Data: 27/10/2020 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Mancanza di vivenza a carico

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Con l'ordinanza n. 23058/2020 (sotto allegata) la Cassazione torna ad occuparsi della pensione di reversibilità. Come sappiamo la pensione di reversibilità è un trattamento che viene riconosciuto al momento del decesso del pensionato a determinati familiari superstiti, tra cui figurano i figli inabili, indipendentemente dall'età. Nel caso di specie si è giunti di fronte alla Corte di legittimità perché sia il giudice di primo che di secondo grado non hanno ritenuto integrato il requisito della vivenza a carico del de cuius da parte della figlia inabile al 100% solo perché titolare di reddito, senza approfondire ulteriormente gli altri aspetti, che invece rilevano ai fini del riconoscimento della misura. Vediamo cos'è successo fin dall'inizio e come ha risolto la controversia la Cassazione.

La Corte d'Appello conferma la decisione di rigetto del giudice di primo grado nei confronti di una figlia, che ha richiesto all'Inps il riconoscimento della reversibilità goduta dal genitore defunto, in quanto maggiorenne inabile al 100%.

Per la Corte territoriale è insussistente il requisito della vivenza a carico dell'ascendente al momento del decesso del genitore. Dall'istruttoria è infatti emerso che la stessa, come certificato dall'Agenzia delle Entrate, nel 2009 era titolare di un reddito di 9.495,00 euro e nel 2010 di 8.946,00 euro.

Violato il criterio di valutazione della vivenza a carico

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Parte soccombente però ricorre in Cassazione, convinta delle proprie ragioni, che fa valere in due motivi, ai quali resiste l'Inps con contro-ricorso.

  • Con il primo lamenta la violazione da parte della Corte d'Appello del criterio di valutazione della vivenza a carico indicato nella circolare Inps n. 185/2015 e recepito dalla Cassazione con la sentenza n. 14996/2007, la quale ha chiarito che, per accertare la non autosufficienza economica necessaria ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore degli invalidi civili totali, è necessario fare riferimento al limite di reddito stabilito dall'art. 14 septies del dl n. 663/1979 convertito con modificazioni dalla legge n. 33/1990, che considera solo i redditi assoggettati a Irpef.
  • Con il secondo invece si duole del mancato accertamento del requisito dell'inabilità, fatto decisivo per il giudizio e sul quale si è anche svolto il contraddittorio tra le parti.

Vivenza a carico figli inabili: rilevano reddito e mantenimento

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La Cassazione decide il ricorso con ordinanza n. 23058/2020, dichiarando fondato il primo motivo e assorbito il secondo. Come rilevato dalla ricorrente in effetti l'art. 13 della legge n. 218/1952 nel testo sostituito dalla legge n. 903/1965, per quanto riguarda il diritto alla pensione ai superstiti prevede che "i figli in età superiore ai 18 anni e inabili al lavoro (...) si considerano a carico dell'assicurato o del pensionato se questi, prima del decesso, provvedeva al loro sostentamento in maniera continuativa".

Il requisito della vivenza a carico, precisano gli Ermellini, è stato interpretato dalla Corte di legittimità nel senso che "il contributo economico continuativo, del titolare della pensione, al mantenimento dell'inabile, deve avere avuto un ruolo non necessariamente esclusivo e totale ma concorrente in misura rilevante, decisiva e comunque, prevalente al sostentamento del discendente."

Nozione di vivenza a carico che è definita dal DPR n. 1124/1965, riferita alla diversa posizione di ascendenti e collaterali, nei seguenti termini: "… la vivenza a carico è provata quando risulti che gli ascendenti si trovino senza mezzi di sussistenza autonomi e sufficienti ed al mantenimento di essi concorreva in modo efficiente il defunto." Affinché vi sia vivenza a carico occorre quindi l'assenza di mezzi di sussistenza autonomi e il mantenimento del soggetto da parte del de cuius.

Per quanto riguarda in particolare l'assenza di mezzi sufficienti la Cassazione ha osservato che sono necessari requisiti quantitativi certi che garantiscano i figli inabili a carico, da identificarsi con un reddito che non superi quello richiesto dalla legge per il diritto alla pensione all'invalido civile totale.

La Corte territoriale quindi ha errato perché ha ritenuto non integrata la vivenza a carico solo in base al dato reddituale della figlia riferito al 2009 e al 2010, senza considerare che per il 2009 il limite di reddito per beneficiare della pensione di inabilità era pari a 14.886,28, mentre per il 2010 era di 15.154,24 euro. Il giudice di seconde cure avrebbe quindi dovuto valutare non solo il reddito, ma anche l'effettivo mantenimento della figlia da parte del genitore e in caso di esito positivo procedere all'accertamento della condizione sanitaria della richiedente.

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