Data: 05/10/2020 10:30:00 - Autore: Lucia Izzo

Coordinazione genitoriale: lo studio dell'Osservatorio sulla Giustizia Civile

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Recentemente, si è sentito parlare sempre con maggior enfasi, soprattutto nelle aule di Tribunale, del "Coordinatore Genitoriale", figura che solo negli ultimi anni ha fatto capolino nel nostro ordinamento a seguito del grande successo ottenuto negli USA dove si è diffusa a partire dagli anni '90.
L'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano, Gruppo Mediazione Negoziazione ADR, ha portato avanti un vero e proprio progetto "CoGe", nato dall'osservazione dello stato dell'arte in Italia e sul territorio lombardo, sulla base dei provvedimenti reperiti e disponibili, del metodo della coordinazione genitoriale che si è cominciato a sperimentare e poi a diffondere nei Tribunali nazionali ad opera della magistratura di merito.
Il documento di sintesi (sotto allegato) ripercorre le origini della coordinazione genitoriale, offrendone una definizione e chiarendone gli scopi, sino a soffermarsi sulla cornice giuridica, sugli orientamenti giurisprudenziali e sulla prassi ad oggi esistente in Italia.

Coordinatore genitoriale: chi è

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Il testo evidenzia come la figura del Coordinatore Genitoriale, di derivazione e matrice originariamente statunitense (c.d. Parenting Coordinator), si sia posta come strumento alternativo per la risoluzione delle controversie giudiziali nei casi in cui la coppia genitoriale risulti afflitta da un elevato livello di conflittualità, tale da poter pregiudicare e compromettere l'esercizio della bigenitorialità, quale regime di affidamento più tutelante per la prole.
Per approfondimenti Il coordinatore genitoriale
Dall'analisi delle pronunce nazionali è stato possibile evidenziarne le potenzialità, che ne legittimano a pieno titolo l'affiancamento agli altri ben noti strumenti di ADR da più tempo praticati in Italia (mediazione, negoziazione, pratica collaborativa), ma anche le criticità, dovute a una difficoltà di adattamento dello strumento nel sistema italiano e all'assenza di un supporto normativo, che a tutt'oggi, manca, nonostante che la pratica abbia superato decisamente la fase sperimentale.

Le linee guida dell'AFCC

Sebbene variamente normata da statuti, regolamenti e accordi in alcuni Stati e Distretti USA, la pratica della coordinazione genitoriale è rimasta per anni scarsamente definita e regolata nei suoi aspetti fino al 2005, quando la Association of Familiy and Conciliation Court (AFCC), la più grande associazione interdisciplinare e internazionale dei professionisti che lavorano nella risoluzione dei conflitti, è giunta a a pubblicare le Linee Guida per la coordinazione genitoriale.
L'AFCC ha descritto la coordinazione genitoriale come "un processo di risoluzione alternativa delle controversie centrato sul bambino attraverso il quale un professionista della salute mentale o di ambito giuridico, con formazione ed esperienza nella mediazione familiare aiuta i genitori altamente conflittuali ad attuare il loro piano genitoriale, facilitando la risoluzione delle controversie in maniera tempestiva, educandoli sui bisogni dei loro figli e, previo consenso delle parti e/o autorizzazione del Giudice, prendendo decisioni nell'ambito del provvedimento del Tribunale o del contratto di nomina".
Nei moderni conflitti, spiega l'Osservatorio sulla Giustizia Civile, "il metodo della coordinazione genitoriale propone una innovativa risposta con la ricerca di professionalità interdisciplinari, che affida non tanto alla attività di una équipe, quanto ad una figura formata nei campi della salute mentale, del diritto e della mediazione, attraverso lo studio e l'esperienza".

Formazione specialistica multidisciplinare

Come rammenta il documento in oggetto, la coordinazione genitoriale richiede una formazione specialistica multidisciplinare, implicando innanzitutto formazione ed esperienza nella mediazione familiare, conoscenze psicologiche specialistiche e psichiatriche, conoscenze in materia legale e significative esperienze di lavoro con casi di separazione/divorzio di coppie di genitori altamente conflittuali.
L'intervento del coordinatore genitoriale, dunque, appare volto a implementare la bigenitorialità in quelle situazioni in cui appare "bloccata", ma non del tutto sopita, per effetto dell'intensità e persistenza di un conflitto familiare che pervade e coinvolge ogni momento della vita familiare facendo perdere di vista i bisogni evolutivi dei figli.
La coordinazione genitoriale, spiega lo studio, si caratterizza per metodo e specifiche finalità che lo contraddistinguono da altri strumenti di intervento a sostegno della genitorialità in quanto mira a garantire innanzitutto che la sicurezza dei bambini e i loro migliori interessi siano una priorità per ridurre il livello di conflitto.

La posizione della giurisprudenza

La presenza del Coordinatore Genitoriale si innesta in una cornice in cui è valorizzato il "best interests of the child" (nozione chiave formalizzata per la prima volta nell'art. 3 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989) e il principio di bigenitorialità, definito dalla Cassazione come "presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione".
In Italia la coordinazione genitoriale non trova un riscontro normativo diretto, salvo volerla riferire al polivalente potere del Giudice di adottare "ogni altro provvedimento relativo alla prole" (cd. provvedimenti atipici nell'interesse del minore) ricordato nell'art. 337–ter, comma 2, del codice civile. Da qui la genesi prevalentemente giudiziale della coordinazione genitoriale nel nostro paese.
Infatti, la giurisprudenza nazionale di merito ha accolto la figura del Coordinatore Genitoriale, la cui operatività è già stata sperimentata in vari Tribunali italiani, che vi hanno fatto ricorso attraverso il supporto delle Linee Guida tracciate dalla AFCC, inserendosi a buon diritto nell'ambito degli strumenti di ADR.

Le criticità nell'adattamento del modello statunitense

Ciononostante, "le criticità emerse nell'adattamento al sistema italiano del modello statunitense pongono questioni metodologiche ancora da risolvere che impongono una attenta riflessione" su una serie di tematiche, tra cui formazione, competenza e limiti dei poteri decisionali del CO.GE e vincolatività delle sue decisioni, tutela del diritto di riservatezza, rischio di confusione tra i diversi possibili interventi nell'ambito della conflittualità delle parti, e così via.
Nell'applicazione pratica, inoltre, il coordinamento genitoriale risente del vuoto normativo che a tutt'oggi espone l'applicazione del metodo a forti criticità e a "malpractice", che ne snaturano la funzione e possono comprometterne l'efficacia e lo scopo.
Tra l'altro, la tipologia del conflitto a cui si rivolge sembrerebbe richiedere necessariamente una base volontaria su cui strutturare l'intervento di coordinazione genitoriale, ossia fondata su una spontanea adesione al procedimento.
Come osservato dal Tribunale di Milano (cfr. sentenza n. 11802/2019:) "le parti, anche in conclusione del giudizio, ribadiscono la loro disponibilità alla nomina del CO.GE. Va appena osservato che il tribunale non può imporre questa nomina ai genitori…" a cui viene rimessa l'attivazione della procedura.
Spetta alle coppie in aspro conflitto, dunque, doversi attivare per risolvere le loro difficoltà ed è indubbio che ciò potrà essere realizzato in presenza di un contesto istituzionale li guidi, orienti e solleciti, anche in maniera direttiva, a porsi criticamente verso soluzioni alternative di gestione e risoluzione del loro conflitto.

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