Data: 27/05/2020 10:00:00 - Autore: Annamaria Punzo

Cos'è la delazione dell'eredità

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La delazione dell'eredità rappresenta l'elemento oggettivo del fenomeno successorio e si sostanzia nell'offerta a succedere rivolta al soggetto designato con la vocazione la quale, invece, rappresenta l'elemento soggettivo.

Le ipotesi di vocazione e delazione tendono spesso a coincidere temporalmente ma fanno riferimento a fenomeni distinti con diverse implicazioni giuridiche.

Delazione e vocazione

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Il nostro codice civile all'art. 457 non fa riferimento esplicito alla vocazione ma preferisce parlare di delazione dell'eredità.

La dottrina ha tuttavia distinto questi due momenti del procedimento successorio distinguendo tra:

- Vocazione all'eredità, con cui si intende la vera e propria "chiamata", che consiste nella designazione dei soggetti che possono succedere al de cuius;

- Delazione all'eredità, che è, invece, l'offerta del patrimonio ereditario ai chiamati che determina in capo al delato la possibilità di accettare o rifiutare e, ancor prima, di esercitare alcuni specifici poteri (art. 460 c.c.).

Nell'ipotesi più comune, delazione e vocazione si verificano contemporaneamente con l'apertura della successione, tuttavia mentre la chiamata è sempre attuale, con la morte del de cuius, vi sono specifiche ipotesi in cui l'offerta dell'eredità si realizza in un momento distinto.

Ne sono un esempio l'erede sottoposto a condizione sospensiva o la delazione del nascituro: in entrambi i casi avremo una chiamata alla successione immediata ma la possibilità di adire l'eredità sarà solo successiva alla nascita o al verificarsi della condizione sospensiva.

Le fonti della delazione

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Nel nostro ordinamento la delazione dell'eredità è possibile ai sensi del primo comma dell'art. 457 c.c. "per legge o per testamento".

Il legislatore ha, dunque, scelto di non inserire il contratto tra i titoli di successione ed escludere espressamente forme di successione pattizia o patti successori (art. 458 c.c.).

Le due forme consentite di successione non sono necessariamente alternative tra loro come da tradizione del diritto romano, ma è possibile disporre con testamento anche solo una parte del patrimonio e affidare il resto ai meccanismi della successione legittima.

Principio di sussidiarietà

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Il secondo comma dell'articolo 456 c.c. prevede per la successione legittima un ambito applicativo residuale rispetto a quella testamentaria. Solo quando quest'ultima "manca, in tutto o in parte" l'eredità si devolve secondo le regole previste dalla legge.

Tale principio trova applicazione proprio nell'ipotesi, sopra richiamata, di coesistenza tra testamento e delazione legittima: il defunto che abbia fatto testamento non disponendo dell'intero asse ereditario fa in modo che la parte residua sia sottoposta al regime della successione legittima, mancando la volontà dispositiva del de cuius.

Da evidenziare come in questo caso la delazione resti un fenomeno unitario nonostante la pluralità di titoli.

Intangibilità della legittima

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Se da un lato con il principio di sussidiarietà viene riconosciuta una certa preminenza della volontà testamentaria e una incisiva tutela della relativa libertà, l'ultimo comma dell'art. 457 c.c. sancisce il diritto intangibile di determinati soggetti di percepire una quota di eredità.

Con questa forma di successione definita "necessaria", il legislatore ha inteso tutelare i cosiddetti "legittimari" (art. 536 e ss. c.c.) da pregiudizi che il testatore potrebbe arrecare alle quote loro riconosciute. La tutela della legittima ha carattere essenzialmente quantitativo, e l'intangibilità viene in ogni caso rispettata se il de cuius sceglie personalmente i beni con cui formare tale quota.


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