|
Data: 12/05/2020 15:00:00 - Autore: Matteo Santini L'odierna disamina inerisce il diritto di frequentazione del genitore non collocatario in costanza dell'emergenza sanitaria in corso, determinata da Covid-19. Più nello specifico, la presente dissertazione – senza alcuna pretesa di completezza – intende delinearsi quale contributo finalizzato a proporre riflessioni ovvero suggerimenti deputati al corretto esercizio del diritto sopra menzionato, nel rispetto di un effettivo bilanciamento tra la tutela del diritto alla salute e quello della bigenitorialità, a seguito della novellata "fase 2", recentemente varata dal dpcm del 26 aprile 2020.
La questione della frequentazione dei figli dei genitori separati[Torna su] Invero il problema della frequentazione dei figli dei genitori separati, o per meglio dire del genitore "non collocatario o non collocatario prevalente" si era già imposto, con tutta la sua gravità, sin dall'origine della fase 1 dell'emergenza epidemiologica. A tal proposito, giova ricordare che i primi decreti emessi in connessione con il fenomeno "quarantena", nonostante disponessero misure profondamente restrittive della libertà di circolazione su tutto il territorio nazionale (artt. 13 e 16 Cost.) nulla disciplinavano circa le modalità di frequentazione (rectius: spostamento sul territorio) tra genitori e figli in costanza di separazione ovvero di divorzio, provocando per l'effetto il rischio di riaccendere (se non addirittura far esplodere) in molte situazioni, tensioni più o meno latenti a scapito della prole. A fronte di tale lacuna normativa, il problema della frequentazione genitori-figli, specie nell'immediatezza dell'emergenza, è stato necessariamente risolto dall'interprete ricavando una primaria soluzione nella generale normativa dettata in tema di "spostamenti" in particolare nei decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, pubblicati l'8 marzo 2020, il 9 marzo 2020 e il 22 marzo 2020. Ripercorrendo il crescendo di tali misure, per quel che qui interessa, si delinea un quadro estremamente fumoso e complesso, che ad ogni buon conto, ha ingenerato altrettante inversioni di tendenza anche nei recenti pronunciamenti degli Uffici Giudiziari, come meglio si dirà nel prosieguo. Il primo dpcm 8 marzo 2020, inerente le tristemente note «zone rosse» all'art. 1, comma 1, lett a), stabiliva di: «a) evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all'interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza; (…)». Conseguentemente il dpcm 9 marzo, aveva esteso detto precetto a tutto il territorio nazionale. Orbene nel vigore di tali provvedimenti, come sopra accennato, era stato pacificamente ritenuto dagli interpreti operanti nel settore della giustizia, che condurre i figli dalla casa di un genitore all'altro, sia all'interno che all'esterno della propria circoscrizione, rientrasse tra le specifiche condizioni idonee a giustificare, con l'autodichiarazione, lo spostamento. L'argomentazione posta a sostegno di tale interpretazione consisteva nel rilievo che i figli dei genitori separati e/o divorziati hanno due domicili, coincidenti con le rispettive abitazioni dei genitori, ragion per cui gli spostamenti tra gli stessi potevano individuarsi nella previsione che consente il rientro presso l'abitazione il domicilio o la residenza. In tal senso infatti si era anche espresso il Governo che, tra le FAQ pubblicate il 10 marzo 2020, indicava al punto n. 13 che «sì, gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l'altro genitore o comunque presso l'affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio». Il riferimento alle FAQ ricorre anche nella pronuncia del Tribunale di Milano dell'11 marzo 2020, la quale ha «ritenuto che le previsioni di cui all'art. 1, comma 1, lettera a), del dP.C.M. 9 marzo 2020 n. 11 non siano preclusive dell'attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori, laddove consentono gli spostamenti finalizzati a rientri presso la "residenza o il domicilio", sicché alcuna "chiusura" di ambiti regionali può giustificare violazioni, in questo senso, di provvedimenti di separazione o divorzio vigenti». Lo stesso provvedimento escludeva, nel contempo, che la mancata consegna all'altro genitore del minore temporaneamente in altro domicilio (quello del nuovo compagno del genitore in quel momento col figlio) non costituisse un grave inadempimento ai sensi dell'art. 709-ter c.p.c. Inoltre, anche con riferimento agli spostamenti per accompagnare i figli dai nonni o per riprenderli all'inizio o al termine della giornata di lavoro, le FAQ offrivano preziose delucidazioni, autorizzando gli spostamenti de qua solo in casi di estrema necessità, come ad esempio l'impossibilità del genitore di tenere con sé il figlio per cause di forza maggiore. Lo scenario dopo il Dpcm 22 marzo 2020[Torna su] Lo scenario delineato ha però iniziato a farsi poco chiaro con l'acuirsi dell'emergenza sanitaria e soprattutto con il dpcm del 22 marzo 2020 che imponeva la limitazione degli spostamenti fuori area comunale salvo che per comprovate esigenze di assoluta urgenza (art. 1 comma 1, lett.b). Gli evidenti inasprimenti riguardo la mobilità tra i decreti del 9 e del 22 marzo e l'espressa abolizione circa la possibilità di fare ritorno presso il proprio domicilio, declinati con riferimento al diritto di visita in esame, si traducevano nell'evidente circostanza, che il minore, quand'anche si trovasse nella casa del genitore non collocatario, era in quella che doveva restare considerato il divieto menzionato, parimenti, se si trova presso il collocatario, non poteva spostarsi verso il proprio domicilio ovvero presso l'altro genitore. Questa notevole inversione di tendenza ha trovato poi sostegno in provvedimenti giurisprudenziali di segno diametralmente opposto rispetto a quello del Tribunale di Milano. Invero, il Tribunale di Bari con ordinanza del 24.03.20, oppure il Tribunale di Busto Arsizio con ordinanza del 28.03.20 o il Tribunale di Terni con provvedimento del 30 marzo 2020 hanno prospettato (tutti conformemente) una nuova rilettura del diritto di visita tra genitori e figli rilevando che, nel delicato bilanciamento degli interessi di paro rango costituzionale concernenti la bigenitorialità e la salute, gli incontri con la prole dovevano avvenire in uno spazio "neutro" e con modalità che pur assicurando il costante contatto "umano" non mettessero a rischio la salute psicofisica dei minori. Da qui, l'indirizzo di metodo e di merito nell'utilizzo della tecnologia, si pensi alle videochiamate tramite skype per consentire il perfezionamento del diritto di visita che qui ci occupa. Giova evidenziare inoltre che, in forza di tali pronunciamenti, il diritto-dovere di frequentazione (art. 30 Cost.) è stato qualificato come "recessivo" rispetto alle limitazioni, legalmente stabilite per ragioni sanitarie, a mente degli artt. 16 Cost e 32 Cost. Compiuta tale doverosa ricostruzione, posta in essere oltre che per esigenze di completezza anche con l'esclusiva finalità di meglio delineare il quadro d'insieme, occorre capire quale sarà l'evoluzione nell'esercizio del diritto di visita, posto che la novellata e tanto desiderata fase 2 deve qualificarsi come fase di convivenza con il Covid-19 non già come fine della pandemia. L'ultimo Dpcm 26 aprile 2020[Torna su] Si rileva nuovamente che, nelle ristrettezze della normativa d'emergenza, anche l'ultimo dpcm del 26.04.20, ricalca quasi pedissequamente i divieti alla mobilità già nominati, introducendo quali unici elementi di novità la possibilità di rientro presso la propria residenza, l'incontro con i congiunti (recte: termine che ha scatenato non poche dissertazioni semantiche) oltre che gli spostamenti extra-regionali solo per motivi di lavoro, salute ed urgenza, ma nulla disciplina circa il regime di frequentazione. A parere di chi scrive, data l'eccezionalità del contesto sociale in cui si è chiamati ad operare e nei casi in un cui l'invito al primario buonsenso dei coniugi non possa operare per la presenza di frizioni più o meno intense, appare opportuno valutare l'introduzione di linee guida, meglio se concretizzate in appositi protocolli all'uopo preposti per regolamentare - da un punto di vista prettamente logistico materiale - gli incontri tra genitori e figli, nel rispetto ovviamente delle condizione previste ed omologate in sede di separazione o divorzio. Ciò che preme mettere in evidenza, è il bisogno o meglio la necessità di fornire una soluzione pratica e concreta ma soprattutto bilanciata alla zona territoriale di appartenenza, poiché in virtù dei dati epidemiologici il nord rispetto alle regioni del centro o quelle del meridione risulta, purtroppo, un territorio alle prese con un contagio che sebbene rallentato non è ancora scesa sotto soglie di evidente auspicabile sicurezza. Orbene, si potrebbero incentivare gli strumenti tecnologici, videochiamate tramite Whatsapp – Skype nelle zone ancora provate dell'emergenza garantendo però al tempo stesso la fondamentale fruibilità di tali tecnologie anche a tutte quelle situazioni familiari "più delicate", affinché il contatto genitore figlio resti costante ed il minore non percepisca fattualmente l'assenza del genitore non collocatario come una privazione. Invero, non appare scontato al giorno d'oggi la possibilità per tutte le famiglie di non disporre di tali strumenti o meglio di connessione internet. Esistono purtroppo anche realtà di indigenza, di conflittualità tale che necessitano di protocolli di intervento appositamente studiati. Ad esempio, in situazioni di tal guisa, gli incontri in differita potrebbero realizzarsi con l'aiuto dei servizi sociali deputati a fornire non solo un valido supporto assistenziale ma anche prettamente materiale. Inoltre, la realizzazione degli incontri in tutte quelle zone che stanno registrando dati incoraggianti circa l'emergenza epidemiologica potrebbero realizzarsi, nel rispetto di un distanziamento sociale più particolareggiato poiché appare corretto ritenere che le visite de qua, debbano equilibrarsi con le esigenze di tutela della salute del minore e delle persone che abitualmente convivono con lui (l'altro genitore, altri fratelli, nonni, ecc.), valutazione questa che nell'assenza di specifiche disposizioni governative, andrebbe effettuata congiuntamente dai genitori con l'aiuto del proprio avvocato. Necessità di protocolli e linee guida[Torna su] Appare auspicabile infatti che similarmente a quanto fatto per i provvedimenti giudiziali (si pensi alle linee guida del CNF del 20.04.20 per i procedimenti in materia famiglia) vi siano altrettanti protocolli e/o regolamenti per i professionisti che verrebbero messi in tal modo nella reale condizione di aiutare seriamente con apposite linee guida i loro rappresentati nel regime delle visite. Alcuni di questi parametri potrebbero individuarsi nella distanza tra domicilio-residenza del genitore collocatorio e non collocatario, nell'età del minore, nella dimensione dell'appartamento, nello stato di salute ed ovviamente nel numero di persone cui il nucleo famigliare è composto. Si ritiene, invero, che solo l'individuazione di specifici protocolli possa realizzare un più generale bilanciamento dei diritti in gioco e della loro conseguente tutela. In conclusione, alla luce delle problematiche trattate e delle argomentazioni fornite, appare ragionevole ritenere che al fine di porre in essere in questa recente "fase 2" dell'emergenza sanitaria un corretto diritto di visita dei genitori non collocatari e dei loro figli, nel rispetto altresì di un bilanciamento tra il diritto alla salute e quello alla bigenitorialità, gioverebbe introdurre, (rectius: soprattutto al fine di scongiurare una "nuova" regolamentazione dai contorni poco chiari, come accaduto nella fase 1) specifiche linee guida, o protocolli ad hoc idonei a garantire o quantomeno assicurare, con tutte le cautele del caso, l'esercizio del diritto de quo consentendo per l'effetto anche di mettere il professionista nella condizione di meglio fornire la propria assistenza al suo rappresentato. |
|