Data: 23/07/2020 14:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

La cartomanzia è lecita se non sfrutta la credulità e l'ignoranza altrui

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Con l'interessante sentenza n. 4189/2020 (sotto allegata) il Consiglio di Stato precisa quali sono i requisiti da valutare per considerare la cartomanzia un'attività lecita o da cialtroni.

Il Tar Umbria accoglie il ricorso avanzato da una Srl contro il decreto del Questore che le ha di cessare l'attività svolta dalla stessa, consistente in un servizio telefonico di cartomanzia, perché contraria all'art. 121 T.U.L.P.S. Per il Tar occorre procedere a una lettura del Testo Unico che tenga conto del mutato contesto sociale, anche perché l'attività di cartomanzia è presa "in considerazione da diverse norme interne nel presupposto dunque della sua liceità."

L'art. 28 del Codice del Consumo ad esempio vieta solo le attività di cartomanzia, astrologiche e assimilabili quando inducono in errore il consumatore o ne sfruttano la credulità. Il D.M. n. 145/2006 considera la "cartomanzia attività economica non vietata in se e per sé ma solo laddove venga svolta con modalità idonee ad abusare dell'altrui ignoranza e superstizione."

Passando poi al caso di specie il Tar ritiene che "dal provvedimento impugnato e dal presupposto verbale del 31 luglio 2017 non emergono elementi atti a dimostrare che l'attività svolta dalla ricorrente fosse esercitata con modalità truffaldine o comunque idonee ad abusare della credulità popolare."

Le attività del "ciarlatano" vanno interpretate alla luce del contesto sociale

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Contro la sentenza del Tar ricorre il Ministero dell'Interno, ma la Srl si oppone, contestando anche profili di inammissibilità e improcedibilità dell'appello. Il Consiglio di Stato rigetta l'appello del Ministero e chiarisce che la decisione ruota attorno alla riconducibilità dell'attività di cartomanzia alle attività lecite o illecite, tema che richiede di procedere all'interpretazione dell'art.121 del T.U.L.P.S, R.D. n. 773/1931, che vieta "il mestiere di ciarlatano", in combinato disposto con l'art. 231 del Regolamento di esecuzione R.D. n. 635/1940 "a mente del quale sotto la denominazione di mestiere di ciarlatano (…) ai fini dell'applicazione dell'art.121, ultimo comma della Legge, si comprende ogni attività diretta a speculare sull'altrui credulità, o a sfruttare o alimentare l'altrui pregiudizio, come gli indovini, gli interpreti di sogni, i cartomanti, coloro che esercitano giochi di sortilegio, incantesimi, esorcismi o millantano o affettano in pubblico grande valenza nella propria arte o professione, o magnificano ricette o specifici, cui attribuiscono virtù straordinarie o miracolose."

Innegabile però, come affermato dal Tar, il mutato quadro sociale rispetto all'epoca in cui è stato emanato il T.U.L.P.S e il successivo regolamento. In un quadro come quello attuale, caratterizzato da incertezza e smarrimento, la cartomanzia può avere una sua utilità, ossia fornire conforto alle paure e alle contraddizioni della società. Occorre considerare inoltre la maggiore alfabetizzazione della società odierna, che ha reso più consapevoli le persone. Chi si rivolge a un cartomante non sempre e non necessariamente è un credulone o un ingenuo, può infatti essere spinto da semplice curiosità o voglia di svagarsi. Non è detto quindi che nel richiedere queste prestazioni l'utente metta da parte completamente il proprio spirito critico.

La cartomanzia è lecita se c'è proporzione tra prestazione e corrispettivo

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Occorre quindi rileggere le norme del TULPS e del Regolamento di attuazione alla luce delle suddette considerazioni, anche se le disposizioni in realtà sono piuttosto chiare nel considerare illecite solo quelle attività che speculano sull'altrui credulità o sfruttano o alimentano il pregiudizio.

Affinché ci sia speculazione o sfruttamento è necessario che l'utile conseguito da chi pratica la cartomanzia risulti sovradimensionato rispetto alle risorse impiegate o al valore effettivo del bene o servizio scambiato. Solo la sproporzione tra servizio divinatorio e prezzo segna il confine tra cartomanzia e ciarlataneria speculativa e profittatrice.

Sconfinamento nella ciarlataneria che si verifica "quando il messaggio commerciale che accompagna l'offerta del servizio tende a rappresentare la prestazione divinatoria non nella sua impalpabile valenza predittiva, ma come strumento realmente efficace ed infallibile per la preveggenza del futuro."

Tirando le fila del discorso pertanto, anche alla luce delle varie disposizioni di legge richiamate dal Tar, da cui si evince la crescente tutela del consumatore nei confronti delle pubblicità e delle televendite che sfruttano la paura, la superstizione e la credulità, deve concludersi nel senso che: "finché la prestazione cartomantica viene offerta nella sua reale essenza ed il corrispettivo pattuito conserva un ragionevole equilibrio con la stessa, non è dato discutere di speculatività dell'attività del soggetto erogatore; laddove, invece, alla stessa vengano attribuite proprietà prodigiose o taumaturgiche e, facendo leva su di esse, sia richiesto un corrispettivo sproporzionato rispetto alla sua valenza meramente consolatoria, potrà dirsi integrata l'ipotesi (vietata) della ciarlataneria."


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