Data: 06/06/2020 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

di Annamaria Villafrate - L'ordinanza n. 9226/2020 (sotto allegata) della Cassazione respinge il ricorso sollevato da alcuni promittenti venditori, che si sono visti opporre il rifiuto ad addivenire al rogito da parte del promissario acquirente per mancanza del certificato di agibilità. Per gli Ermellini la Corte d'Appello ha interpretato correttamente la frase presente nella proposta di acquisto "non c'è il certificato di agibilità" ritenendo che si trattasse solo di una "temporanea" mancata consegna di detta certificazione da parte dei venditori. Da qui la legittimità del diritto di recesso esercitato dal promissario acquirente, che aveva tutto l'interesse ad acquistare un immobile in regola con la documentazione richiesta dalla legge.

Compravendita di immobile e mancata consegna certificato di agibilità

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Alcuni promittenti venditori convengono in giudizio il promissario acquirente per sentir dichiarare la legittimità del loro diritto di recesso dal contratto preliminare di compravendita di un immobile sito in Roma, con conseguente diritto a trattenere la caparra di euro 180.000,00 e ad ottenere la cancellazione della trascrizione del suddetto accordo.

I ricorrenti raccontano che il promissario acquirente, informato alla conclusione del preliminare dell'assenza del certificato di agibilità dell'immobile (costruito prima del 1967) ha opposto l' incommerciabilità dell'immobile, chiedendo il rinvio della stipulazione del contratto definitivo e una riduzione di circa la metà del prezzo pattuito. Secondo le indicazioni del notaio incaricato infatti il rogito non poteva essere stipulato per mancanza di documentazione essenziale.

Per le suddette ragioni il promissario acquirente non si presenta davanti al notaio per la stipula del definitivo. Da qui la comunicazione dei promittenti venditori di voler recedere dal preliminare, con successiva azione in giudizio per vedere riconosciuta loro la legittimità dell'esercitato recesso. Il convenuto però si costituisce in giudizio per vedere riconosciuta la legittimità del suo diritto di recesso, con conseguente condanna dei promittenti alla restituzione del doppio della caparra. Il Tribunale accoglie la domanda del promissario acquirente, stante l'interesse ad acquistare un immobile munito di certificato di agibilità e in regola con le disposizioni urbanistiche.

I promittenti venditori però ricorrono in appello, ma anche in questa sede risultano soccombenti, perché non hanno dimostrato la rinuncia del promissario acquirente al requisito dell'agibilità dell'immobile oggetto del contratto preliminare e perché la Corte non ha ritenuto meno importanti i loro inadempimenti in relazione alla stipula del contratto.

Contratto sciolto per mutuo dissenso

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I promittenti venditori ricorrono quindi in Cassazione sollevando i seguenti motivi di doglianza.

  1. Con il primo motivo fanno presente che la sentenza ha erroneamente ritenuto che il promissario acquirente, a conoscenza della mancanza del certificato di agibilità "non aveva inteso rinunciare alla circostanza della necessità del rilascio di detto certificato."
  2. Con il secondo contestano che la Corte d'appello abbia ritenuto che la mancata consegna del certificato di agibilità abbia rappresentato un inadempimento di non scarsa importanza, anche perché, a loro dire, l'assenza di detto documento non avrebbe comunque inciso negativamente sul godimento dell'immobile.
  3. Con il terzo ritengono che la Corte non abbia motivato adeguatamente la decisione di aver ritenuto legittima la richiesta del promissario acquirente di prorogare la stipula del definitivo per ottenere il certificato in vista della conclusione del definitivo, alla luce della non essenzialità del termine.
  4. Con il quarto rilevano che la Corte avrebbe potuto considerare il contratto sciolto per mutuo dissenso, stante l'esercizio del diritto di recesso di entrambe.
  5. Con il quinto lamentano il mancato riconoscimento del risarcimento del danno loro spettante per il rifiuto del promissario acquirente di provvedere alla cancellazione del preliminare.

Legittimo non voler addivenire al rogito se manca il certificato di agibilità

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La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 9226/2020 rigetta il ricorso per le motivazioni che si vanno a esporre.

Per la Corte il primo motivo è infondato perché la Corte d'Appello "ha ritenuto che non ricorressero i presupposti della rinuncia come prospettata dai ricorrenti." Il fatto che nella proposta sia stata inserita la formula "non c'è il certificato di abitabilità" ha fatto ritenere al giudice del gravame che essa facesse riferimento "all'omessa consegna di esso da parte dei promittenti venditori (…) escludendo, in ogni caso, che, in difetto di ogni altra significativa espressione, essa potesse implicare una espressa rinuncia del promissario acquirente a vedersi consegnato all'atto della stipula della vendita il documento attestante l'agibilità dell'immobile oggetto del preliminare (...)"

Infondato anche il secondo motivo perché non c'è dubbio che sui venditori "incombesse l'adempimento di procurarsi e consegnare il certificato di abitabilità ed era l'assolvimento di tale obbligo a rilevare al fine di considerare se il contratto si potesse risolvere per effetto del recesso giustificato del promissario acquirente."

La Corte d'appello ha infatti affermato, in linea con diverse pronunce giurisprudenziali che: "il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo dei certificati di abitabilità o di agibilità e di conformità alla concessione edilizia (anche ove il mancato rilascio dipenda da inerzia del Comune, nei cui confronti è obbligato ad attivarsi il promittente venditore) è da ritenersi giustificato perché l'acquirente ha interesse ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico-sociale e a soddisfare i bisogni che inducono all'acquisto, e cioè la fruibilità e la commerciabilità del bene, per cui i predetti certificati devono ritenersi essenziali."

Respinta anche la terza censura, poiché la Corte d'appello ha adeguatamente motivato sia le ragioni per le quali ha ritenuto di non scarsa importanza l'inadempimento dei promittenti venditori, sia quella per cui ha ritenuto il termine stabilito per addivenire alla stipula del contratto come non essenziale. L'essenzialità infatti "non poteva certo essere ricollegata all'adozione della formula di stile "entro e non oltre" contenuta nel preliminare, poiché, dall'esame delle clausole contrattuali nel contesto generale del preliminare, non era possibile evincere la previsione di specifiche pattuizioni dalle quali ricavare la necessità dei promittenti venditori di stipulare il contratto definitivo nella data riportata nel preliminare, come, peraltro, dimostrato anche dal tenore della corrispondenza intercorsa tra le parti circa la possibilità di addivenire ad una proroga del termine (perciò in sé non essenziale) al fine di risolvere la questione sull'acquisizione del certificato di agibilità dell'immobile oggetto del contratto."

Non merita accoglimento neppure la quarta doglianza stante l'interesse del promissario acquirente alla stipula del definitivo e la fondatezza del suo recesso a causa del grave inadempimento del promittente venditore a fornire il certificato di abitabilità.

Infondata infine l'ultima doglianza perché i promittenti venditori non hanno dimostrato il nesso tra l'opposizione del promissario acquirente alla cancellazione della trascrizione del preliminare e il danno subito per la mancata cancellazione. La Corte d'appello ha chiarito infatti che "non era la trascrizione del preliminare a costituire la causa dell'incommerciabilità dell'immobile, bensì la pendenza di un giudizio in cui erano state dedotte dalle parti reciproche domande di riconoscimento del recesso per grave inadempimento" in cui è stato riconosciuto come legittimo il recesso del promissario e grave invece l'inadempimento dei promittenti, che hanno esercitato un recesso illegittimo che non da loro diritto ad alcun ristoro.

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