Data: 27/05/2020 11:30:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - Da condannare per calunnia e diffamazione aggravata il marito che accusa la moglie d'intrattenere una relazione extraconiugale con un altro uomo. Accuse infondate che ledono la reputazione della persona all'interno della sua comunità di riferimento. Queste le conclusioni a cui è giunta la Cassazione con la sentenza n. 13564/2020 (sotto allegata).

Calunnia e diffamazione ai danni della moglie

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La Corte d'Appello conferma la sentenza con cui il Tribunale ha condannato l'imputato per il reato di diffamazione e di calunnia in danno della moglie separata e commessi con una denuncia del luglio 2014.

Assenza elementi oggettivo e soggettivo dei reati attribuiti

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L'imputato ricorre a mezzo difensore dolendosi con il primo motivo di aver ritenuto colpevole il suo assistito nonostante le prove fossero insufficienti, contraddittorie e incerte.

Con il secondo motivo invece contesta la configurabilità dei reati attribuiti all'imputato, stante l'assenza degli elementi oggettivi e soggettivi richiesti. La Corte inoltre ha omesso di soffermarsi sulla configurabilità della lesione della reputazione della ex moglie.

Con il terzo infine contesta la mancata concessione delle attenuanti generiche, per valutazione assente dei presupposti.

Condanna per calunnia e diffamazione aggravate per il marito

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La Cassazione con la sentenza n. 13564/2020 dichiara il ricorso inammissibile per le ragioni seguenti.

Il primo motivo è inammissibile e infondato perché non tiene conto del percorso logico giuridico seguito dalla Corte, che ha altresì valorizzato l'esito di un separato giudizio per maltrattamenti.

La Corte inoltre ha ritenuto attendibili la versione dei fatti rappresentata dalla persona offesa, confermata anche dal figlio e dal fratello della donna, valutando al contrario inidonee e incoerenti le dichiarazioni dell'imputato.

Generico e infondato anche il secondo motivo del ricorso. Le accuse di infedeltà mosse dall'imputato nei confronti della ex moglie sono infatti risultate, per entrambi i giudici di merito, calunniose e frutto di un desiderio di rivendicazione per le denunce mosse nei suoi confronti dalla donna. Quanto denunciato dall'imputato è stato smentito inoltre sia dalla persona offesa che dai testi che ne hanno confermato il contenuto.

Dalla lettura delle due sentenze di merito emerge chiaramente che le condotte dell'imputato configurano sia il reato di calunnia, visto che le accuse forniscono una rappresentazione dei fatti diversi da quanto accaduto realmente, che quello di diffamazione aggravata, derivante dall'addebito ingiustificato di una relazione extraconiugale, idoneo a ledere la reputazione della persona offesa all'interno della comunità.

Inammissibile anche il terzo motivo perché finalizzato a sollecitare un diverso esame dei fatti nel merito, che non è ammissibile in sede di legittimità, senza dimenticare che la Corte, nel decidere il trattamento sanzionatorio da applicare all'imputato, ha tenuto conto della gravità della condotta e della conseguente immeritevolezza della concessione delle attenuanti generiche.

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