Data: 26/10/2020 06:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli

Il nuovo art. 391-ter c.p.

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Un tempo, introdurre un telefonino in carcere o detenerlo era un semplice illecito disciplinare, sanzionato con le procedure interne agli istituti penitenziari, ma oggi non è più così: chi tiene un simile comportamento rischia una (nuova) condanna penale.

Il decreto sicurezza 2020 (d.l. n. 130/2020, convertito dalla l. n. 173/2020), infatti, introduce nel codice penale l'articolo 391-ter, che si occupa proprio di punire l'accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti.

Accesso indebito di telefonini

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Il comportamento che diventa penalmente rilevante è quello di chi, in maniera indebita, procura a un detenuto un telefonino o un altro dispositivo che gli consente di effettuare comunicazioni con l'esterno.

È reato, in forza della medesima disposizione, anche il comportamento di chi consente a un detenuto di utilizzare indebitamente uno strumento telefonico e quello di chi lo introduce nell'istituto penitenziario al fine di renderglielo disponibile.

Infine, integra la nuova ipotesi delittuosa anche il detenuto che riceve o utilizza indebitamente il telefonino.

La pena

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La pena prevista per il reato di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti è quella della reclusione da uno a quattro anni.

Se, però, il colpevole è un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o un avvocato, il trattamento sanzionatorio è più severo, in quanto coincide con la reclusione da due a cinque anni.

Comunicazioni dei detenuti soggetti al 41-bis

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Il decreto sicurezza inasprisce anche le conseguenze sanzionatorie previste per le comunicazioni dei detenuti sottoposti al 41-bis, che già erano oggetto di un'apposita fattispecie di delittuosa, ovverosia quella punita dall'articolo 391-bis del codice penale.

Tale articolo è stato modificato dal d.l. n. 130/2020: oggi chi agevola le comunicazioni dei predetti soggetti con l'esterno rischia la pena della reclusione da due a sei anni (e non più da uno a quattro anni). Se, poi, il colpevole è un pubblico ufficiale, un incaricato di un pubblico servizio o un avvocato, la reclusione va da tre a sette anni (e non più da due a sei anni).

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