Data: 09/08/2020 22:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Marito obbligato a versare alla ex moglie assegno divorzile di 750 euro

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Con l'ordinanza n. 16705/2020 (sotto allegata) la Cassazione, nel confermare la decisione della Corte d'appello che ha elevato a 750 euro l'assegno divorzile per la ex moglie, ricorda che questa misura non ha solo una funzione assistenziale, ma anche perequativo-compensativa. Nel caso di specie non si può trascurare che la ex moglie ha più di 50 anni, ha competenze professionali ormai stabilizzate e paga un canone di locazione, il cui importo è di poco inferiore al suo stipendio mensile.

Conclusione di una classica vicenda che vede contrapposti due ex coniugi sulla misura dell'assegno di divorzio. Il Giudice di primo grado pronuncia il divorzio e fissa in favore della moglie un assegno di 500 euro mensili. La donna impugna la sentenza, chiedendo l'aumento dell'assegno a 1500 euro, ma la Corte lo ridetermina nell'importo di 750 euro mensili, stabilendone la decorrenza dal passaggio in giudicato della sentenza.

La ex potrebbe lavorare a tempo pieno?

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Il marito, in disaccordo con la sentenza, la impugna innanzi alla Corte di Cassazione sollevando in particolare i seguenti motivi,

  1. Con il primo lamenta l'insussistenza dei presupposti necessari alla concessione dell'assegno di divorzio alla ex moglie, in quanto la Corte non ha valutato la potenziale capacità della donna svolgere impiego full-time e ha ritenuto sussistere tra le parti una disparità economica.
  2. Con il secondo lamenta l'obbligo di corrispondere alla ex un assegno in grado di garantire alla stessa lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio anche se la stessa non ha dimostrato il tenore goduto e anche se la Corte ha ritenuto sussistere una disparità economica tra i due, in realtà inesistente.
  3. Con il terzo contesta alla Corte la determinazione dell'assegno nella misura di 750 euro richiamando la durata del matrimonio, la disparità reddituale e patrimoniale tra i coniugi, senza fare riferimento alcuno al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio e al contributo dato dalla donna alla formazione del patrimonio personale e coniugale.

L'assegno divorzile ha anche una funzione perequativo-compensativa

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La Cassazione con l'ordinanza n. 16705/2020 rigetta il ricorso trattando i tre motivi sollevati dal marito congiuntamente.

Gli Ermellini rilevano come la Corte d'appello abbia fatto applicazione dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'assegno di divorzio ha natura assistenziale e quindi va riconosciuto quando il richiedente non dispone di mezzi sufficienti a conservare il tenore di vita goduto durante il matrimonio.

Orientamento che in seguito è stato sostituito da quello secondo cui l'assegno divorzile ha anche natura perequativo-compensativa discendente dal principio di solidarietà costituzionale, che prevede il riconoscimento di un contributo in favore del coniuge richiedente in grado di garantirgli un livello reddituale adeguato in base al contributo fornito alla costruzione della vita familiare, tenendo conto anche delle aspettative professionali sacrificate.

Per applicare i suddetti principi il giudice deve effettuare una valutazione comparativa delle condizioni economiche dei coniugi, considerando il contributo alla conduzione della famiglia e alla formazione dei patrimoni personali e familiare, anche in relazione alla durata del matrimonio.

Passando al caso di specie gli Ermellini rilevano come il giudice del gravame non ha quantificato l'assegno in base al tenore di vita goduto dalla donna in costanza di matrimonio, ma ha considerato la misura stabilita idonea a garantirle l'indipendenza economica. La Corte ha inoltre tenuto conto del fatto che la donna, ormai ultracinquantenne e con competenze professionali stabilizzate, non è proprietaria di immobili, fa la segretaria, paga un canone di locazione di 480 euro e percepisce uno stipendio di circa 600 euro mensili.

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