Data: 08/10/2020 06:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli

L'impossibilità degli accertamenti tempestivi non giustifica la dimissione

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Dall'ordinanza numero 20754/2020 qui sotto allegata della Corte di cassazione emerge un principio molto importante in materia di responsabilità medica: se il paziente si presenta in ospedale con una sintomatologia che fa sospettare il rischio di infarto, lo stesso non può essere mandato a casa, neanche se non è possibile disporre tempestivamente il dosaggio degli enzimi.

Sintomatologia chiara e inequivocabile

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Nel caso di specie, il paziente, al primo ingresso in ospedale, aveva manifestato un dolore toracico severo e prolungato. Dagli accertamenti erano poi emersi una storia clinica "sospetta" e un esame ECG recante alterazioni equivoche.

A fronte di ciò, per i giudici del merito - con conferma anche da parte della Corte di cassazione - non è possibile ritenere che la morte dell'uomo per infarto miocardico sia riconducibile a un evento improvviso e perciò imprevedibile e non a una patologia cardiaca.

Del resto, come era emerso dalla consulenza tecnica d'ufficio espletata nel corso del giudizio, l'infarto miocardico acuto è diagnosticato non solo se ci sono modifiche ECG inequivocabili e/o inequivocabili alterazioni enzimatiche, ma a tal fine è sufficiente anche solo che per oltre 24 ore persistano ripetute ed equivoche modifiche ECG, con o senza equivoche modifiche enzimatiche.

La necessità di un adeguato controllo del paziente

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Dalla pronuncia in commento emerge, insomma, che se il medico, tenendo una diversa condotta improntata a un adeguato controllo del paziente e trattenendo quest'ultimo in ospedale, ne poteva con buone probabilità evitare il decesso, la sua responsabilità per l'occorso non può essere negata.


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