Data: 29/07/2020 16:00:00 - Autore: Marco Sicolo

Cosa sono le presunzioni

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Le presunzioni rappresentano il risultato di una deduzione logica che consente al giudice di ritenere provato un fatto anche in mancanza di dimostrazione diretta.

Nello specifico, la presunzione è il frutto di un ragionamento basato sull'esperienza (i latini si riferivano all'id quod plerumque accidit, "ciò che si verifica la maggior parte delle volte"), finalizzato a dimostrare l'esistenza di un fatto ignoto partendo da un fatto noto.

Presunzioni legali

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Il nostro ordinamento contempla due categorie di presunzioni: quelle legali e quelle semplici.

Nelle presunzioni legali (art. 2728 c.c.) è come se il ragionamento di deduzione cui si accennava sia già stato compiuto a monte, a livello normativo.

Di conseguenza, nei casi in cui un fatto è dedotto in via presuntiva direttamente dalla legge, sulla base di una determinata circostanza, tale fatto non necessita di essere provato.

Si pensi ad esempio alla regola sul possesso di buona fede, secondo cui la buona fede è presunta (art. 1147 c.c., terzo comma): il possessore di un determinato bene non sarà tenuto a provare la buona fede in giudizio, in quanto essa si dà per provata in virtù di presunzione legale.

All'interno della categoria delle presunzioni legali si distingue ulteriormente tra presunzioni legali che ammettono prova contraria (presunzioni relative) e quelle che non la ammettono (presunzioni assolute).

Ritornando all'esempio precedente, sarà la controparte del possessore a dover dimostrare che il possesso fu acquistato in mala fede. In tal caso, pertanto, si verifica un'inversione dell'onere della prova.

Presunzioni semplici

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Le presunzioni semplici di cui all'art. 2729 c.c., invece, lasciano al giudice la facoltà di operare il ragionamento da cui dedurre l'esistenza di un fatto non direttamente provato.

A tal fine, la norma in esame pone un limite molto rigoroso, esigendo che gli indizi da cui trarre la presunzione debbano essere gravi, precisi e concordanti. Ciò significa che la deduzione del giudice, in mancanza di prova diretta, può avere valore di prova solo se fondata su elementi certi e precisi, che convergano verso lo stesso risultato.

Si ritiene, in ogni caso, che, in ordine al ragionamento da effettuare, sia sufficiente basarsi sul criterio della probabilità. Come ha evidenziato la Corte di Cassazione, infatti, "in tema di prova per presunzioni, nel dedurre il fatto ignoto dal fatto noto, la valutazione del giudice del merito incontra il solo limite della probabilità, con la conseguenza che i fatti su cui la presunzione si fonda non devono essere tali da far apparire l'esistenza del fatto ignoto come l'unica conseguenza possibile dei fatti accertati secondo un legame di necessità assoluta ed esclusiva, ma è sufficiente che l'operata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone di ragionevole probabilità con riferimento alla connessione degli accadimenti, la cui normale sequenza e ricorrenza può verificarsi secondo regole di esperienza, basate sull'id quod plerumque accidit" (Cass. civ., sez. II, n. 3513/19).

Le presunzioni semplici, inoltre, non sono ammesse nei casi in cui la legge esclude l'ammissibilità della prova per testimoni (art. 2729, secondo comma).

Valore delle presunzioni

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Quanto al valore processuale di una presunzione, nel corso degli anni la giurisprudenza ha rivelato come la stessa, anche se semplice, abbia il medesimo valore di una prova e possa essere da sola sufficiente a fondare la decisione del giudice.

Al proposito, l'orientamento della Cassazione è tale da ritenere che "le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento" (cfr., da ultimo, Cass. ord. n. 15771/19).

Sulle differenze tra presunzioni semplici e presunzioni legali, la Suprema Corte ha invece chiarito che "la presunzione semplice e la presunzione legale "iuris tantum" si distinguono unicamente in ordine al modo di insorgenza, perché mentre il fatto sul quale si fonda la prima dev'essere provato in giudizio ed il relativo onere grava su colui che intende trarne vantaggio, la seconda è stabilita dalla legge e, quindi, non abbisogna della prova di un fatto sul quale possa fondarsi e giustificarsi. Una volta, tuttavia, che la presunzione semplice si sia formata e sia stata rilevata, essa ha la medesima efficacia che deve riconoscersi alla presunzione legale "iuris tantum", quando viene rilevata, in quanto l'una e l'altra trasferiscono a colui, contro il quale esse depongono, l'onere della prova contraria, la cui omissione impone al giudice di ritenere provato il fatto previsto, senza consentirgli la valutazione ai sensi dell'art. 116 c.p.c." (Cass. civ., sez. VI, ord. n. 4241/2016).


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