|
Data: 21/06/2020 12:00:00 - Autore: Daniele Paolanti
Il testo dell'art. 326 c.p.[Torna su]
Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno. Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni. La ratio dell'art. 326 c.p. e il bene giuridico tutelato[Torna su]
L'art. 326 c.p. è un reato proprio, dacchè può essere commesso unicamente dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio (artt. 357 e 358 c.p.). Bene giuridico meritevole di tutela è non soltanto il buon andamento della pubblica amministrazione, ma anche la segretezza e riservatezza di talune informazioni che debbano essere riservate all'esclusiva cognizione e uso della p.a. (e non divulgate ad altri). Si tratta di un reato di evento, donde può implicitamente ritenersi configurabile il tentativo ex art. 56 c.p.. La procedibilità del delitto di cui all'art. 326 c.p. è d'ufficio. La condotta sanzionata dall'art. 326 c.p.[Torna su]
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, ai fini della configurazione del reato, si trova ad abusare della sua posizione poiché, avendo accesso ad informazioni che dovrebbero rimanere segrete, se ne avvale per scopi propri. La norma sanziona non soltanto la rivelazione diretta delle informazioni, ma anche l'agevolazione nella diffusione e circolazione delle medesime. Va precisato come, tuttavia, la segretezza degli atti della pubblica amministrazione, oggi, vada contemperata anche con interessi legittimi dei privati ad entrare a conoscenza degli atti amministrativi, attraverso l'istituto dell'accesso agli atti, recentemente novellato con la disciplina del c.d. F.O.I.A. (freedom of information act). Ecco perché nel c.d. diritto vivente, la norma de qua venga sempre meno applicata, avuto riguardo anche al fatto che gli atti amministrativi coperti da segreto sono pochissimi. Il comma 3 della norma prevede due circostanze aggravanti, ovvero l'aver rivelato o agevolato la rivelazione di atti segreti per trarne un indebito vantaggio patrimoniale per sé o per altri, nonché l'aver rivelato o agevolato la rivelazione di atti segreti per trarne un indebito vantaggio non patrimoniale o per arrecare ad altri un danno ingiusto. La pena[Torna su]
La pena prevista per il delitto di cui all'art. 326 c.p. è della reclusione da sei mesi a tre anni. Nel caso del comma II, punito a titolo di colpa, si applica la reclusione fino a un anno. Per quanto riguarda le due circostanze aggravanti: per la rivelazione mossa dall'intento di procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si applica la reclusione da due a cinque anni; se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni Elemento soggettivo[Torna su]
Elemento soggettivo indefettibile ai fini della configurabilità del delitto in esame è il dolo generico per la condotta di cui al comma I, la colpa per il comma II ed il dolo specifico, ovvero la premeditazione coscienziosa di commettere il fatto con il fine precipuo di trarne utilità (o recare un danno ad altri) al comma III. |
|