Data: 29/06/2020 10:00:00 - Autore: Marco Sicolo

Frutti naturali e frutti civili

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Il codice civile individua i frutti quale particolare categoria di beni e suddivide la stessa in due specie: i frutti naturali e i frutti civili.

I frutti naturali sono definiti dal primo comma dell'art. 820 c.c. come quelli che provengono direttamente dalla cosa. È la norma stessa a fornire alcuni esempi di frutti naturali, quali i prodotti agricoli, la legna, il parto degli animali o i materiali estratti da una miniera.

I frutti civili, invece, sono quelli che si percepiscono quale corrispettivo del godimento concesso su una cosa: ad esempio i canoni di locazione, le rendite o gli interessi su un capitale.

La separazione dei frutti naturali

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In considerazione della loro origine, i frutti naturali seguono un particolare regime di circolazione, in quanto possono essere trasferiti come cosa mobile futura fino a quando non avvenga la loro separazione dalla cosa che li ha prodotti.

Di conseguenza, se successivamente i frutti non vengano ad esistenza (ad esempio, un albero che non dia frutti a causa di una grandinata o di un'infestazione), il contratto di vendita è considerato nullo, secondo la regola generale prevista dall'art. 1472 c.c. in tema di vendita di cose future (il rischio del perimento del bene rimane, pertanto, a carico del venditore: v. Cass. n. 14461/11).

Fino al momento della separazione, comunque, essi appartengono, di regola, al proprietario della cosa che li produce. In ogni caso, in base al secondo comma dell'art. 821 c.c., chi fa propri i frutti deve, nei limiti del loro valore, rimborsare colui che abbia fatto spese per la produzione e il raccolto.

I frutti civili quali corrispettivo del godimento di un bene

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Quanto ai frutti civili, essi si acquistano giorno per giorno (art. 821, terzo comma).

La giurisprudenza ha evidenziato che, in caso di controversia circa la loro quantificazione, essi possono essere liquidati con riferimento al valore figurativo del canone locativo di mercato: "ai fini della determinazione dei frutti che uno dei condividenti deve corrispondere in relazione alla detenzione di un immobile oggetto di divisione giudiziale, occorre far riferimento ai frutti civili, i quali, identificandosi nel corrispettivo del godimento dell'immobile che si sarebbe potuto concedere ad altri, ben possono essere liquidati con riferimento al valore figurativo del canone locativo di mercato" (Cass. civ., sez. II, ord. n. 17876/19, che richiama le precedenti Cass. n. 5504/12 e Cass. n. 1528/85).

Possesso e restituzione dei frutti

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Una particolare disciplina dei frutti è prevista con riferimento agli effetti del possesso: in base all'art. 1148 c.c., il possessore di buona fede (che è presunta) fa suoi i frutti naturali separati fino al giorno della domanda giudiziale e i frutti civili maturati fino allo stesso giorno.

Qualora sia tenuto a restituire la cosa, il possessore deve riconoscere al rivendicante solo i frutti percepiti dopo la domanda giudiziale e quelli che avrebbe potuto percepire successivamente usando la diligenza del buon padre di famiglia.

A questo proposito, la Corte di Cassazione ha recentemente ribadito che "in tema di restituzione dei frutti della cosa da parte del possessore in favore del proprietario, ed indipendentemente dalla buona fede o meno del primo, ha carattere di debito di valore l'obbligo relativo ai frutti naturali, mentre realizza debito di valuta - soggetto al principio nominalistico - l'obbligo relativo ai frutti civili" (Cass. civ. III sez., ord. n. 848/2020, che richiama sul punto Cass. n. 1783/93).


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