Data: 22/05/2020 18:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - L'ordinanza n. 8813/2020 (sotto allegata) della Cassazione mette ordine in una pratica che nella realtà si verifica di frequente. Essa riconosce infatti all'ex fidanzato di una giovane donna, con cui purtroppo la storia non è andata a buon fine, il diritto a ottenere la restituzione delle somme spese per effettuare i lavori nell'immobile in cui avrebbero dovuto andare a vivere insieme e messo a disposizione dal padre di lei, il quale dopo la fine della relazione ha pensato bene di vendere l'appartamento e non riconoscere alcunché al ragazzo, arricchendosi senza un giustificato motivo.

Il matrimonio non si fa e il suocero mancato vende la casa offerta alla figlia

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Due giovani, prossimi ormai alle nozze ricevono dal padre di lei un appartamento, con l'impegno da parte del giovane di ristrutturalo a sue spese in cambio della rinuncia da parte del suocero a percepire i canoni locativi fino alla compensazione dei due crediti. La relazione sentimentale però finisce e il proprietario vende l'immobile con gli arredi acquistati dell'ex genero mancato, senza riconoscerli somma alcuna. Il giovane agisce quindi in giudizio chiedendo la condanna dell'ex suocero al pagamento di 35.022 euro, oltre interessi, rivalutazione monetaria e risarcimento per danno morale subito a causa dell'indebita appropriazione dei beni mobili di proprietà dell'attore.

Il convenuto si costituisce in giudizio, contestando che l'immobile non necessitava di alcuna ristrutturazione, per cui ogni intervento effettuato doveva ritenersi riconducibile alle spese sostenute volontariamente dalle due parti. Il Tribunale rigetta la domanda del giovane, che però impugna la sentenza, ma anche la Corte d'Appello la respinge.

Accordo prematrimoniale

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A questo punto parte soccombente impugna la sentenza in sede di Cassazione, lamentando come la Corte di merito abbia violato il principio di non contestazione, visto che il convenuto non ha mai contestato l'esecuzione dei lavori nel suo appartamento svolti dalla ditta idraulica commissionata dal giovane, che i costi erano stati sostenuti dal padre del ragazzo, né il documento firmato dalla ditta suddetta e prodotto in primo grado. Fatti che quindi la Corte doveva considerare come provati.

Con il terzo motivo invece si contesta l'omessa verifica da parte del giudice d'appello dell'esistenza di un preciso accordo tra i due ex fidanzati che preveda la restituzione del costo affrontato per acquistare i mobili, situazione che impedisce al giovano di esperire un'azione contrattuale, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte. Non solo, la Corte ha omesso di considerare che l'appartamento è stato venduto con gli arredi acquistati dal giovane, per cui anche in relazione a dette spese avrebbe dovuto applicarsi l'art. 2041 c.c. sull'arricchimento indebito e agire contro la ex fidanzata.

Ingiustificato arricchimento per il suocero mancato che non paga i lavori all'ex

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La Cassazione, per il tema che qui interessa trattare, con l'ordinanza n. 8813/2020 accoglie il primo motivo del ricorso riconoscendo come errata l'affermazione della Corte d'Appello secondo cui va "Scartato subito il principale argomento del padre del ragazzo, e cioè che né nel processo né in precedenza; controparte avesse mai mosso contestazioni circa l'effettiva esecuzione dei lavori, posto che l'enunciato criterio di liquidazione, quello dell'effettiva perdita patrimoniale, richiede la prova, più ampia, della precisa entità dei costi affrontati, si tratta di riesaminare il materiale probatorio...".

In questo modo la Corte è incorsa nella violazione della norma di cui all'art 2041 c.c., il cui comma 1 prevede che: "Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un'altra persona è tenuto, nei limiti dell'arricchimento, a indennizzare quest'ultima della correlativa diminuzione patrimoniale". Norma che non esclude il principio di non contestazione per la sua prova. L'accoglimento del primo motivo comporta l'assorbimento del secondo. Infondato invece il terzo motivo.

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