Data: 08/10/2020 11:00:00 - Autore: Alessio Orsini

Responsabilità aggravata per la banca

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Condanna della Banca per responsabilità aggravata c.d. "lite temeraria" per aver azionato un decreto ingiuntivo nei confronti di una società edile del Veneto e dei fideiussori. E' quanto deciso dal tribunale di Vicenza con la recente sentenza del 6.10.2020 (sotto allegata).

La Banca aveva richiesto un decreto ingiuntivo di € 87.101,76 e a seguito di opposizione e ricalcolo ordinato dal Giudice del Tribunale di Vicenza, il conto corrente è passato da negativo a positivo, con saldo a favore del correntista pari ad euro 276.485,40 (euro 336.798,64 comprensivo di interessi attivi).

La vicenda

Il caso giudiziario riguarda una società edile Veneta a cui una BCC del Veneto notificò un decreto ingiuntivo di circa € 87.000,00, derivante dall'asserito saldo debitore di un conto corrente, poi rivelatosi inesistente, anzi positivo in favore del correntista per € 276.485,40 (€ 336.798,64 comprensivo di interessi attivi).

Nonostante la Banca avesse ottenuto in corso di rapporto ipoteche volontarie per un valore notevolmente superiore alla asserita esposizione, una volta che ottenne il decreto ingiuntivo iscrisse ipoteca giudiziale su tutti gli immobili delle persone fisiche.

Ad aggravare il tutto, vi fu la segnalazione a sofferenza presso la Centrale Rischi della Banca D'Italia, che comportò l'effetto domino con gli altri istituti di credito, i quali a loro volta risolsero i rapporti e che determinò altresì l'impossibilità di accesso al credito, sia per la società che per i garanti.

L'impresa Veneta ed i fideiussori si opposero all'ingiunzione, mediante il patrocinio dello scrivente, il quale antecedentemente al giudizio, tentò (vanamente), a mezzo di diffide e procedure di mediazione, di comporre bonariamente il giudizio.

Solo all'esito del giudizio di opposizione, la società correntista e i fideiussori hanno trovato ristoro alle proprie legittime doglianze.

La decisione

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In corso di causa, venne espletata CTU sul rapporto di conto corrente che portò ad un saldo positivo, ossia a favore della correntista per € 276.485,40 (€ 336.798,64 comprensivo degli interessi attivi).

Difatti, il rapporto di conto corrente si fondava su un contratto avente il rinvio delle condizioni economiche (interessi e spese), a quelli che erano gli usi su piazza, ossia condizioni del tutto indeterminate.

Oltre a ciò, il Tribunale ha accertato l'illegittima pratica anatocistica e il difetto probatorio di mancata produzione di tutta la serie iniziale degli estratti conto, che ha comportato il ricalcolo al c.d. "saldo zero".

Un importante principio è stato espresso anche con riferimento all'avversa eccezione di prescrizione, poiché il Tribunale ha ritenuto che il conteggio dovesse avvenire sul saldo ricalcolato, in ottemperanza a quanto disposto dalla Cassazione con Sentenza n. 9141 del 2020.

La condanna della banca ex art. 96 c.p.c.

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Il Tribunale ha dato rilevanza alle plurime diffide che gli opponenti, per il tramite del patrocinio dell'Avv. Alessio Orsini, inviarono alla Banca prima dell'azione per decreto ingiuntivo.

Difatti, la Banca, in quanto "operatore professionale", avrebbe dovuto sapere benissimo che l'azione giudiziale che si apprestava a porre in essere si palesava quale del tutto temeraria, sia con riferimento al materiale probatorio e sia con riferimento alle nullità contrattuali.

Oltre a ciò, il Tribunale ha rilevato come la segnalazione a sofferenza presso la Centrale Rischi della Banca D'Italia e l'iscrizione di plurime ipoteche giudiziali per un debito "che si è rivelato palesemente insussistente", abbiano ingiustamente aggravato la posizione della società e dei fideiussori.

Ecco perché il Tribunale ha stigmatizzato l'azione giudiziaria intrapresa dalla Banca, poiché "non poteva non essere consapevole" di agire in maniera non corretta.

Per l'importanza dei principi espressi si riporta integralmente il punto della sentenza:

"V. Condanna ex art. 96 c.p.c. E' da accogliersi anche la richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. proposta dagli opponenti in quanto la Banca ha agito in via monitoria (e resistito nella presente fase di opposizione) con colpa grave. L'opposta, infatti, non poteva non essere consapevole della lacunosità della documentazione del conto corrente per il cui saldo passivo domandava ingiunzione, sia per un elementare principio di vicinanza della prova, sia perché ripetutamente avvertita (e diffidata) dagli opponenti. E' fatto notorio, d'altra parte, e vieppiù dovrebbe esserlo per un operatore professionale come una Banca, che i contratti con clausole c.d. "uso piazza" non siano validi e che la mancanza della serie completa degli estratti conto comporti l'applicazione della regola del c.d. "saldo zero" a favore del correntista. Appare nella presente fattispecie evidente come la Banca abbia agito in monitorio non osservando quella normale prudenza che, al contrario, avrebbe dovuto osservare e che abbia aggravato la posizione degli opponenti con la segnalazione a Centrale Rischi della società e l'ipoteca giudiziale (per l'importo di € 150.000) iscritta contro i fideiussori, per un debito che si è rivelato palesemente insussistente. In conclusione appare equo condannare l'opposta ex art. 96 c.p.c. al pagamento, a favore degli opponenti, dell'importo complessivo di € 5.000".

Avvocato Alessio Orsini

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