Data: 23/09/2020 15:00:00 - Autore: Roberto Paternicò

Recovery fund e titoli di Stato

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Quali sono le differenze tra il "recovery fund" e l'emissione diretta di "titoli di stato", da parte dei singoli Paesi UE?
Ecco alcuni spunti per uno scenario più chiaro sulle due tipologie di finanziamento pubblico, partendo dal concetto di "debito pubblico".

Cos'è il debito pubblico

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Uno Stato, in breve, per la gestione della spesa pubblica (es.pensioni, stipendi pubblici, servizi pubblici, acquisti e forniture, spese di struttura, infrastrutture, etc.) può intervenire:
a. attraverso la tassazione;
b. indebitandosi per ricevere prestiti;
c. utilizzando, al momento, la creazione di nuova moneta immessa per la spesa corrente, da parte della BCE (Banca Centrale Europea).
Per ridurre una tassazione troppo elevata che crea recessione, la spesa pubblica corrente dovrebbe essere ridotta ovvero gestita in modo molto più efficiente e per evitare un'innalzamento della tassazione e gli Stati, per tale necessità, ricorrono, frequentemente, all'indebitamento con i conseguenti pagamenti degli interessi e restituzione delle somme prestate.
L'immissione di nuova moneta da parte della BCE con l'acquisto, ad esempio, dei titoli di stato sovrani (vds. PEPP - Pandemic Emergency Purchase Programme e/o QE - quantitative easing) oltre a non rappresentare una misura convenzionale, viene, in genere, utilizzata per determinati periodi di tempo al fine di evitare possibili squilibri di lungo periodo, quali un forte aumento del debito pubblico e/o un aumento eccessivo dell'inflazione.
Naturalmente, se il PIL (prodotto interno lordo) che determina la crescita di uno Stato aumenta in linea con il debito,  la maggior crescita coprirebbe il maggior debito, al contrario, un maggiore debito per una spesa pubblica improduttiva e senza crescita non consentirebbe la futura copertura del debito con la relativa crisi sui mercati finanziari (prestatori di denaro).

Come funzionano i titoli di Stato e il Recovery fund

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I titoli di Stato: lo Stato emette titoli di stato (titoli di debito) che vengono acquistati, da investitori, con il pagamento d'interessi periodici e con l'obbligo di restituzione del prestito concesso dopo un determinato periodo di tempo. Per ripagare il debito, tra cui quello pregresso (precedenti titoli di stato emessi e da saldare agli investitori), gli Stati, spesso, emettono nuovi titoli di debito (titoli di stato) che, in valore assoluto, produrrebbero un aumento costante del debito stesso, salvo se mitigato o annullato, come detto prima, dalla crescita del PIL e la cui assenza causerebbe un debito insostenibile, sia per le difficoltà di ricevere ulteriori prestiti dagli investitori (rischio di perdita delle somme prestate) che di ricevere denaro se non a fronte di alti tassi d'interesse determinati, in particolare, dall'aumento dello "spread".
Il Recovery fund: é un "fondo di recupero" per raccogliere denaro sui mercati finanziari con "titoli di debito" emessi dalla UE per tutta l'Unione europea.
Il denaro ricevuto dagli investitori che comprano questi titoli viene ripartito tra i paesi UE che ne hanno maggiore necessità e ad esempio, per l'Italia sono previsti oltre 200 miliardi, così suddivisi:
- circa oltre 80 miliardi di sussidi (a fondo perduto). Somme che per la UE rappresentano, sempre, un debito contratto con gli investitori e che potrà essere soddisfatto con l'emissione di nuovi titoli UE per ripagare il debito pregresso di quelli già emessi oppure con il denaro del bilancio dell'unione europea (con i contributi di ogni Paese aderente);
- circa 130 miliardi di prestiti a tassi agevolati (vicini allo zero). In questo caso, ogni Paese membro dovrà restituire alla UE il prestito ricevuto, ma a tassi d'interesse simbolici e senza impatto sullo spread di ogni singolo Paese (come non avviene per i titoli di stato emessi direttamente dal singolo Stato). Il denaro ricevuto, quindi, è utilizzato da ogni Stato, ma il rischio verso i mercati finanziari è condiviso dalla UE.
In sintesi, l'Unione europea emette titoli di debito pubblico sul mercato (eurobond) per ricevere denaro dagli investitori (in cambio d'interessi e restituzione capitale) e ripartisce i capitali investiti ai Paesi membri per sostentare la spesa pubblica. Gli effetti positivi sul mercato finanziario dei titoli UE derivano dalla percezione del rischio quasi nullo dell'Unione europea, a differenza del debito emesso da ogni singolo Paese (in particolare quelli più in crisi) che scontano oltre al rischio, anche, tassi d'interesse più elevati.
Per riassumere, i capitali della UE ricevuti dagli Stati membri a fondo perduto non dovranno essere restituiti e finiranno nel bilancio della UE che per restituirli agli investitori, a scadenza, potrà utilizzare le succitate soluzioni, mentre i capitali concessi a debito ai vari Stati dovranno essere restituiti alla UE, ma a tassi minimi.

Cosa fa la BCE?

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Nel frattempo, la BCE ha varato un aumento del PEPP ("Pandemic Emergency Purchase Programme") per acquistare titoli di stato dei vari Paesi UE, potenziandolo da 750 miliardi di euro a 1.350 miliardi fino al 30 giugno 2021. Acquisti straordinari e temporanei che si affiancano ai QE "quantitative easing" da 20 miliardi al mese e ai 120 miliardi extra per irrobustire il piano di acquisto dei bond.
I titoli sovrani dei Paesi UE sono acquistati sul mercato secondario, senza fare riferimento al c.d."capital key", connesso alla quota di capitale detenuta da ciascuna banca centrale nazionale nella BCE, con gli effetti di poter intervenire maggiormente verso gli Stati più bisognosi, anche in caso di declassamento dei loro titoli a "junk" (spazzatura) cioè al alto rischio per gli investitori (secondo la classificazione delle Agenzie di rating). Gli acquisti della BCE rappresentano sempre prestiti da restituire e che pagano i tassi d'interesse previsti dai vari titoli di stato sovrani, salvo la remota speranza che potrebbero, in futuro, essere azzerati, anche, parzialmente come debito dalla stessa BCE (chissà?).
In ogni caso, in qualunque modo e da qualunque parte giunga denaro, l'importante è saperlo utilizzare per la crescita di un sistema Paese efficiente che possa competere nel mondo.

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