrebbe ogni genitore, separato o meno, davanti ad un provvedimento che ne proibisca un contatto umano cosi fondamentale nella natura di un individuo?" Attenzione, si è presenza, come dicevamo, di un diritto fondamentale, il diritto, cioè, alle relazioni familiari riconosciuto dalla Costituzione e dalla Carta Internazionale dei Diritti dei Bambini. Certamente non si può non tener conto di particolari situazioni che prevedano altrettante particolari cautele al fine di ostacolare, come nel caso di specie, i contagi vedi, ad esempio, l'obbligo di quarantena. Ma in tutti gli altri casi? Passiamo, sulla scia di queste riflessioni, su quello che, personalmente, definisco "il dramma nel dramma". Purtroppo c'è un lato nascosto, forse conosciuto soltanto dagli addetti ai lavori, che, sulla scia del problema esposto, si palesa in termini più dolorosi. Parlo di quei genitori a cui non è consentito di incontrare i figli ospitati in casa famiglia. Mi chiedo, quanti dirigenti di queste strutture abbiano, da due mesi ad oggi, emanato comunicazioni di sospensione degli incontri tra i minori ospitati e le figure parentali. Quanti abbiamo deciso di sostituire l'incontro diretto con una videochiamata e con una semplice telefonata. Quanti municipi, nell'ambito degli uffici dei Servizi Sociali, hanno interrotto gli incontri protetti o in spazio neutro? Questa è la mia denuncia! Questa tipologia di servizio doveva essere la prima preoccupazione anche, se vogliamo, di indirizzo politico amministrativo di un ente pubblico. Sappiamo tutti che quando si è in presenza di un dispositivo giuridico di allontanamento dei figli da parte di un Tribunale, che ne decide, a sua volta, il collocamento in una struttura di accoglienza, è perché il contesto famigliare di origine non è considerato idoneo alla sana crescita di un figlio. Questo, però, cosi come avviene in molti casi, consente, comunque, ai genitori biologici di mantenere un rapporto con i figli. Mi domando, con quale logica siano state adottate azioni così ingiuste nei confronti di soggetti che, proprio in virtù della loro fragilità, dovevano essere ancora più tutelati. Se si fossero adottati subito i dispositivi di sicurezza quei colloqui, brutalmente ed ingiustamente interrotti, si sarebbero potuti svolgere senza alcuna difficoltà. E mi chiedo, quanto tempo dovrà ancora passare prima che questi genitori possano tonare fare visita ai figli? Ci sono, poi, minori che, pur collocati in casa famiglia, hanno, nell'ambito della loro specifica situazione, il diritto di tornare a casa il fine settimana. Anche a questi bambini e ragazzi è stata negata questa possibilità. Ma per quale motivo? Per questioni di prevenzione dal contagio? Per il rischio sanitario? In questi casi il rischio sanitario si è calcolato mentre per il mantenimento di alcune attività commerciali come quelle dei tabaccai tutto è stato possibile. È avvilente e paradossale che non sia stato considerato un "diritto essenziale" quello del mantenere e salvaguardare il rapporto genitori e figli a qualsiasi livello ed in qualsiasi condizione famigliare. *dott. Raffaele Focaroli docente di pedagogia e Giudice esperto presso il Tribunale per i Minorenni di Roma
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