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Data: 30/09/2002 - Autore: Valentina Leccesi In merito alla già segnalata sentenza della Corte di Cassazione (n.11987/2002) in tema di ?equa riparazione? vogliamo porre l'attenzione sull'impianto motivazionale del provvedimento. I Giudici di Piazza Cavour pur riconoscendo il carattere indennitario e di obbligazione ex lege del diritto all'equa riparazione del danno derivato dall'irragionevole durata dei processi, esclude che ciò comporti un automatismo della sua attribuzione. Tale danno va dunque dimostrato dalla parte legittimata a chiederne il ristoro ancorché, per quanto in particolare attiene al danno non patrimoniale o c.d. morale, la prova possa essere in concreto agevolata dal ricorso a presunzioni e a ragionamenti inferenziali, che trovano fondamento nella conoscenza, in base ad elementari e comuni nozioni di psicologia, degli effetti che la pendenza di un processo civile, penale e amministrativo provoca nell'uomo medio. In altri termini - secondo la Corte - nella lesione del diritto alla ragionevole durata del processo il danno non è in re ipsa, contrariamente a quanto ritenuto in sue precedenti sentenze che si riferirebbero unicamente ad ipotesi di "diritti fondamentali della persona" la cui inviolabilità sia garantita da norme costituzionali immediatamente precettive e la cui violazione "non può rimanere senza la sanzione minima risarcitoria", costituendo perciò danno evento di per sé risarcibile. Al contrario il diritto alla ragionevole durata del processo troverebbe invece la sua fonte al livello di legge ordinaria (n. 89/01 cit.) e non sarebbe riconducibile alla previsione dell'art. 111 della Costituzione (che si rivolge direttamente al legislatore). Tale interpretazione in senso restrittivo di fatto penalizza il diritto alla ragionevole durata di un processo che per espressa previsione dell'art. 6 della Convenzione Europea sui Diritti dell'Uomo, norma peraltro richiamata esplicitamente dalla Legge Pinto, è un diritto inviolabile dell'uomo. Si richiede in sostanza un onere probatorio difficilissimo che pregiudica l'effettività del ricorso interno (già pesantemente messa in discussione dalla esiguità dei risarcimenti accordati dalle Corti di Appello) e che, con tutta probabilità, riaprirà la strada dei ricorsi alla Corte di Strasburgo. |
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