Data: 24/09/2020 12:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli

Responsabilità medica e CTU

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La consulenza tecnica d'ufficio nei giudizi di responsabilità medica risulta spesso uno strumento istruttorio imprescindibile. Con essa, infatti, è possibile colmare le scontate lacune tecniche dei giudici nella materia e giungere a decretare con le opportune conoscenze la sussistenza o meno di un danno alla salute imputabile a un intervento sanitario o alla condotta di uno o più medici.

No alle indagini esplorative

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Il ricorso alla CTU e, soprattutto, la sua valutazione vanno fatte, tuttavia, tenendo conto, tra le altre cose, di due principi di fondamentale importanza, di recente ribaditi dalla Corte di cassazione nell'ordinanza numero 19631/2020 qui sotto allegata, avente a oggetto proprio un'ipotesi di responsabilità medica.

Innanzitutto, per i giudici la consulenza tecnica d'ufficio non può sopperire a eventuali carenze istruttorie delle parti né può essere utilizzata per cercare fatti o circostanze non provati. Essa, infatti, è solo un mezzo con il quale valutare in maniera tecnica dei dati che sono già stati acquisiti come risultato dei mezzi di prova richiesti dalle parti e ammessi in giudizio.

Il che vuol dire, per usare le esatte parole della Cassazione, che "Le parti ... non possono sottrarsi all'onere probatorio di cui sono gravate, ai sensi dell'art. 2697 cod.civ., e pensare di poter rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente".

Il giudice non deve soffermarsi sulle deduzioni dei CTP

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Nella pronuncia in commento, la Corte ha poi chiarito che il giudice, nell'aderire alle conclusioni cui è giunto il consulente tecnico d'ufficio nella propria relazione (nella quale ha tenuto conto dei rilievi dei consulenti di parte, replicandovi), non deve necessariamente soffermarsi sulle deduzioni contrarie dei CTP ma basta che indichi le fonti del proprio convincimento.

In tal modo, in sostanza, esaurisce il suo obbligo di motivazione.


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