Data: 02/12/2020 12:00:00 - Autore: Luisa Claudia Tessore

Cos'è il brevetto

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Il brevetto, forma più complessa di tutela della proprietà intellettuale, protegge le invenzioni, laddove con invenzione s'intende un apparato od un processo che risolve un problema tecnico.

Due concetti di significato diverso ma tra loro strettamente connessi.

Un brevetto è un diritto esclusivo, garantito dallo Stato, in forza del quale viene conferito un monopolio temporaneo di sfruttamento, in relazione ad un'invenzione nuova suscettibile di applicazione industriale nella quale si palesa un'attività inventiva. L'art. 45 del Codice della Proprietà Industriale (C.P.I.) recita: "possono costituire oggetto del brevetto per invenzione le invenzioni nuove che implicano un'attività inventiva e sono atte ad avere un'applicazione industriale".

Nel linguaggio tecnico dei brevetti, un'invenzione è generalmente definita come una soluzione nuova ed innovativa in risposta ad un problema tecnico. Tale invenzione può fare riferimento alla creazione di un congegno, prodotto, metodo o procedimento completamente nuovo o può semplicemente rappresentare un miglioramento di un dato prodotto o procedimento già esistente. Quindi, generalmente, la mera scoperta di qualcosa che già esiste in natura non può essere qualificata come un'invenzione; perché si possa parlare di invenzione devono sussistere ingegno, creatività ed inventiva.

Definizione normativa

Come già sopra definito, il brevetto è un atto giuridico che costituisce titolo per l'artefice di un'invenzione di esercitare su di essa un diritto esclusivo per un certo arco di tempo ed in un certo territorio, escludendo altri dal suo sfruttamento e potendo da essa trarne un profitto.

Il dispositivo dell'art. 66 del Codice della Proprietà Industriale (D.lg. 30/2005) afferma: [2]

1. I diritti di brevetto per invenzione industriale consistono nella facoltà esclusiva di attuare l'invenzione e di trarne profitto nel territorio dello Stato, entro i limiti ed alle condizioni previste dal presente codice.

2. In particolare, il brevetto conferisce al titolare i seguenti diritti esclusivi:

a) se oggetto del brevetto è un prodotto, il diritto di vietare ai terzi, salvo consenso del titolare, di produrre, usare, mettere in commercio, vendere od importare a tali fini il prodotto in questione;

b) se oggetto del brevetto è un procedimento, il diritto di vietare ai terzi, salvo consenso del titolare, di applicare il procedimento, nonché di usare, mettere in commercio, vendere o importare a tali fini il prodotto direttamente ottenuto con il procedimento in questione.

Innovazione brevettabile

Ai sensi del predetto Codice, per essere considerata brevettabile, un'invenzione deve avere i seguenti requisiti:

  • presentare un carattere tecnico (es. un prodotto, un processo od un dispositivo);
  • essere nuova (concetto di novità): un'invenzione è considerata nuova se non già compresa nello stato della tecnica, ovvero tutto ciò che è stato reso accessibile al pubblico, nel territorio dello Stato od all'estero, prima della data di deposito della domanda di brevetto, mediante una descrizione scritta od orale, un'utilizzazione od un qualsiasi altro mezzo;
  • essere originale (attività inventiva): "Un'invenzione è considerata come implicante un'attività inventiva se, per una persona esperta del ramo, essa non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica." ;
  • essere applicabile industrialmente (industrialità): "Un'invenzione è considerata atta ad avere un'applicazione industriale se il suo oggetto può essere fabbricato od utilizzato in qualsiasi genere di industria, compresa quella agricola." ;
  • avere il carattere della liceità: "Non possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni la cui attuazione è contraria all'ordine pubblico od al buon costume." Questo requisito è rilevante soprattutto per le invenzioni biotecnologiche.

Esclusione

Ciò posto, sono ad esempio esclusi dalla tutela brevettuale, in quanto ritenuti contrari all'ordine pubblico ed al buon costume:

  • i procedimenti di clonazione di esseri umani;
  • i procedimenti di modificazione dell'identità genetica germinale dell'essere umano;
  • le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali;
  • i procedimenti di modificazione dell'identità genetica degli animali atti a provocare su di loro sofferenze senza utilità medica sostanziale per l'uomo o l'animale, nonché gli animali risultanti da tali procedimenti;
  • la sufficiente descrizione: se l'invenzione può essere replicata da un esperto del ramo con un livello di conoscenza medio e sulla base delle indicazioni fornite nella domanda di brevetto l'invenzione è descritta in maniera sufficiente.

Tipologie di brevetto

Esistono due tipi di brevetto: il brevetto per invenzione industriale ed il brevetto per modello di utilità.

Il brevetto per invenzione industriale è la forma di protezione più forte che viene concessa a quei trovati che hanno un alto grado di innovazione ma che, soprattutto, rappresentano una soluzione nuova ed originale ad un problema tecnico mai risolto prima. Il brevetto per invenzione ha una durata di 20 anni a decorrere dalla data del deposito della domanda e non può essere rinnovato alla scadenza.

Oltre al brevetto per invenzione industriale, il nostro sistema giuridico, come detto, prevede un'altra forma di tutela brevettuale: il brevetto per modello di utilità o modello industriale.

L'art. 82 del Codice della Proprietà Industriale stabilisce che "possono costituire oggetto di brevetto per modello di utilità i nuovi modelli atti a conferire particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego di macchine o parti di esse, strumenti, utensili ovvero oggetti di uso in genere, quali i nuovi modelli consistenti in particolari conformazioni, disposizioni, configurazioni o combinazioni di parti …".

Il brevetto per modello di utilità ha efficacia dieci anni.

Il modello di utilità quindi consiste nella "forma nuova di un prodotto industriale, idonea a conferire al prodotto stesso una particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego".

Perciò per essere protetto come modello di utilità è necessario che il prodotto industriale presenti i seguenti requisiti: sia nuovo ed originale e che abbia particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego ed ovviamente sia lecito.

Titolare del brevetto

Il diritto al brevetto spetta all'autore dell'invenzione od ai suoi aventi causa.

Il titolare del brevetto non sempre, infatti, coincide con l'inventore. E' il caso in cui l'inventore sia un dipendente, mentre il titolare del brevetto sia l'azienda presso cui è impiegato. Se i diritti di sfruttamento patrimoniale del prodotto o procedimento spettano al titolare del brevetto e possono essere ceduti, non si può invece cedere il titolo di inventore, che deve rimanere associato a chi ha effettuato la scoperta. [3]

L'invenzione

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Viene considerata invenzione ogni soluzione nuova ed originale di un problema tecnico mai risolto in precedenza, o risolto in altro modo, suscettibile di concreta applicazione industriale.

Non sono considerate invenzioni: le scoperte, le teorie scientifiche, i metodi matematici, le presentazioni di informazioni, il software in quanto tale, i metodi di terapia e diagnosi, le varietà vegetali, le razze animali.

La normativa vigente in Italia non offre una vera e propria definizione di invenzione.

Secondo l'art. 2585 del Codice Civile sono invenzioni brevettabili: "un metodo o un processo di lavorazione industriale, una macchina, uno strumento, un utensile od un dispositivo meccanico, un prodotto d un risultato industriale, l'applicazione tecnica di un principio scientifico, purché essa dia immediati risultati industriali".

Le invenzioni si possono suddividere in tre categorie fondamentali: invenzione di prodotto, di procedimento (o processo), di impiego o nuovo uso.

Un'invenzione può riguardare:

  • un bene materiale tangibile, ad es. uno strumento, una macchina, un composto chimico o farmaceutico o biotecnologico, una formulazione (invenzione di prodotto);
  • un'idea non materiale, quali ad es. una nuova procedura industriale o un metodo di lavorazione per la realizzazione di prodotti (invenzione di procedimento);
  • nuovi metodi per utilizzare (o usi) un bene materiale conosciuto (invenzione di impiego o nuovo uso).[4]

Brevettabilità dei farmaci: prime normative

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Negli ultimi decenni la ricerca nel settore biomedico è stata condotta in prevalenza dall'industria farmaceutica. Da ciò è derivata la necessità di tutelare con il brevetto sui farmaci gli investimenti effettuati, per evitare lo sfruttamento dell'invenzione da parte delle concorrenti dell'impresa innovatrice, vanificandone così i profitti e gli eventuali re-investimenti.

In Italia i farmaci sono brevettabili dal 1978.

Il timore di derive illecite, in quanto contrarie alla morale od all'etica pubblica ha tuttavia fatto sì che il percorso per la concessione della tutela brevettuale in campo farmaceutico sia stato accidentato.

La legge brevetti italiana origina dal Regio Decreto n. 1127, del 29/6/1939

Norma che si rivelò limitativa: il comma 1 dell'art. 14 vietava infatti in toto la tutela dei medicamenti. Tale norma, riprendeva la legge piemontese n. 782 del 12 marzo 1855; nella relazione che precedette la legge, l'opposizione alla brevettabilità dei medicamenti trovò la giustificazione nell'affermazione che: "quale ambito premio all'attività inventiva, bastasse agli autori la gloria di averli scoperti a sollievo dell'umanità sofferente"; a ciò si aggiunse il timore di eventuali speculazioni monopolistiche che portò a tentare di estendere il divieto di brevettazione non solo ai prodotti farmaceutici ma anche ai processi relativi alla loro fabbricazione; le opposizioni, tuttavia, pur affermando essere pienamente legittimo il divieto di privativa per i medicinali, sostennero che il medesimo divieto non fosse invece giustificabile in ordine ai loro processi di fabbricazione, in quanto avrebbe eliminato ogni incentivo alle invenzioni, arrestando in ultima analisi il progresso scientifico.

Il risultato fu che la legge 782, se da una parte nell'articolo 6 sanciva che non potevano formare oggetto di privative industriali i medicamenti in quanto la loro brevettazione ne avrebbe intralciato la produzione ed il commercio con danno della salute pubblica, dall'altra stessa rimaneva silente in ordine alla brevettabilità dei processi, facendo nascere una serie di interpretazioni contrastanti.

Il rifiuto di rilascio dei brevetti farmaceutici

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La preclusiva al brevetto dei procedimenti fu comunque costantemente seguita dall'Ufficio Brevetti che rifiutò sempre il rilascio di brevetti per i processi di medicamenti.

Il Governo, in forza della delega ad emanare norme legislative di riforma delle disposizioni sulla proprietà industriale ottenuta con legge del 25 novembre 1926, n. 2032, emise il R. D. 13 settembre 1934, n. 1602, che, nell'articolo 16, dispose espressamente la brevettabilità dei procedimenti medicinali.

Tuttavia, essendo tale decreto condizionato alla pubblicazione del regolamento di esecuzione (art. 134), e non essendo stato questo regolamento mai emanato, non entrò mai in vigore. In seguito alla facoltà conferita al Governo con R. D. legge 24 febbraio 1939, n. 317, convertito in legge 2 giugno 1939, n. 739, di attuare in via graduale le norme contenute nel decreto 13 settembre 1934, n. 1602, fu emanato il R. D. 29 giugno 1939, n. 1127, che, nell'articolo 14, dispose espressamente che non possono costituire oggetto di brevetto i medicamenti di qualsiasi genere, né i processi per la loro produzione. [5]

La successiva ammissione

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Seguirono negli anni altre sentenze e progetti di legge fino ad arrivare alla sentenza della Corte di Cassazione n. 20 del 9 marzo 1978 che segnò il cambio di orientamento in Italia, dichiarando l'incostituzionalità del primo comma dell'art. 14 e quindi aprendo la strada alla creazione del brevetto in campo farmaceutico.

Nel proprio provvedimento la Suprema Corte valutò che le motivazioni che spinsero la Commissione parlamentare ad escludere i prodotti farmaceutici dalla brevettabilità non risultavano più attuali: gli arcaici metodi di produzione erano stati superati con l'industrializzazione.

La Corte rinvenne quindi il superamento degli ostacoli precedenti e valutò che:

  • il 1° comma dell'art. 14 violava l'art. 3 della Costituzione "per l'ingiustificato sacrificio di diritti anche di particolare valore morale che determinerebbe";
  • l'art. 9 in quanto il brevetto garantisce anche un'incentivazione patrimoniale e l'impossibilità d'applicarlo in tale materia "intralcerebbe la ricerca scientifica e tecnica nel campo dei medicamenti, dissuadendo l'industria farmaceutica dall'effettuarvi i necessari investimenti";
  • gli artt. 41, 42 e 43 in quanto, oltre a negare i diritti patrimoniali, "impedivano l'attribuzione dell'invenzione all'ideatore od agli aventi diritto, relegandoli, in contrasto con la legge superiore, nell'oblio e lasciando il settore della ricerca non regolato".

Il Decreto Regio così rielaborato stabilì per le invenzioni farmaceutiche, in conformità con la durata del brevetto in altri campi, una tutela brevettuale di 20 anni.

Il certificato di protezione supplementare

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La nuova normativa, affinché fosse concesso il brevetto, richiedeva solamente che il richiedente avesse il principio attivo, ne conoscesse la funzione e ne dimostrasse, anche solo con simulazioni, almeno una modalità di somministrazione, la quale però non sarebbe stata vincolante per il prodotto finale.

La richiesta della tutela, compiuta in una fase tanto iniziale della sperimentazione, comportava tuttavia che, a seguito della domanda di brevettazione, l'industria farmaceutica dovesse ancora sostenere gran parte della sperimentazione clinica, con un notevole impegno economico e temporale. Inoltre, conclusa la fase sperimentale, prima che un farmaco potesse essere messo in commercio doveva, come è oggi, ottenere l'Autorizzazione per l'Immissione in Commercio (A.I.C.) con la conseguenza di dover sostenere un'ulteriore spesa dell'arco temporale tutelato, senza che tale tutela offrisse i vantaggi economici a cui era preposta.

La prima importante riforma della materia a livello comunitario avvenne l'anno successivo per mezzo della Comunità Economica Europea che disciplinò il brevetto in campo farmaceutico con il regolamento n. 1768 del 18 giugno 1992, entrato in vigore il 1 gennaio 1993 e recepito in Italia il 1 gennaio 1994, attraverso cui venne introdotto il Certificato di Protezione Supplementare, allo scopo di recuperare almeno gli anni utilizzati per ottenere l'A.I.C. (fino ad un massimo di 5 anni)

Un SPC (Supplementary Protection Certificate) può essere concesso sia su un brevetto corrispondente ad un prodotto, che ad un procedimento o ad una indicazione terapeutica (od uso), ma solo relativamente al principio attivo oggetto dell'A.I.C.

La normativa italiana in tale campo ha infine compiuto un ultimo intervento legislativo con la legge n. 112 del 15 giugno 2002, tesa a riallineare la durata del Certificato di Protezione Complementare con quello introdotto a livello europeo.

"Al fine di adeguare progressivamente la durata della copertura brevettuale complementare a quella prevista dalla normativa comunitaria le disposizioni di cui alla legge 19 ottobre 1991, n. 349, ed al regolamento (CEE) n. 1768/1992 del Consiglio, del 18 giugno 1992, trovano attuazione attraverso una riduzione della "protezione complementare" pari a sei mesi per ogni anno solare, a decorrere dal 1 gennaio 2004, fino al completo allineamento alla normativa europea. Le aziende che intendono produrre specialità farmaceutiche al di fuori della copertura brevettuale possono avviare la procedura di registrazione del prodotto contenente il principio attivo in anticipo di un anno rispetto alla scadenza della copertura brevettuale complementare del principio attivo." (Art. 3 – comma 8 - Testo del decreto-legge coordinato con la legge di conversione pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 15 giugno 2002) [6]

Brevetto in campo farmaceutico: una conquista

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Il divieto di brevettabilità dei farmaci venne ritenuto incostituzionale per l'eccessivo sacrificio che avrebbe determinato sull'investimento dei privati nella "ricerca scientifica e tecnica, essenziale ormai per assicurare l'ulteriore progresso nel settore della produzione farmaceutica"

La necessità dunque di garantire alle imprese di poter coprire i costi di investimento della ricerca scientifica fondò sull'idea che il brevetto fosse necessario alla "attribuzione e commisurazione dell'esclusiva nei limiti necessari a garantire la funzione di remunerazione di attività e investimenti dedicati all'innovazione e obiettivi vari in specifici risultati direttamente utilizzabili a fini industriali". [7]

Non fu così per Albert Bruce Sabin che con l'affermazione: "Tanti insistevano che brevettassi il vaccino, ma non ho voluto. È il mio regalo a tutti i bambini del mondo" comunicò al mondo di non voler brevettare la sua invenzione, rinunciando allo sfruttamento commerciale da parte delle industrie farmaceutiche: il prezzo di conseguenza contenuto avrebbe garantito una più vasta diffusione della cura.

Dalla realizzazione del suo diffusissimo vaccino anti-polio il filantropo Sabin non guadagnò nulla e continuò a vivere dello stipendio di professore universitario.

dott.ssa Luisa Claudia Tessore


Note bibliografiche

[1] R.D. 29 giugno 1939 n. 1127 - allegato

[2] "Codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo 15 della legge 12 – allegato

Il Codice della proprietà industriale (CPI), emanato con Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, ha introdotto nel sistema italiano una disciplina organica e strutturata in materia di tutela, difesa e valorizzazione dei diritti di proprietà intellettuale, riordinando e accorpando oltre 40 testi normativi tra leggi e provvedimenti, conseguenti in particolare all'adeguamento delle norme italiane ai regolamenti comunitari ed alle disposizioni delle convenzioni internazionali a cui l'Italia ha aderito.

[3] Punto Cartesiano – Le Guide

[4] Ufficio Italiano Brevetti e Marchi - Ministero dello sviluppo economico

[5] LEGISLATURA IV - 1963-65 — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

[6] Ghidini - Profili evolutivi del diritto industriale, 2015.

[7] Cit. Corte Cost. 20 marzo 1978, n. 20.


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