Data: 05/11/2020 10:30:00 - Autore: Francesco Papa

La vittimizzazione secondaria

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L'evoluzione culturale dell'ordinamento internazionale, e nello specifico quella che ha riguardato la compagine europea, ha spinto i singoli Stati a dotarsi di apparati normativi sempre più sofisticati, finalizzati a perseguire, in toto, la tutela di alcuni diritti universalmente riconosciuti.

Da qui, ad esempio, l'intento del Consiglio dell'Unione Europea di operare una ricognizione normativa volta a fornire una risposta concreta alla neutralizzazione dei fenomeni di post-crime victimization ovvero di vittimizzazione secondaria. Si tratta di un fenomeno complesso che si riassume nelle ulteriori conseguenze negative a cui la persona, vittima di un reato, può essere esposta nel momento in cui sia costretta a rivivere, nell'esposizione dei fatti, gli eventi occorsi.

Provvedimenti UE sulle vittime del reato

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Il primo provvedimento di rilievo in proposito è rappresentato dalla Decisione Quadro 2001/220/GAI con la quale il Consiglio dell'Unione Europea ha inteso affrontare, concretamente, la posizione della vittima all'interno di un procedimento penale.

Si è trattato di un provvedimento che ha mostrato fin da subito la sua autorevolezza ed è risultato in grado di imporsi immediatamente negli ordinamenti interni, a prescindere dalla natura vincolante dell'atto stesso.

Ma, nonostante ciò, si è palesata sin da subito la necessità di porre in essere un ulteriore sforzo normativo.

Si è giunti così, nell'ottobre del 2012, alla direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, che, istituendo norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, è andata, de facto, a sostituire la decisione quadro 2001/220/GAI.

Normativa italiana: il d.lgs. n. 212/2015

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La direttiva del Parlamento Europeo, sopra richiamata, è stata recepita all'interno dell'ordinamento italiano attraverso il decreto legislativo numero 212 del 15 dicembre 2015 che, rafforzando la posizione, sia procedurale che processuale, della persona offesa, ha modificato sostanzialmente il codice di procedura penale, andando ad approntare sofisticati strumenti di tutela ed assistenza alla vittima del reato.

Nonostante le modifiche apportate al codice di rito, parte dell'opinione pubblica si è sentita a tratti tradita nel constatare come non si fosse raggiunta una tutela a 360°. L'attenzione processuale, difatti, non è stata accompagnata ad un'attenzione sostanziale volta a tutelare la vittima e capace di collegare le esigenze di sicurezza individuale e collettiva, la preoccupazione per le conseguenze sociali del reato e quelle imprescindibili di garanzia processuale verso l'accusato.[1]

La normativa sul Codice Rosso

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Tuttavia, il 9 agosto 2019 il panorama giuridico italiano è stato interessato, in tema di delitti di violenza domestica e di genere, da un'importante svolta normativa volta a tutelare fin dai primi momenti le vittime delle suindicate condotte.[2] Tale disposto normativo è stato varato con l'intento di tutelare una categoria di persone che, per età, differenza di sesso, condizione fisica e psicofisica, si trovano in uno stato di vulnerabilità facilmente sfruttabile da parte del reo.

Nonostante la legge abbia portato innumerevoli risvolti positivi nel nostro ordinamento, maturando nelle vittime la consapevolezza di avere le istituzioni al loro fianco e de facto l'incentivo a segnalare alle Autorità Competenti quelle vessazioni che per tanti anni sono state subite e mai denunciate, non si è ancora fornita la giusta chiave di lettura al fenomeno della vittimizzazione secondaria.

Nello specifico, tra le grandi novità della c.d. Legge Codice Rosso, vi è stata quella di fornire maggiore impulso e quindi celerità nella comunicazione, all'Organo Inquirente, della Notitia Criminis[3].

Questa disposizione è stata, altresì, coordinata con un'ulteriore aggiunta al codice di rito tesa ad indirizzare il Pubblico Ministero ad escutere la vittima entro tre giorni dalla commissione del reato[4].

Il vulnus nella tutela del fenomeno della post-crime victimization potrebbe essere ravvisato proprio in questa disposizione. Una disposizione sorta per un fine di protezione che, in determinate situazioni, potrebbe trasformarsi in un'arma a doppio taglio.

Nello specifico una vittima che riesca a trovare il coraggio di denunciare una violenza patita non dovrebbe esser messa nelle condizioni di rivivere nuovamente, a pochi giorni dall'esposizione dei fatti, il trauma.

La speranza di una riforma

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Pertanto sarebbe auspicabile una rivisitazione di questo aspetto normativo e far si che ciò che al momento ha un carattere generale, la (ri)escussione della persona offesa entro 72 ore, venga convertito in una disposizione a carattere particolare.

Ne consegue, quindi, che la possibilità di neutralizzare tali aspetti sarebbe convogliata, allo stato attuale, nell'esclusiva discrezionalità dell' Autorità Giudiziaria, alla quale viene fornita l’opportunità di deferire a tale disposizione unicamente nell'eventualità che sussistano imprescindibili esigenze… anche nell'interesse della persona offesa.

L'estirpazione degli effetti della post - crime victimization e un allineamento sempre maggiore alle direttive Europee ed internazionali passano proprio da questi minimi ma significativi accorgimenti normativi.


[1] Prime osservazioni al decreto legislativo sulle vittime di reato di Marco Bouchard -Giudice del Tribunale di Livorno.

[2] Codice Rosso - Celerità e procedure operative - Francesco Papa.

[3] Modifica apportata al comma 3 dell'art 347 del Codice di Procedura Penale. Nello specifico è stato introdotto che in caso "di uno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 612-bis e 612-ter del codice penale, ovvero dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del medesimo codice penale, e, in ogni caso, quando sussistono ragioni di urgenza, la comunicazione della notizia di reato è data immediatamente anche in forma orale. Alla comunicazione orale deve seguire senza ritardo quella scritta con le indicazioni e la documentazione previste dai commi 1 e 2".

[4] "Salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell'interesse della persona offesa". Art 362 c1 ter c.p.p.


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