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Data: 27/10/2020 11:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate
L'indennità di maternità è troppo bassa e discriminatoria[Torna su] La Cassazione con l'ordinanza n. 20673/2020 (sotto allegata) accoglie il ricorso di un'assistente di volo alla quale è stata corrisposta un'indennità di maternità troppo bassa. Gli Ermellini colgono l'occasione per ribadire che la misura dell'indennità di maternità va corrisposta nella misura dell'80% della retribuzione globale media giornaliera per fare in modo che la donna mantenga, durante la gravidanza, lo stesso tenore di vita di quando lavora. Ora peṛ vediamo cosa è successo fin dall'inizio.
Una lavoratrice, assistita dalla Consigliera di parità, ricorre in Tribunale con il rito sommario contro le discriminazioni di genere (artt. 36 e 38 del dlgs n. 198/2006) per contestare i criteri adottati dall'IPSEMA, ai fini della liquidazione dell'indennità di maternità, per ottenerne il ricalcolo in base al TU n. 151/2001 e per far condannare l'istituto al pagamento di 11.200,00 o della diversa somma ritenuta di giustizia. La lavoratrice, assistente di volo addetta a scali nazionali e internazionali, dichiara di essere stata assente dal 15 maggio del 2007 fino al 15 maggio dell'anno successivo per congedo di maternità. Per la lavoratrice l'indennità di maternità è stata calcolata, non in base alla retribuzione globale media giornaliera (artt. 22 e 23 dlgs n. 151/2001), ma tenendo conto della retribuzione sottoposta a prelievo fiscale e previdenziale e conteggiando l'indennità di volo nella misura del 50%. L'assistente di volo vince in primo e in secondo grado, con conseguente condanna dell'INAIl, succeduta a Ipsema, a corrispondere l'indennità nella misura richiesta. Per l'Inail la misura dell'indennità di maternità è corretta[Torna su]
L'Inail, rimasta soccombente, ricorre in Cassazione sollevando i seguenti due motivi.
L'indennità di maternità deve garantire alla donna lo stesso tenore di vita[Torna su]
La Cassazione peṛ con l'ordinanza n. 20673/2020, poco convinta della tesi dell'Istituto ne rigetta il ricorso perché infondato. La Corte ricorda di aver già risolto la questione per cui è causa per cui ribadisce che: "l'art. 22 del D.Igs. nr. 151 del 2001 disciplina, in generale, il trattamento economico e normativo del congedo di maternità, stabilendo, quanto a quello economico (comma 1), che lo stesso sia -pari all'80% della retribuzione- e, quanto agli aspetti normativi (comma 2), che il trattamento sia corrisposto -con le modalità di cui all'art. 1 del decreto legge 30 dicembre 1979, n.633, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33- e con gli «stessi criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie." Per quanto riguarda le determinazioni del trattamento economico di maternità, ha ragione la lavoratrice nell'affermare che "la retribuzione parametro, da prendere a riferimento per determinare, nella misura dell'80% di essa (come stabilito dal precedente art. 22), l'indennità medesima (recte di malattia), sia costituita dalla -retribuzione media globale giornaliera- che si ottiene dividendo per trenta l'importo totale della retribuzione del mese precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo." Come affermato del resto anche dalla Corte Costituzionale, proprio in virtù della tutela che diverse norme della Costituzione riservano alla maternità, l'indennità è destinata a impedire che la donna, durante la gravidanza e subito dopo il parto, subisca un'alterazione in peius del suo tenore di vita. Senza dimenticare che, da quanto emerge dalla normativa europea, la tutela della maternità è in grado di favorire l'occupazione femminile, con risvolti positivi sull'economia generale e sulla riduzione del rischio povertà per le famiglie. Leggi anche Il congedo di maternità |
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