Data: 02/12/2020 12:00:00 - Autore: Pier Vincenzo Garofalo

Rapporto di lavoro e trasferimento d'azienda

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L'art. 2112 c.c. comma 1, dispone che: "in caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano".

Nel successivo comma 5, il legislatore offre la definizione del concetto di "trasferimento", nozione che torna senz'altro utile per comprendere la portata del fenomeno successorio e le possibili conseguenze legali sul rapporto di lavoro: "Si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l'usufrutto o l'affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento".

Non assume alcuna rilevanza giuridica il mezzo usato per il trasferimento.

È, infatti, insegnamento costante della Suprema Corte di Cassazione, tra le tante, Cass. sez. lavoro n. 6388 del 19 aprile 2003, che la fattispecie "trasferimento" prescinde dall'esistenza di un rapporto contrattuale, assumendo esclusivo rilievo non il mezzo giuridico in concreto impiegato, ma soltanto il fatto che il nuovo imprenditore diventi titolare del complesso organizzato e funzionale di beni […] in tutti i casi in cui la struttura organizzativa e l'attitudine all'esercizio dell'impresa rimangano immutate, nonostante il mutamento del titolare, il rapporto di lavoro non si interrompe (1).

Trasferimento d'azienda o di ramo d'azienda: quando si configura

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Si configura l'ipotesi di trasferimento d'azienda o di ramo d'azienda, ogniqualvolta si trasferiscano non trascurabili strutture materiali organizzate o, comunque, di elementi idonei a conferire autonoma capacità operativa alle maestranze (Cass. 24972/2016). Sicché, il trasferimento di azienda è realizzabile, sempre che si abbia un passaggio dei beni di non trascurabile entità, anche in due fasi per effetto dell'intermediazione di un terzo (Cass. 26215/2006). La struttura organica dell'azienda o di un suo autonomo ramo, anche se separatamente ceduto, non deve cessare di costituire un'entità organizzata e cioè un complesso di beni e di rapporti unificati dalla volontà del titolare in vista dello scopo produttivo perseguito. Non deve in sostanza trattarsi di un'alienazione parziale o di più elementi privi di unificazione (Cass. 6452/2009; Cass. 5932/2008; Cass. 2887/1992).

Precisa la Cassazione, nella recente pronuncia n. 29422/2017: costituisce trasferimento d'azienda ai sensi dell'art. 2112 c.c., qualsiasi operazione che comporti il mutamento della titolarità di un'attività economica qualora l'entità oggetto del trasferimento conservi, successivamente allo stesso, la propria identità, da accertarsi in base al complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano la specifica operazione (tra cui il tipo d'impresa, la cessione o meno di elementi materiali, la riassunzione o meno del personale, il trasferimento della clientela, il grado di analogia tra le attività esercitate).[1]

Ancora, secondo Cass. civ. n. 28593/2018, costituisce elemento costitutivo della cessione l'autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere, autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario, il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell'ambito dell'impresa cedente, situazione ravvisabile (quando non occorrano particolari mezzi patrimoniali per l'esercizio dell'attività economica) anche rispetto ad un complesso stabile organizzato di persone, addirittura in via esclusiva, purché dotate di particolari competenze e stabilmente coordinate ed organizzate tra loro, così da rendere le loro attività interagenti e idonee a tradursi in beni e servizi ben individuabili. (Nella specie, è stata ritenuta illegittima l'esternalizzazione dei servizi di gestione della corrispondenza e dell'archivio perché si era risolta in una mera parcellizzazione di attività dell'originaria cedente, in assenza di alcuna effettiva consistenza aziendale).

Legittimazione passiva del cedente e del cessionario

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In tema di trasferimento d'azienda, l'effetto estintivo del licenziamento illegittimo intimato in epoca anteriore al trasferimento medesimo, quanto meramente precario e destinato ad essere travolto dalla sentenza di annullamento, comporta che il rapporto di lavoro ripristinato tra le parti originarie si trasferisce, ai sensi dell'art. 2112 cod. civ., in capo al cessionario. Il cessionario è pertanto legittimato passivamente rispetto alla domanda di impugnativa del licenziamento proposta dal lavoratore (Cass. 26401/2014).

Sussiste altresì, la legittimazione passiva del cedente che ha intimato il recesso, la cui posizione, in tema di responsabilità, non è inscindibile da quella del cessionario, che, tuttavia, può essere chiamato in causa dal cedente, in quanto soggetto effettivamente e direttamente obbligato alla prestazione pretesa dal lavoratore, con effetto di estensione automatica della domanda nei suoi confronti (Cass. civ. n. 11420/2018).

Poteri disciplinari del cessionario per fatti precedenti la cessione

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In tema di trasferimento di azienda, deriva dall'art. 2112 c.c. che i mutamenti nella titolarità dell'azienda non interferiscono con rapporti di lavoro già intercorsi con il cedente, che continuano a tutti gli effetti con il cessionario, con la conseguenza che questi subentra in tutte le posizioni attive e passive facenti capo al cedente. Ne consegue che il cessionario può esercitare i poteri disciplinari inerenti il rapporto di lavoro per fatti precedenti la cessione dell'azienda (Cass. civ. n. 20221/2007).

Trasferimento o licenziamento illegittimo

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Cosa succede alle somme percepite dal lavoratore a titolo di retribuzione?

Nell'ipotesi di cessione di ramo d'azienda dichiarata illegittima, le erogazioni patrimoniali, eventualmente commisurate alle mancate retribuzioni, cui è obbligato il datore di lavoro cedente che non proceda al ripristino del rapporto lavorativo, vanno qualificate come risarcitorie, con conseguente detraibilità dell'"aliunde perceptum" che il lavoratore possa aver conseguito svolgendo una qualsiasi attività lucrativa (Cass. civ. n. 24817/2016). Il cedente può dunque eccepire la detrazione dell'aliunde perceptum che il lavoratore ceduto abbia percepito continuando a lavorare presso la società cessionaria o altro datore di lavoro (Cass., sez. lav. 16694/2018).

La circostanza che il lavoratore ingiustamente estromesso (così come quello ingiustamente licenziato) abbia, nelle more del giudizio, lavorato e percepito comunque un reddito (cd. "aliunde perceptum") rappresenta un fatto impeditivo della pretesa attorea e deve essere provato da colui che lo eccepisce, non da chi invoca il risarcimento, in applicazione del generale precetto di cui all'art. 2697 c.c. (Cassazione civile, sez. VI 24 gennaio 2020, n. 23227/2020).

Cosa succede alle somme percepite a titolo di disoccupazione?

In tema di "aliunde perceptum", le somme percepite dal lavoratore a titolo d'indennità di mobilità non possono essere detratte da quanto egli abbia ricevuto come risarcimento del danno per il mancato ripristino del rapporto ad opera del cedente a seguito di dichiarazione di nullità della cessione di azienda o di ramo di essa, atteso che detta indennità opera su un piano diverso dagli incrementi patrimoniali che derivano al lavoratore dall'essere stato liberato, anche se illegittimamente, dall'obbligo di prestare la sua attività, dando luogo la sua eventuale non spettanza ad un indebito previdenziale, ripetibile nei limiti di legge (Cass. civ. n. 7794/2017).


Avv. Pier Vincenzo Garofalo

(1) Idem Cass. civ. n. 12771/2012, la fattispecie del trasferimento di azienda regolata dall'art. 2112 c.c. ricorre tutte le volte che, rimanendo immutata l'organizzazione aziendale, vi sia soltanto la sostituzione della persona del titolare, indipendentemente dallo strumento tecnico-giuridico adottato essendo sufficiente, ai fini dell'integrazione delle condizioni per l'operatività della tutela del lavoratore, il subentro nella gestione del complesso dei beni organizzati ai fini dell'esercizio dell'impresa, ossia la continuità nell'esercizio dell'attività imprenditoriale, restando immutati il complesso di beni organizzati dell'impresa e l'oggetto di quest'ultima, costituendo un indice probatorio di tale continuità l'impiego del medesimo personale e l'utilizzo dei medesimi beni aziendali.


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