Data: 25/09/2020 15:00:00 - Autore: Marino Maglietta

Riconoscimento paterno e cognome del figlio

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In un caso di boicottaggio materno del riconoscimento paterno la CA di Palermo modifica la scelta del primo grado del doppio cognome attribuendo al bimbo solo il cognome del padre come più aderente alle consuetudini.

La storia iniziale è di un genere sempre più frequente nella nostra società. Se un tempo era largamente prevalente la situazione in cui una ragazza rimasta incinta veniva abbandonata dall'uomo, il quale faceva tutto il possibile per non riconoscere il figlio da lui concepito, è al momento tutt'altro che rara quella opposta, in cui è la donna che, posto fine al legame sentimentale, vuole tenere il figlio per sé impedendo al padre perfino di riconoscerlo.

La vicenda

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Esattamente quanto avvenuto in un piccolo centro del palermitano, nel momento in cui, terminata la relazione, la madre ha tagliato fuori il padre della gravidanza, neppure comunicandogli l'avvenuta nascita del bambino. Questi tuttavia, appena avuta la notizia, cercava in tutti i modi di poter svolgere le funzioni paterne previo riconoscimento del figlio.

Ottenuto questo risultato, non senza difficoltà e resistenze (era impossibile contattare la madre, perfino per via telematica, e alla fine è stata necessaria una lettera di diffida), si poneva il problema del cognome. La madre, infatti, al momento della nascita gli aveva dato solamente il suo. Si rivolgeva allora il padre al tribunale di Palermo chiedendo prioritariamente la sostituzione del proprio cognome a quello materno e, in subordine, che il proprio cognome venisse aggiunto. La madre chiedeva in tesi il rigetto dell'istanza "perché il padre aveva tardato il riconoscimento" e in ipotesi si dichiarava disponibile ad accettare l'aggiunta del cognome paterno. Il tribunale accoglieva l'ipotesi subordinata della madre, dichiarando che a causa dell'elevata conflittualità tra i genitori appariva più opportuna una soluzione di compromesso. Ricorreva allora il padre in Corte d'appello, riproponendo la propria istanza e motivandola con la maggiore "normalità" della soluzione proposta, che avrebbe permesso al bambino nel tempo di sentirsi perfettamente uguale agli altri.

Per dare maggiore evidenza alla eccezionalità della decisione della Corte d'appello può essere utile rammentare quali sono state le condizioni di frequentazione del padre stabilite dal tribunale di Palermo, al momento di fissare i contenuti dell'affidamento (condiviso) del bambino successivi ai 3 anni: "nei giorni di martedì e giovedì dalle 14 alle 19; a settimane alterne dalle 14 del sabato sino alle 18 della domenica, con facoltà di pernottamento presso il domicilio paterno; ad anni alterni dalle 20:00 del 24 dicembre alle 20:00 del 25 dicembre ovvero dalle 20:00 dal 31 dicembre alle 20:00 del 1 gennaio, con facoltà di pernottamento presso il domicilio paterno". Regole che prevedono una data di inizio, ma non un successivo passaggio a un regime diverso: quindi, a rigore, valide fino alla maggiore età. Ora, esistono effettivamente delle limitazioni alla frequentazione paterne quando il bimbo è in tenera età, ma perfino i magistrati più "antichi" a partire dai tre anni permettono il pernottamento presso il padre. Il TO di Palermo, invece, ritiene che questo debba restare fortemente contenuto (ma, se davvero fa danno al bambino, questi di sabato può essere "danneggiato"?) anche ben al di sopra di tale età, addirittura a rigore senza limiti superiori. Sorvolando sull'unico giorno concesso nell'intero periodo delle vacanze di Natale.

Interesse del minore evitare danno all'identità personale

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Comunque, con queste premesse la CA (relatrice un giudice donna) sorprendentemente la accoglie, sposando integralmente la motivazione che la accompagnava, che anzi rafforza, anzitutto sottolineando che il ritardo nel riconoscimento era stato causato dalle resistenze materne, e poi ribadendo che non esistono per il giudice altri criteri che l'interesse del minore, " con esclusione di qualsiasi automaticità in relazione alla prima attribuzione, non essendo configurabile una regola di prevalenza del criterio cronologico o del patronimico (Cass. n. 18161/2019)." D'altra parte, "l'interesse del minore è quello di evitare un danno alla sua identità personale, intesa anche come proiezione della sua personalità sociale, avente copertura costituzionale assoluta, per cui la scelta del giudice - ampiamente discrezionale - deve avere riguardo al modo più conveniente di individuare il minore in relazione all'ambiente in cui è cresciuto fino al momento del successivo riconoscimento (Cass. n. 12640/2015)" . Pertanto, vista la tenera età del bambino e la mancanza di particolari motivi di rilevanza a favore della identificazione materna, conviene seguire la tradizione ed evitare la scelta del doppio cognome, che nella società non è affatto comune, trattandosi anche per il bambino di essere inserito in un piccolo centro dove non è possibile passare inosservati.

La decisione della CA di Palermo va dunque ad aggiungersi ad una più generale tendenza, che sembra potersi constatare, di effettiva parificazione dei ruoli e della rilevanza della maternità e della paternità.


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