Data: 24/07/2020 22:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Si può vendere una casa se i figli non danno il loro consenso?

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Il legame genitori – figli è disciplinato dal nostro ordinamento anche quando di mezzo ci sono questioni patrimoniali. L'esempio più tipico è quello della vendita di una casa. Un'operazione di una certa importanza, che però non richiede sempre che i figli siano d'accordo. In effetti tutto dipende dall'intestazione dell'immobile e dall'età dei figli. Vediamo in quali casi al desiderio di vendere casa si frappone l'interesse altrui.

Se la casa è intestata ai genitori non occorre alcun consenso

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Nel momento in cui una casa è intestata esclusivamente ai genitori e questi di comune accordo decidono di venderla, non occorre il consenso di nessuno, figli compresi.

Il diritto di proprietà è infatti il più ampio dei diritti reali, riconosciuto dalla Costituzione, che all'art. 42 comma 2 prevede "La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti."

A definirne il contenuto in tutta la sua ampiezza ci pensa infatti l'art. 832 c.c. il quale dispone che: "Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico."

In caso di donazione attenzione alla legittima

Se non esiste alcun problema in caso di vendita, non può dirsi la stessa cosa nel caso in cui i genitori decidano, non di vendere, ma di donare casa. In questo caso è ben possibile che ledano la quota di legittima spettante ai figli dopo la loro morte.

Legittima che, in presenza di un solo figlio, è rappresentata dalla metà del patrimonio ereditario, se non è sopravvissuto il coniuge, se invece i figli sono due e anche in questo caso non c'è il coniuge, ad essi spetta la legittima nella misura dei 2/3 del patrimonio ereditario, da dividersi in parti uguali.

Ricordiamo brevemente che la legittima non è altro che una quota di eredità indisponibile decisa e prefissata dal legislatore, per evitare che il de cuius nel testamento leda i diritti dei parenti più stretti che per legge hanno diritto a una tutela particolare.

Fatta questa premessa è evidente che, se con la donazione la legittima dei figli non viene compromessa, non esiste alcun problema. Ben diverso è invece il caso in cui la donazione, per la sua entità, va ad intaccare la quota di legittima spettante ai figli.

In casi come questi la legge, per tutelare i figli, prevede un'azione specifica a cui possono ricorrere e che si chiama "azione di riduzione", grazie alla quale possono aggredire le donazioni fatte in vita dai genitori e che hanno leso la loro quota di legittima.

Casa e fondo patrimoniale

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La questione si complica se i genitori vogliono vendere una casa che è stata inserita in un fondo patrimoniale, soprattutto se ci sono figli minori.

Sappiamo infatti che il fondo patrimoniale è una convenzione con cui i coniugi decidono di destinare certi beni ai bisogni della famiglia, con uno scopo quindi ben specifico. Questo vincolo, se da una parte tutela il patrimonio familiare, dall'altro prevede anche il rispetto di regole ben precise nel caso in cui si decida appunto, di vendere un bene che è stato destinato ai bisogni familiari.

L'art. 169 c.c. prevede infatti che: "Se non è stato espressamente consentito nell'atto di costituzione, non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l'autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessità od utilità evidente."

Vero però che, come si desume dalla formulazione della norma e come confermato dalla recente Cassazione n. 22069/2020 "Pur in presenza di figli minori, infatti, si deve ritenere che la disciplina legale sancita dall'art. 169 cod. civ. - e quindi la preventiva autorizzazione del giudice alla alienazione di beni del fondo - si renda applicabile solo in mancanza di deroga prevista nell'atto di costituzione del fondo patrimoniale."

Insomma se i genitori inseriscono nell'atto costitutivo del fondo una clausola contenente la deroga all'autorizzazione del giudice tutelare nei casi in cui desiderino procedere alla vendita di una casa sono liberi di farlo e il ricavato in questo caso può essere utilizzato senza alcun vincolo.

Nel caso in cui invece tale clausola non venga inserita, va da sé che il giudice, nell'interesse dei minori, potrebbe disporre di destinare il ricavato della vendita proprio in loro favore, magari attraverso l'apertura di un conto corrente.

E nel caso in cui i genitori vogliano vendere una casa che fa parte dei fondo ma i figli in questo caso sono maggiorenni, cosa succede? Anche questa volta la risposta ce la fornisce la sentenza n. 22069/2019, la quale chiarisce che: "Il riconoscimento dell'efficacia ultrattiva del fondo, qualora vi siano figli minori, fino al raggiungimento della maggiore età di questi (…) costituisce un'altra fattispecie di tutela rafforzata a favore del soggetto debole che, per la sua specificità, non consente affatto di dedurre, al contrario che il raggiungimento della maggiore età del figlio determini, nel diverso ed ordinario caso in cui il fondo patrimoniale sia in essere, la sua sostanziale estromissione, di guisa che permane inalterato l'interesse a che i beni restino vincolati ai bisogni della famiglia." Gli Ermellini affermano infatti che: "I figli, quali beneficiari del fondo patrimoniale, sono legittimati ad agire in giudizio in relazione agli atti dispositivi eccedenti l'ordinaria amministrazione che incidano sulla destinazione dei beni del fondo."

Casa intestata ai figli: se minori serve l'autorizzazione

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L'ultimo caso è quello relativo alla vendita di una casa intestata al figlio. Nessun dubbio se il figlio è maggiorenne. In questo caso se la casa è intestata solo ed esclusivamente a lui, non dovrà chiedere il permesso ai genitori per venderla. Diversamente, se i genitori sono proprietari di una quota dell'immobile, dovranno dare il loro consenso alla vendita.

Le cose si complicano se la casa è intestata interamente al figlio minore che l'ha ricevuta per donazione o per successione ereditaria.

In questo caso la regola da applicare è quella contenuta nell'art. 320 c.c., che al comma 3 prevede espressamente che: "I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali o compiere altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione né promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare."

Da quanto emerge dalla lettera della norma è chiaro che io genitori che vogliono procedere alla vendita di una casa che è pervenuta al figlio minore a qualsiasi titolo, devono prima chiedere l'autorizzazione al giudice tutelare del luogo di residenza del minore per quei beni che sono già entrati a far parte del suo patrimonio. Giudice tutelare che ai sensi dell'art. 337 c.c "deve vigilare sull'osservanza delle condizioni che il tribunale abbia stabilito per l'esercizio della responsabilità genitoriale e per l'amministrazione dei beni."

Diversamente, se i beni non sono ancora entrati a far parte del patrimonio del minore, perché ad esempio pende la procedura per procedere all'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, l'autorizzazione alla vendita della casa a cui pervenuta deve essere rilasciata dal Tribunale del luogo in cui è stata aperta la successione (art. 747 c.p.c) sentito il giudice tutelare.

Vuoi approfondire? Allora leggi anche:

- Successioni: l'azione di riduzione

- Eredità: chi può chiedere la riduzione

- Il fondo patrimoniale della famiglia


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