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Data: 02/10/2020 09:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate
Pagamento compensi avvocato[Torna su]
La Cassazione nell'ordinanza n. 19755/2020 (sotto allegata) precisa che il patto di quota lite, anche se dichiarato nullo per contrarietà all'art. 85 del TU delle spese di giustizia, prova che l'avvocato non è stato pagato per l'attività svolta se nella scrittura gli assistiti riconoscono il debito e dichiarano di non aver ancora provveduto in tal senso. Decisione che pone fine a una controversia giudiziale insorta nel momento in cui un avvocato si rivolge al tribunale per chiedere il pagamento della proprie spettanze di € 51.058,83 ad alcuni clienti per l'attività svolta in una causa risarcitoria. L'avvocato fa presente che i clienti hanno firmato due scritture private in cui hanno dichiarato che avrebbero riconosciuto all'avvocato il 15% delle somme che sarebbero state liquidate loro in sentenza e che il professionista non aveva ancora percepito alcun compenso. Nelle scritture si specificava inoltre che il suddetto 15% sarebbe stato riconosciuto all'avvocato perché i compensi stabiliti in favore dello stesso a titolo di gratuito patrocinio, per il quale avevano fatto domanda, non sarebbe stati sufficienti a compensare l'attività svolta dallo stesso. I due assistiti però in giudizio eccepiscono la prescrizione presuntiva del diritto di credito dell'avvocato, sostenendo di aver corrisposto allo stesso 600 euro per iniziare la causa, conclusa nel 2010 e che da allora il professionista non aveva più avanzato richieste. In via riconvenzionale chiedono inoltre che le scritture private siano dichiarate nulle, poiché al difensore di soggeti ammessi al gratuito patrocinio è vietato percepire somme ulteriori. Il Tribunale accoglie in parte la domanda del legale riconoscendogli € 27.848,52, rigetta l'eccezione della prescrizione, stante la natura confessoria della ricognizione del debito contenuta nelle scritture e non ammette la prova testimoniale finalizzata a dimostrare l'avvenuto pagamento del compenso. La dichiarazione di nullità delle scritture ne impedisce la convalida?[Torna su]
Ricorrono in Cassazione gli assistiti sollevando i seguenti motivi di doglianza.
Il patto di quota lite, anche se nullo, prova che l'avvocato non è stato pagato[Torna su]
La Corte di Cassazione adita con l'ordinanza n. 19755/2020 rigetta il ricorso perché i motivi sollevati, trattati congiuntamente stante la loro connessione, sono infondati. Essa rileva infatti la correttezza del ragionamento logico giuridico del Tribunale, sintetizzabile nei punti che si vanno a illustrare. Le scritture private contenenti il patto di quota lite per l'attività svolta dal difensore in sede di appello sono state dichiarate nulle perché per questa fase era stata fatta domanda per il gratuito patrocinio. L'art. 85 del DPR n. 115/2002 prevede infatti che: "1. Il difensore, l'ausiliario del magistrato e il consulente tecnico di parte non possono chiedere e percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a qualunque titolo, diversi da quelli previsti dalla presente parte del testo unico. 2. Ogni patto contrario e' nullo. 3. La violazione del divieto costituisce grave illecito disciplinare professionale." Diversamente da quanto affermato dalle parti comunque le scritture non hanno prodotto alcun effetto relativamente ai compensi del giudizio d'appello, in quanto gli stessi sono stati stabiliti in base alle tariffe professionali. La dichiarazione di nullità delle scritture inoltre non impedisce di conferire alle dichiarazioni in esse contenute valore confessorio al fine di paralizzare l'eccezione di prescrizione presuntiva relativa ai compensi del difensore per l'attività svolta nel primo grado di giudizio. La Cassazione ricorda infatti che la nullità del contratto per contrarietà a norme imperative travolge le clausole, ma non le dichiarazioni di scienza e volontà "tanto più se, come nel caso in esame, si riferiscono a un rapporto giuridico diverso da quello da quello per cui il contratto è stato travolto dalla sanzione della nullità." Inoltre "in dette scritture le parti davano atto che nessun compenso era stato corrisposto al difensore, in tal modo ammettendo che l'obbligazione non era stata estinta … alla luce dell'ammissione dell'esistenza del debito, il Tribunale ha tratto il convincimento che non vi fosse stata alcuna rinuncia, né che il debito fosse pagato (…)." Leggi anche: |
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