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Data: 27/05/2020 22:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate di Annamaria Villafrate - La Cassazione con l'ordinanza n. 9143/2020 (sotto allegata) rigetta il ricorso di una madre, protagonista di un rapporto conflittuale con l'ex compagno, nei confronti del quale pendono procedimenti penali per condotte violente perpetrate nei suoi confronti. Da qui la chiusura della donna a percorsi di mediazione o terapeutici individuali per risolvere il conflitto con l'uomo, liberarsi dalla dipendenza con il figlio e garantire il recupero del rapporto di quest'ultimo con il padre. In sede di merito viene disposta la collocazione del padre e del minore presso una comunità educativa. La donna però si oppone e ricorre in Cassazione, ma questa, nel rigettarne il ricorso, riafferma l'importanza del principio di bigenitorialità, che garantisce alla prole un rapporto affettivo stabile con entrambi i genitori.
Padre agisce in giudizio perché vuole un rapporto con il figlio[Torna su]
Un padre naturale ricorre in Tribunale chiedendo di togliere il figlio alla sua ex compagna e di disporre una disciplina di dettaglio dell'affidamento del minore, per esercitare i suoi diritti di genitore. La ex compagna però si oppone alla domanda, facendo presente che il figlio non vuole una relazione con il padre perché è stato testimone di numerosi episodi di violenza nei suoi confronti. Il Tribunale però dispone il collocamento del minore presso una comunità educativa assieme al padre. La madre a questo punto propone reclamo alla Corte d'Appello, che però lo rigetta. Collocazione del minore e del padre in una comunità educativa[Torna su]
Il giudice dell'impugnazione fa presente che qualche anno prima il Tribunale dei minori aveva disposto l'affidamento del bambino ai servizi sociali del Comune e l'avvio dei genitori a un percorso di mediazione, che però non ha avuto alcun seguito, così come sono rimasti ineseguiti i provvedimenti adottati in sede di reclamo verso la decisione con cui il Tribunale aveva disciplinato il diritto di visita. Dalla relazione di primo grado del CTU è emersa la difficoltà da parte del minore di accettare la separazione dei genitori, la necessità di coinvolgere un neuropsichiatra infantile e di avviare i genitori a percorsi psicologici separati per consentire alla madre di liberarsi dal rapporto di dipendenza con il figlio e al padre di sviluppare una maggiore capacità di comprensione e di gestione dei propri vissuti emotivi. Dalle relazioni degli esperti è emersa inoltre la difficoltà del minore ad interagire con il padre a causa del condizionamento materno e l'irrilevanza delle condotte dell'uomo, nei confronti del quale pendevano procedimenti penali non ancora giunti a sentenza. Ridimensionato l'infortunio subito dal bambino mentre si trovava dai nonni, ricondotto a cause accidentali ed esclusi i danni subiti dal minore a causa della condotta violenta del padre nei confronti della madre. La convivenza della coppia si è infatti interrotta a distanza di pochi mesi dalla nascita del figlio. Non è necessaria una nuova CTU, perché gli operatori delle varie strutture socio sanitarie coinvolte hanno evidenziato la necessità di favorire il rapporto padre figlio e la chiusura della donna a un progetto di mediazione e recupero della genitorialità a causa dei propri sentimenti di rifiuto verso l'ex compagno. Lo strumento del regime residenziale è l'unico utilizzabile per ricucire i rapporti padre e figlio. Omessa valutazione violenza ai fini dell'affidamento[Torna su]
La madre agisce in sede di Cassazione sollevando tre motivi di doglianza.
Nei provvedimenti relativi ai figli non si può prescindere dalla bigenitorialità[Torna su]
La Cassazione con ordinanza n. 9143/2020 rigetta il ricorso. Per la Corte è infondato il primo motivo del ricorso perché il giudizio civile, anche se riguarda il riconoscimento di un diritto che dipende dall'esito di un procedimento penale, procede su un binario autonomo e in ogni caso il giudice non ne è vincolato, perché libero di sottoporne le risultanze a un suo vaglio critico. Inammissibile il secondo motivo in quanto "In tema di provvedimento riguardanti i figli, questa Corte, nel confermare il ruolo fondamentale dell'interesse del minore, quale criterio esclusivo di orientamento delle scelte affidate al giudice, ha ripetutamente precisato che il giudizio prognostico da compiere in ordine alla capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell'unione non può in ogni caso prescindere dal rispetto del principio della bigenitorialità, nel senso che, pur dovendosi tenere conto del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della loro personalità, delle consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare che ciascuno di essi è in grado di offrire al minore, non può trascurarsi l'esigenza di assicurare una comune presenza dei genitori nell'esistenza del figlio, in quanto idonea a garantire a quest'ultimo una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, e a consentire agli stessi di adempiere il comune dovere di cooperare nell'assistenza, educazione ed istruzione del minore." Infondato anche il terzo motivo perché il provvedimento che dispone il collocamento del minore presso una comunità educativa con il padre è il risultato delle valutazioni degli esperti, che hanno escluso l'affidamento del bambino direttamente all'uomo, proprio alla luce degli episodi di violenza denunciati dalla ex compagna, che sono stati solo ridimensionati, non sottovalutati. Leggi anche: - Il principio di bigenitorialità - Minore affidato al padre se la madre ostacola la frequentazione - Coronavirus: l'ex non può impedire ai figli di vedere il padre |
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