Data: 11/07/2020 15:30:00 - Autore: Marco Capone

Emergenza Covid-19 e udienze telematiche

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Nel settore della giustizia, al fine di fronteggiare l'emergenza dovuta al virus Covid 19, sono stati ideati strumenti quali la trattazione scritta della causa e la celebrazione dell'udienza con modalità telematiche (art. 83 lett. "f" e "h" del D.L. 18/2020). Come era facile immaginare e come è giusto che sia, contro questi provvedimenti, subito sono pervenute dalle varie categorie professionali forti e articolate critiche. In particolare si è evidenziata la loro aperta contrarietà ad alcuni importanti principi quali l'oralità e la pubblicità dell'udienza, il diritto alla difesa e la garanzia del contraddittorio che ormai sono parte fondamentale del patrimonio giuridico tanto interno, quanto internazionale (artt. 24 e 111 Cos., at. 180 c.p.c., art. 6 § 1 C.E.D.U., ecc.).

Eppure le citate disposizioni, seppur del tutto transitorie, sono lo spunto per avviare la riflessione su una possibile futura architettura dei nostri processi. Sarebbe cioè utile riflettere sui vantaggi che potrebbero derivare in termini di economia processuale e razionalizzazione delle risorse se si mettesse a punto un sistema processuale in cui le udienze non essenziali siano sostituite dal deposito di atti nel fascicolo telematico e dove la partecipazione delle parti avvenga anche per il tramite delle moderne tecnologie di telecomunicazione.

Senza presunzione di esaustività, in questa sede si proverà ad indicare alcuni punti su cui sviluppare tale tipo di riflessione.

Ragioni storiche ormai superate dell'udienza pubblica e orale

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L'udienza concepita come momento di pubblicità e oralità del processo, consentiva alla parte di "parlare" al giudicante e di potersi così difendere nella maniera che riteneva più opportuna. Allo stesso tempo, si riteneva che il giudicante "ascoltando" la parte (o il teste), avrebbe avuto una conoscenza diretta e genuina degli elementi di causa e avrebbe altresì compreso eventuali aspetti psicologici del soggetto utili ai fini della decisione (mendacità, reticenza, inattendibilità, ecc.).

In un'epoca però in cui quella processuale è un'attività altamente specialistica e complessa, l'apporto che la dichiarazione diretta e personale dalla parte può fornire in termini di esplicazione del diritto di difesa, è davvero molto esiguo. Altresì, l'idea che il confronto diretto con il giudice possa riuscire a disvelare eventuali infedeltà e/o inattendibilità di quanto dedotto dalle parti e/o dai testi, appare davvero poco plausibile. I giudici infatti, non posseggono quelle competenze tecnico – scientifiche con le quali individuare con certezza le intrinseche caratteristiche delle persone. D'altro canto, la decisione giudiziaria alla fine dovrà fondarsi esclusivamente sulle prove raccolte in corso di cause e non potrà essere influenzata da mere percezioni personali pure se queste provengono dall'organo giudicante.

La partecipazione del pubblico all'udienza, nell'originaria intenzione, costituiva pure una forma di controllo sull'esercizio del potere giudiziario. In pratica si riteneva che il giudicante, dovendo palesare le proprie decisioni al pubblico e avendo timore della conseguente reazione di questo, si sarebbe attenuto strettamente alla legge e avrebbe fuggito ogni tentazione di uso improprio del suo potere.

Nella realtà, deve però escludersi che la pubblicità dell'udienza possa davvero realizzare un siffatto obbiettivo. Il processo è costituito da un rilevante numero di attività di cui solo una parte può essere espletata alla presenza del pubblico. Sarebbe quindi assai riduttivo focalizzare il controllo della funzione giurisdizionale su un segmento, specifico ed intermedio, in cui la medesima si esplica. A tale scopo, sarebbe invece più proficuo rafforzare, magari con l'introduzione di uno specifico sistema telematico, la fruibilità e la consultabilità delle sentenze emesse dagli uffici giudiziari. In effetti, la possibilità di valutare l'operato dei magistrati, passa molto di più attraverso la conoscibilità dell'atto finale del processo e delle relative motivazioni, che dalla consacrazione di uno sterile diritto alla partecipazione alle attività dibattimentali.

L'indispensabilità dell'udienza nell'attuale sistema processuale civile

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Nell'attuale sistema processuale, le udienze attualmente previste dalla legge, sono realmente tutte indispensabili?

Va preliminarmente rilevato che esistono diversi esempi di giudizi che sono potenzialmente privi di udienze e che comunque sono ritenuti pienamente legittimi (si pensi ai procedimenti monitori non impugnati, ai procedimenti tributari e amministrativi in assenza di specifica richiesta, al giudicato di legittimità in alcuni casi, ecc.).

Per quanto poi riguarda l'ordinario rito civile e fatta la debita eccezione per l'acquisizione delle prove orali (le quali sarebbe necessario di un ampio e separato discorso), non sussistono attività processuali per le quali la celebrazione dell'udienza risulti assolutamente indispensabile. La trattazione della causa, che dovrebbe obbligatoriamente esaurirsi nell'ambito di una udienza, giusta la disposizione dell'art. 180 c.p.c., a ben vedere si esplica tranquillamente pure in forme alternative. In particolare, la precisazione e la modifica delle domande e delle eccezioni originarie (v. ultimo periodo comma 5. art. 183 c.p.c.), è regolarmente consentita anche per il tramite del deposito di idonei atti scritti (v. comma 6 n. 1 dell'art. 183 c.p.c.). Si potrebbe persino affermare (ma questa è un'opinione personale), che ontologicamente nemmeno la chiamata in causa, la domanda riconvenzionale e l'eccezione dipendente dalla domanda di controparte necessitino dalla celebrazione dell'udienza di trattazione. Ciò lo si evince dal fatto che, qualora siffatte istanze provengano dal convenuto, le stesse devono essere formulate nell'atto costitutivo e quindi ben prima della comparizione innanzi al giudice.

Nonostante il tenore della norma (l'art. 189 c.p.c. dice: "... precisare davanti a lui [il giudice] le conclusioni ..."), occorre interrogarsi sulla possibilità che pure la "precisazione delle conclusioni" della causa, possa avvenire al di fuori di una specifica udienza. Infatti, non ci sono motivi per ritenere una tale eventualità preclusiva di diritti e/o di facoltà difensive. Ciò è confermato dalla circostanza che il più delle volte, in sede di udienza di precisazione delle conclusioni, le parti si limitano ad un mero richiamo ai loro precedenti atti e attendono di esporre accuratamente i rispettivi argomenti difensivi solo con gli scritti di cui all'art. 190 c.p.c.

Infine, nemmeno l'udienza di discussione della causa, non è elevata ad elemento imprescindibile dell'ordinario rito civile. La sua celebrazione è infatti condizionata alla espressa richiesta delle parti e per questo assolutamente eventuale e non obbligatoria.

In conclusione, gran parte delle incombenze processuali potrebbero compiersi al di fuori dell'udienza; purché, ovviamente, le stesse siano regolamentate in modo tale da garantire il diritto di difesa, la condizione di parità delle parti ed in generale ogni principio fondamentale vigente in materia di giustizia.

Meno udienze e meglio celebrate

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Le troppe udienze dei processi italiani spesso si svolgono in luoghi inadeguati, eccessivamente affollati e in mancanza del rispetto di qualsivoglia regolamentazione. Non è perciò cosi assurdo temere che al giudice, suo malgrado, possa sfuggire qualche concetto che tanto energicamente gli avvocati e le parti si sono affannati ad esporre nelle lunghe e concitate mattinate dibattimentali. Se però, le udienze (unitamente alle cause) fossero minori nel numero e meglio gestite, resterebbero più facilmente impresse nella memoria del giudicante. Ciò andrebbe ad indubbio vantaggio delle parti, della giustizia e in generale della professionalità di tutti gli operatori del settore. Nell'attuale crisi del sistema giustizia, non è perciò giustificabile l'opposizione aprioristica all'adozione di strumenti alternativi a quelli tramandati da una tradizione che forse è figlia di un tempo ormai passato. Più saggio sarebbe invece indagare, studiare e accogliere anche nuove soluzioni che possono rendere il processo sempre più fruibile e sempre più efficiente, pur nel pieno rispetto dei principi fondanti del nostro sistema.

Gli aspetti positivi della trattazione scritta e dell'udienza telematica

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La trattazione scritta della causa, se unita al principio di sinteticità degli atti e se inserita in un congruo sistema di scadenze, può contribuire all'economia e all'efficienza processuale. Il minor tempo trascorso nei dibattimenti, potrà essere dedicato allo studio delle cause e alla più repentina emissione dei provvedimenti. La maggiore cartolarizzazione del processo, eviterebbe anche l'applicazione di quei rinvii e di quelle riserve decisionali dovuti agli imprevisti estemporanei delle parti e/o del giudice, ovvero alla necessità di approfondire aspetti particolari del giudizio. Inoltre, sopratutto per le questioni squisitamente di diritto, la trattazione scritta consentirà al giudice di assumere le proprie decisioni basandole esclusivamente sugli atti di causa e riducendo al minimo le influenze provenienti dalla maggiore capacità comunicativa di certi avvocati rispetto ad altri. Al contempo, la possibilità di cristallizzare le proprie istanze in una memoria scritta, evita quelle dimenticanze, quelle approssimazioni e quegli errori causati dai tempi stringenti e dalle modalità a volte concise con cui si svolgono le udienze.

L'udienza telematica annulla le distanze fisiche che sussistono tra gli operatori del diritto e i vari uffici giudiziari. Il professionista potrà così più facilmente rappresentare e difendere il proprio assistito su tutto il territorio nazionale senza aggravi di spesa. Gli stessi magistrati, ove se presentasse la necessità, potranno più facilmente e più rapidamente richiedere un colloquio, seppur virtuale, dove sono presenti tutti gli avvocati costituiti senza preoccuparsi della loro distanza dalla sede dell'ufficio. L'udienza telematica si innesta perfettamente nell'innovazione già avviata con il processo telematico (P.T.C.). Un sistema così integrato rappresenta senza dubbio un potenziamento del diritto di difesa in quanto ogni cittadino, eventualmente per il tramite del suo avvocato di fiducia, non solo potrà avere rapido accesso ai documenti che compongono il fascicolo della causa che lo riguarda, ma riuscirà anche ad essere più presente nei vari momenti del processo evitando lunghi e dispendiosi viaggi.

I limiti della trattazione scritta e dell'udienza telematica

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Va pure detto che la trattazione scritta e l'udienza telematica, pur nella bontà delle loro intenzioni, sono portatrici di problematiche che, se non risolte, ne annullerebbero le potenzialità.

L'eliminazione dell'udienza, ad esempio, mal si concilia con le disposizioni riguardanti la mancata comparizione delle parti che sono contenute negli artt. 181 e 309 c.p.c.

Sarà quindi fondamentale chiarire se e in che modo, anche in un modello processuale prettamente cartolare, il giudice debba avere al possibilità di cancellare quelle cause che le parti dimostrino di non voler più proseguire. Inoltre in mancanza dell'udienza, non sarà più possibile l'adozione di tutte quelle strategie che per loro natura debbono necessariamente estrinsecarsi nell'immediatezza di quel momento. Ad esempio, in un processo scritto non sarà più possibile decidere di non comparire in giudizio dopo aver appreso dell'assenza della controparte. La soluzione a situazioni come queste però, più che da aggiustamenti normativi, potrebbe derivare da una diversa cultura forense in cui si valorizza la comunicazione preventiva tra gli avvocati al fine di meglio conoscere le intenzioni della controparte e, ove possibile, concordare le iniziative da intraprendere.

Come già detto, l'udienza telematica rappresenta un baluardo futuristico del processo che permette di eliminare ogni distanza fisica tra i protagonisti della causa. Tuttavia, al fine di poter utilizzare le tecnologie alla base degli incontri virtuali con il giudice, è assolutamente necessario dotare preliminarmente l'apparato giudiziario di ambienti e di apparecchiature idonee, oltreché formare adeguatamente gli addetti ai lavori (a partire dagli avvocati). Solo in questo modo sarà possibile cancellare le diffidenze che alcuni nutrono verso i mezzi di telecomunicazione e che riguardano i possibili malfunzionamenti degli strumenti, la sicurezza e la riservatezza dei dati raccolti e ogni altra criticità tecnico – giuridica che inevitabilmente arriva con l'avvento di nuove tecnologie.

Alla luce di tali premesse, ci si augura vivamente che questo buio periodo appena trascorso, possa essere considerato come un "medioevo giuridico" dal quale iniziare la costruzione di un "rinascimento della giustizia" nel segno della effettività, dell'efficienza, della modernità e della maggior tutela dei diritti fondamentali della persona.

Avv. Marco Capone


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