Data: 26/10/2020 22:30:00 - Autore: Vittorio Corasaniti

Esame avvocato: l'interrogazione a Bonafede

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Gli elaborati degli esami scritti per l'accesso alla professione forense potrebbero essere estratti da una busta e reinseriti in un'altra con numerazione diversa. Nessuno può saperlo. E nel processo di verbalizzazione, i voti assegnati a un candidato potrebbero non essere quelli realmente corrispondenti ai suoi elaborati.

L'operato delle commissioni esaminatrici, già sotto i riflettori degli organi internazionali per la protezione dei diritti umani, sfugge persino alla legge.

È quanto emerge dall'analisi dei deputati Ciro Maschio e Maria Carolina Varchi, componenti della Commissione Giustizia alla Camera, che nell'interrogazione parlamentare a risposta scritta presentata il 22 ottobre 2020 chiedono al Ministro della Giustizia "se e quali immediate iniziative di competenza intenda adottare il Governo per porre rimedio al vulnus normativo in materia di procedure d'esame di avvocato".

Il caso

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La questione recentemente venuta alla luce e rilevata dai due deputati in sede di sindacato ispettivo riguarda la fase esecutiva delle correzioni per l'esame di avvocato, del tutto sprovvista di una base giuridica che la legittimi.

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Mentre, infatti, fino al 1988 le correzioni erano disciplinate dall'art. 23 c. 1 del Regio Decreto 34/1937, oggi questa norma non esiste più, lasciando i commissari d'esame liberi di agire senza alcuna base giuridica che li legittimi.

In realtà, si legge nell'interrogazione parlamentare, "gli articoli 4 e 5 del decreto ministeriale n. 48 del 2016 dettano disposizioni specifiche sia per la fase dell'esame volta a garantire l'anonimato, sia per la fase esecutiva delle correzioni, ma non sono ancora operativi, essendo sottoposti allo stesso differimento di cui all'articolo 49 della legge 247 del 2012".

Una vera e propria anomalia, considerato che la fase esecutiva delle correzioni è disciplinata e garantita legislativamente per magistrati, notai e avvocati dello Stato.

Esame avvocato: dramma di chi?

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Nel suo intervento di ottobre 2019 dinanzi al Consiglio Nazionale Forense il Ministro della Giustizia aveva parlato della necessità di "sdrammatizzare" l'esame, che attualmente non risponde a criteri di razionalità e troppo spesso si presta a esiti casuali e non sempre rispondenti agli effettivi meriti degli aspiranti avvocati.

Nonostante questa dichiarazione, nessun provvedimento di riforma è mai stato adottato, se non la proroga dell'aleatorietà quale principio cardine dell'esame, avvenuta con legge n. 8 del 28 febbraio 2020.

Bisognerebbe allora capire a quale "dramma" il Ministro faccia riferimento: a quello di migliaia di professionisti che non riescono ad accedere al mondo del lavoro dopo anni di sacrifici, o a quello dello Stato tenuto in ostaggio da interessi anticoncorrenziali?

L'aleatorietà con cui vengono selezionati gli attuali avvocati è ormai sotto i riflettori degli organi internazionali per la protezione dei diritti umani, come del resto si evince nell'interrogazione parlamentare che i deputati Maschio e Varchi hanno presentato.


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