Data: 06/09/2020 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone

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La Corte di Cassazione con la sentenza n. 24617/2020 (sotto allegata) precisa che integra reato di estorsione e non di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone, la condotta di chi usa violenza o minaccia i parenti del debitore, estranei al rapporto.

Il ricorso in Cassazione viene presentato perché la Corte d'Appello di Napoli, riformando la sentenza del Tribunale, ha riqualificato i fatti contestati all'imputato ai sensi dell'art. 393 c.p, ha inquadrato la sua condotta come esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e ha dichiarato di non doversi procedere nei suoi confronti per mancanza di querela.

Per dovere di completezza si ricorda che l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni può essere esercitato sia con violenza sulle cose (art. 392 c.p) che sulle persone (393 c.p). Al fine di integrare quest'ultima fattispecie è necessario che chi si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, potendo ricorrere al Giudice, lo faccia al fine di esercitare un preteso diritto, usando violenza o minaccia nei confronti delle persone.

Reato di estorsione

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A ricorre in Cassazione è il Procuratore Generale presso la suddetta Corte d'Appello. Per lui la condotta contestata all'imputato non è da inquadrare come esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone, ma come estorsione ai sensi dell'art. 629 c.p, in virtù del quale "1. Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000. 2. La pena è della reclusione da sette a venti anni e della multa da da euro 5.000 a euro 15.000, se concorre taluna delle circostanze indicate nell'ultimo capoverso dell'articolo precedente."

Usare violenza o minacciare i familiari del debitore integra il reato di estorsione

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Per la Cassazione, che si pronuncia con sentenza n. 24617/2020 il ricorso è fondato.

Dopo avere chiarito quali sono gli elementi che caratterizzano il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone, gli Ermellini ribadiscono che "integra sempre gli estremi dell'estorsione, la condotta consistente in minacce o violenza all'indirizzo di prossimi congiunti del debitore, senz'altro estranei al rapporto obbligatorio inter partes asseritamente azionato dall'agente, la cui pretesa di rivalersi in danno di terzi non sarebbe giudizialmente coltivabile."

Gli Ermellini rilevano infatti che la Corte d'Appello, anche se ne da ha dato atto nella sentenza e anche se il fatto è stato provato in modo incontrovertibile, non ha considerato che "la pretesa azionata dall'imputato riguardava l'entità dei compensi per prestazioni professionali reclamati dall'avv. (omissis) e rispetto a tale rapporto obbligatorio la moglie ed il figlio del (omissis) (pure destinatari delle condotte illecite in contestazione) erano del tutto estranei; la richiesta di ottenere, per la predetta causale, vantaggio patrimoniali diretti a discapito della moglie e del figlio del (omissis), terzi estranei, non sarebbe stata, pertanto, in alcun modo coltivabile in giudizio. Di qui, l'integrazione del reato di estorsione."

La Cassazione stabilisce pertanto che la sentenza deve essere annullata in relazione alla sospensione condizionale della pena e che il giudizio debba essere rinviato ad altra sezione della Corte d'Appello decidente, che dovrà conformarsi al seguente principio di diritto: "integra il reato di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario con violenza o minaccia alle persone, la condotta di chi reclami la soddisfazione di un presunto diritto ponendo in essere condotte violente o minacciose in danno (anche) di soggetti terzi, estranei al rapporto obbligatorio dal quale scaturisce, nella prospettiva dell'agente, il diritto vantato".

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- Il reato di estorsione

- Il rapporto tra l'estorsione e l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni


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