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Data: 03/12/2020 06:00:00 - Autore: Lucia Izzo
Compensi professionali in caso di transazione[Torna su] il Per calcolare il compenso dovuto all'avvocato, il giudice dovrà tenere conto dell'effettivo valore della controversia, come dichiarato nella domanda introduttiva del giudizio, anche qualora le parti siano giunte a una transazione per un minore importo, che risulta irrilevante se l'entità della lite non è presunta. Ancora, la procedura camerale di cui agli artt. 29 e 30 della legge 794/1942 è invocabile e applicabile anche per i compensi dovuti in ragione di prestazioni stragiudiziali realizzate in funzione strumentale all'attività propriamente processuale. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nell'ordinanza n. 27305/2020 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un'avvocatessa che, in sede giudiziaria, aveva richiesto la liquidazione di compensi e spese a seguito della rappresentanza e assistenza in giudizio della sua cliente, una congregazione religiosa, in procedimenti contro il Comune riguardanti la determinazione delle indennità di occupazione e di espropriazioni di immobili alla stessa spettanti. La congregazione, invece, aveva contestato l'ammontare delle spettanze dovute alla professionista legale per l'attività giudiziale prestata fino alla conclusione della complessiva controversia, a seguito di una transazione intercorsa tra le parti. Innanzi agli Ermellini, la professionista critica la decisione della Corte d'Appello per avere, nel determinare i compensi dovuti, erroneamente considerato, ai fini della determinazione del valore della causa presupposta, quello coincidente con l'importo individuato nell'atto di transazione, mentre avrebbe dovuto porre riferimento all'effettivo valore della controversia. Valore dichiarato nella domanda introduttiva[Torna su] Il Collegio condivide tale doglianza e precisa che, a fronte di un valore dichiarato nella domanda introduttiva, la Corte di appello non avrebbe potuto attribuire alla causa un diverso valore quale quello derivante dallo sviluppo del giudizio, e ciò anche in base alla prospettata transazione sopravvenuta. Sul punto, si richiama l'orientamento (cfr. Cass. SS.UU. n. 5615/1998 e Cass. n. 8660/2010) secondo cui, "in tema di liquidazione degli onorari professionali a favore dell'avvocato, l'art. 6 della tariffa trova applicazione soltanto in riferimento alle cause per le quali si proceda alla determinazione presuntiva del valore in base a parametri legali, e non pure allorquando il valore della causa sia stato in concreto dichiarato, dovendosi utilizzare in tale situazione, il disposto dell'art. 10 c.p.c., senza necessità di motivare in ordine alla mancata adozione di un diverso criterio". Dunque, per determinare il compenso professionale da riconoscere all'avvocato per le prestazioni rese fino alla formalizzazione della transazione, il giudice a quo non avrebbe potuto prendere in considerazione il valore asseritamente ritenuto congruo dalle parti, così come scaturente dall'intervenuta transazione. Il giudice del rinvio, conclude la Cassazione, dovrà attenersi al seguente principio "ai fini della liquidazione degli onorari professionali dovuti dal cliente in favore dell'avvocato, nel caso di transazione di una causa introdotta con domanda di valore determinato e, pertanto, non presunto in base ai criteri fissati dal codice di procedura civile, il valore della causa si determina avendo riguardo soltanto a quanto specificato nella domanda, considerata al momento iniziale della lite, restando irrilevante la somma realizzata dal cliente a seguito della transazione" (cfr. Cass. n. 1666/2017). Compensi e prestazioni stragiudiziali strumentali all'attività processuale[Torna su] Secondo la Cassazione, altro "errore" in cui è incorsa la Corte territoriale è quello di aver illegittimamente escluso di poter liquidare apposito compenso per le attività professionali da correlare alla conciliazione della lite sull'erroneo presupposto che l'accordo non era stato raggiunto in sede giudiziale. Deve, infatti, riteersi che le attività professionali eseguite per pervenire alla correlata transazione in via extragiudiziale avrebbero dovute qualificarsi come attività equiparabili a quelle giudiziali. Infatti, si legge nel provvedimento, anche se i compensi legali richiesti con la procedura di cui agli artt. 28-30 della legge n. 794/1942 (nella specie, applicabile "ratione temporis") sono, di norma, riconoscibili per le attività giudiziali, essi potranno essere invocati (con applicazione, perciò, dei medesimi criteri di quantificazione) anche per le prestazioni stragiudiziali realizzate in funzione strumentale o complementare all'attività propriamente processuale, ovvero l'assistenza e rappresentanza giudiziale. Ed è quanto avvenuto nel caso di specie dove, in virtù dell'attività svolta dalla ricorrente, si era giunti anche a una transazione extragiudiziale.
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