Data: 05/11/2020 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Violazione degli obblighi di assistenza familiare

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La Cassazione con la sentenza n. 30452/2020 (sotto allegata) conferma la decisione della Corte d'Appello che, poco convinta della versione lacrimevole dei fatti narrata dal padre, lo condanna per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, poiché dalla sentenza di separazione lo stesso non solo non ha versato l'assegno mensile di 200 euro per il figlio, ma si è formato un'altra famiglia, disinteressandosi totalmente del primo figlio.

L'imputato in realtà all'inizio, viene assolto dal reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare contemplato dall'art 570 c.p. L'accusa è di non aver versato l'assegno mensile di 200 euro in favore del figlio da febbraio 2012 fino alla data dell'udienza dell'8.06.2015. Il giudice ha assolto il genitore perché in corso di causa è stato accertato che lo stesso era stato impossibilitato a provvedere al figlio, al quale in ogni caso non erano mancati i mezzi di sussistenza.

La parte civile e il Pm però decidevano di ricorrere in appello e la Corte, accogliendo le loro istanze, riformava la sentenza, condannando l'imputato per il reato da cui era stato assolto in primo grado, condannandolo alla pena della reclusione per due mesi e alla multa di 150 euro.
La Corte decideva per la condanna del genitore ritenendo fondate e attendibili le dichiarazioni della persona offesa, confermate anche dalla documentazione probatoria prodotta, la quale dichiarava come l'imputato non aveva mai adempiuto agli obblighi imposti a suo carico in sede di separazione, nonostante lavorasse come dipendente ed effettuasse lavori in "nero". Situazione che l'aveva costretta a farsi carico per intero dei bisogni del figlio. Il disinteresse protratto nei confronti del figlio inducevano infine la Corte a negare all'imputato anche le attenuanti generiche.

Se al figlio provvede la madre non c'è reato

L'imputato però non soddisfatto dell'esito del giudizio di appello ricorreva in Cassazione sollevando i seguenti motivi.
  1. Con il primo motivo contestava la commissione del reato ascritto, in quanto la Corte non ha tenuto conto né della sua situazione economica né dell'assenza dello stato di bisogno del figlio, visto che alle sue necessità provvedeva la madre.
  2. Con il secondo invece contestava la valutazione delle testimonianze operata dal giudice alla luce delle contraddizioni presenti nella testimonianza della persona offesa, che risultavano in contrasto con la versione fornita da un teste, il quale dichiarava che l'imputato conduceva uno stile di vita pessimo e che lo stesso in diverse occasioni gli aveva addirittura prestato del denaro per sopravvivere.
  3. L'imputato infine lamentava di non comprendere le ragioni per le quali gli sono state negate le attenuanti generiche, stante la sua incensuratezza, lo stato depressivo e le difficoltà economiche a cui era andato incontro in quel periodo.

Niente attenuanti per il padre che si disinteressa del figlio

La Corte di Cassazione però, poco convinta della versione dei fatti fornita dall'imputato, dichiara il ricorso inammissibile.

Per gli Ermellini la sentenza di condanna dell'imputato della Corte d'Appello è corretta in fatto e diritto e rispetta quanto emerso dai documenti e dalle prove orali. Logica appare quindi l'affermazione della Corte per cui "l'omissione totale delle contribuzioni da parte dell'imputato ha fatto venire meno i pur strettamente necessari mezzi di sussistenza al figlio minore (per soddisfarne le elementari esigenze di vita, il quale versava in un obiettivo e incontroverso stato di bisogno proprio in ragione della minore età." Del resto il minore, proprio perché tale, non è in grado di produrre un reddito proprio. Lo stato di bisogno quindi è presunto, senza che rilevi che ai suoi bisogni provveda l'altro genitore o intervengano terze persone. La Corte ha inoltre evidenziato, contrariamente a quanto affermato dall'imputato, che lo stesso si era ricostruito un nuovo nucleo familiare e che era "indifferente alle esigenze del primo figlio".

Infondato il secondo motivo, perché le dichiarazioni della persona offesa non necessitano di riscontri esterni. Esse possono, da sole, essere poste a fondamento della responsabilità dell'imputato se il dichiarante e il suo racconto risultano attendibili.

Manifestamente infondato in ultimo il motivo relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche, motivata dalla Corte come conseguenza del "protratto disinteresse nei confronti del figlio", che le condizioni economiche, lo stato depressivo addotto e l'incensuratezza, non sono riusciti a scalfire.

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