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Data: 06/06/2020 12:00:00 - Autore: Marco Sicolo
La disciplina della mediazione nel codice civile[Torna su]
Il contratto di mediazione è disciplinato dagli art. 1754 c.c. e seguenti. In realtà, è tuttora discusso se possa propriamente configurarsi un contratto di mediazione e se comunque ricorra l'esistenza di un contratto ogni qual volta vi sia un'attività di mediazione. Il dubbio deriva, tra l'altro, dalla stessa scelta del legislatore che, a differenza del solito, non disciplina direttamente la fattispecie contrattuale ma si concentra sulla figura del mediatore (v. l'art. 1754 c.c., rubricato, per l'appunto, "il mediatore"). In ogni caso, la stessa collocazione della disciplina della mediazione nell'ambito del titolo III del libro IV, dedicato ai singoli contratti, consente di considerare tale fattispecie come afferente alla materia dei contratti. La figura del mediatore[Torna su]
In base al citato art. 1754, dunque, il mediatore è quel soggetto che mette in relazione due o più parti al fine di far concludere loro un affare. Il suo ruolo, quindi, consiste in un'attività materiale che prescinde da un incarico ricevuto in precedenza. Anzi, il mediatore è tenuto a mantenere una posizione di indipendenza e imparzialità fino alla conclusione dell'affare. Come dispone l'articolo sopra esaminato, infatti, egli non deve essere legato a nessuna delle parti da un rapporto di collaborazione, dipendenza o rappresentanza. Come si vede, l'autonomia che caratterizza la figura del mediatore lascia quest'ultimo, in generale, libero di svolgere o meno la propria attività. Egli non è, pertanto, vincolato ad alcun obbligo contrattuale nei confronti di alcuna parte. Proprio in ciò, peraltro, si sostanzia la principale differenza tra il mediatore e l'agente di cui agli artt. 1742 e ss. Mediazione di natura contrattuale[Torna su]
Nondimeno, come più sopra si diceva, la giurisprudenza ha avuto modo di rilevare come, accanto alla mediazione così intesa, sia configurabile anche una mediazione di natura contrattuale. Un simile contratto, che il mediatore può concludere anche con una sola delle parti, "ricorre nel caso in cui una parte, volendo concludere un affare, incarichi altri di svolgere un'attività intesa alla ricerca di una persona interessata alla conclusione del medesimo affare a determinate, prestabilite condizioni" (Cass. civ. n. 19161/17. Sul punto, v. anche un nostro approfondimento). Obbligo di presentazione della s.c.i.a.[Torna su]
La figura del mediatore trova la sua disciplina non solo nelle norme del codice civile, ma anche nella legge n. 39/1989. Proprio tale legge prevedeva, in origine, l'obbligo di iscrizione in appositi albi tenuti presso la Camera di Commercio. Per effetto delle modifiche apportate dal d.lgs. 59/2010, l'iscrizione all'albo è oggi sostituita dall'obbligo di presentazione della s.c.i.a. (segnalazione certificata di inizio attività) e dall'iscrizione dei relativi dati nei registri camerali. Lo svolgimento dell'attività di mediatore in assenza di tali adempimenti espone il trasgressore a conseguenze di notevole rilievo, come vedremo tra breve. Obblighi del mediatore[Torna su]
A norma dell'art. 1759 c.c., il mediatore è tenuto ad informare le parti delle circostanze che gli siano note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare, che possano influire sulla conclusione di esso. Egli, inoltre, è responsabile riguardo all'autenticità della sottoscrizione delle scritture che vengono trasmesse per suo tramite. Diritto alla provvigione[Torna su]
A fronte della sua attività, che come abbiamo visto consiste essenzialmente nel favorire l'incontro tra domanda e offerta (si pensi, ad esempio, al settore del mercato immobiliare), il mediatore ha diritto ad una provvigione. La misura della stessa, se non diversamente pattuita, viene decisa dalle giunte camerali della Camera di Commercio competente. Tale organo, a norma dell'art. 6 della citata l. 39/89, decide anche sulla proporzione in cui la provvigione debba gravare su ciascuna delle parti che hanno concluso l'affare. Inoltre, al mediatore spetta il rimborso delle spese sostenute, anche se l'affare non sia andato a buon fine, salvo patto contrario (art. 1756 c.c.). Vedi anche il nostro approfondimento sulle provvigioni nella mediazione, con un'interessante rassegna giurisprudenziale sull'argomento. Esercizio abusivo della professione: le sanzioni[Torna su]
Come si è detto, la conclusione di un affare da parte di un mediatore che non abbia presentato apposita s.c.i.a. comporta serie conseguenze: una di queste è proprio l'obbligo di restituzione delle provvigioni percepite alle parti contraenti. In più, il mediatore abusivo soggiace a una sanzione amministrativa di importo compreso tra 7.500 e 15.000 EUR (v. art. 8 della l. 39/89). In caso di reiterazione del comportamento abusivo, nei confronti del mediatore si applicano le pene (multa e reclusione) di cui all'art. 348 c.p., per l'esercizio abusivo di una professione. |
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