Data: 15/12/2020 11:00:00 - Autore: Law In Action - di P. Storani
Torna sulle colonne di LIA Law In Action l'insigne giurista, pubblicista, Dott. Domenico Potetti, adibito alla Sezione GIP-GUP del Tribunale di Macerata, che, in un'inedita sentenza del 21 ottobre 2020, affronta la problematica della determinazione della pena e della sussistenza dell'ipotesi lieve in fattispecie di detenzione di sostanze stupefacenti in parte destinate a uso proprio, in parte alla cessione.
Buona lettura e un particolare ringraziamento al Dott. Potetti per il prestigioso apporto alla rubrica di Studio Cataldi.

TRIBUNALE DI MACERATA, 21 ottobre 2020, Sezione GIP/GUP, giudice Domenico Potetti, imp. X ed X
Nel caso di detenzione di sostanza stupefacente destinata in parte ad uso proprio ed in parte alla cessione, è necessario stabilire quanta di detta sostanza sia detenuta per il consumo personale (e sia, quindi, da ritenere scriminata) e quanta parte sia, invece, destinata allo spaccio, ai fini della entità della pena e della sussistenza dell'ipotesi lieve di cui all'art. 73, comma quinto, del DPR 309 del 1990; e a tale proposito l'onere della prova grava sul pubblico ministero.

Nel caso di intervento della polizia in ambito familiare, e di occultamento della droga da parte del coniuge, la distinzione fra concorso in detenzione di droga e delitto di favoreggiamento va effettuata tanto sulla base dell'elemento psicologico (occorrendo verificare la sussistenza del dolo di concorso nella detenzione ovvero di quello di favoreggiamento), quanto di quello oggettivo (esaminando se la condotta del coniuge si risolva in un contributo alla protrazione della situazione antigiuridica, il che non avviene se la droga sia stata immediatamente trovata e sequestrata dalla polizia).


Omissis

1) I fatti in sintesi.

1.1 Gli operanti della PG, a seguito di notizia confidenziale ricevuta da personale della sez. Antidroga, che riferiva di un'attività di spaccio di droga posta in essere dal…, nella serata del 4 dicembre 2019 si appostavano sotto l'abitazione dello stesso, … dove (così si era appreso) lo stesso effettuava la predetta attività di spaccio di cocaina.

Pertanto, verso le ore 20.20, appostati sotto l'abitazione …, la PG vedeva il … uscire di fretta dalla porta secondaria della palazzina.

Gli operanti si qualificavano come operatori di polizia, spiegavano le ragioni dell'attività di P.G., e procedevano al suo controllo.

Contestualmente il …, vista la situazione, chiamava la moglie …, la quale subito si affacciava al balcone del terrazzo.

Il marito le diceva che la polizia lo stava fermando e controllando.

Contestualmente, altro personale di PG, posto nella parte anteriore dell'abitazione, poteva vedere la donna nel mentre si affacciava dalla finestra della camera posta dalla parte opposta dell'appartamento, controllando se l'abitazione fosse circondata dalla Polizia; quindi la si vedeva rientrare immediatamente.

Gli operanti salivano in fretta le tre rampe di scale e quindi, entrati all'interno dell'abitazione, procedevano a perquisizione personale e successivamente domiciliare, anche servendosi di unità cinofilia.

II … veniva subito trovato con in tasca la somma di 2000 (duemila) euro in banconote di vario taglio (100, 50, 20).

All'interno dell'ambiente cucina, riposta dentro uno scaffale, si notava subito la presenza di una macchina per sigillare prodotti (termo – saldante), con un rotolo già montato sulla stessa ed un rotolo nuovo.

Accanto alla stessa c'era un bilancino elettronico funzionante, con scansione del peso da un grammo fino a tre chilogrammi.

All'interno della camera matrimoniale dei due coniugi, da dove si era vista affacciarsi la donna, si notava un cassetto del comodino aperto, con all'interno un coltello da cucina di grandi dimensioni….

A tal punto si faceva intervenire l'unità cinofila ed il cane antidroga indicava subito il comodino.

Ritenendo che nel poco tempo trascorso per l'intervento in casa la moglie convivente … potesse aver nascosto quanto ricercato sulla sua persona, visto che il marito al momento del controllo aveva avuto modo di segnalarle il controllo di Polizia in corso, si provvedeva a far avvicinare il cane antidroga alla stessa donna.

Infatti, il cane segnalava con insistenza la donna la quale veniva accompagnata in una stanza separata, dove il personale femminile procedeva alla sua perquisizione, tanto che nel reggiseno della stessa si rinvenivano n. 5 involucri termo saldati contenenti sostanza in forma di "sasso", di colore bianco.

Successivamente, sottoposta a narco test, la sostanza risultava essere cocaina (dalle successive analisi risulteranno: peso netto grammi 24,86; purezza media 61,29%; principio attivo mg. 15237; dosi ottenibili 102).

Si rinveniva inoltre una busta termosaldata contenente denaro contante per l'ammontare di 2000 (duemila) euro in banconote di diverso taglio (100/50/20).

A questo punto, il …, appreso del rinvenimento della droga e del denaro sulla persona della moglie, reagiva violentemente verso gli operatori di polizia, tanto da scagliarsi contro di loro con forza.

Quattro operatori di polizia rovinavano a terra nel tentativo di bloccarlo.

La violenza del … si protraeva per circa cinque minuti, nonostante l'impegno di ben cinque operatori, fino a quando l'uomo veniva ammanettato alle mani e bloccato alle gambe.

La PG riferiva che i predetti coniugi, in territorio italiano da moltissimi anni, parlano e comprendono perfettamente la lingua italiana.

In sintesi, si procedeva al sequestro di quanto segue:

- n. 5 buste di plastica termosaldate contenenti sostanza stupefacente del tipo cocaina per un peso lordo di 40 (quaranta) grammi (5 buste da 8 grammi cadauna).

- la somma di 2000 euro in banconote di vario taglio (100/50/20/10), contenute in una busta termosaldata.

Il sopra elencato materiale veniva rinvenuto sulla persona di ….

- la somma totale di 2000 euro in banconote di vario taglio (100/50/20) custodite all'interno del giaccone indossato dal ….

- un apparecchio termo saldante, un rotolo di plastica per macchina termosaldante, una bilancia elettronica con scansione da 1 grammo a 3 chilogrammi, rinvenuti in cucina ed utilizzati per sigillare – confezionare sia il denaro che lo stupefacente;

- un coltello da cucina di 35 cm nella camera da letto matrimoniale dei coniugi sopra il comodino.

°°°

1.2 … spontaneamente dichiarava alla PG quanto segue (in sintesi):

- La cocaina confezionata sottovuoto in involucri termosaldati e il denaro chiuso in busta sigillata termosaldata, occultati nel suo reggiseno non erano suoi, ma di suo marito ….

- Affacciatasi, aveva visto il marito circondato da alcune persone e aveva subito pensato che si trattava della polizia; così a quel punto iniziava a cercare in camera da letto all'interno dei cassetti, perché sapeva che in casa c'era della droga.

- Trovava la droga nel cassetto del comodino, accanto alla finestra, dove la PG aveva trovato quel coltello di grosse dimensioni, e all'interno del cassetto c'era anche il denaro sottovuoto che le era stato trovato.

- Tutto ciò che aveva preso aveva pensato di occultarlo nel suo reggiseno, pensando di potere in qualche modo aiutare …, evitando che andasse di nuovo in carcere.

°°°

1.3 A seguito dell'arresto, in udienza di convalida l'imputato … dichiarava che la cocaina era sua, avendola acquistata a Macerata, vicino a casa sua, da uno straniero del quale non conosceva il nome, pagandola € 1.500,00, e ciò per farne uso personale.

Anche la donna, pure lei arrestata, rispondeva all'interrogatorio in udienza di convalida.

Dichiarava che nell'occasione era stata presa dal panico, e aveva iniziato a rovistare nei cassetti di casa.

Non sapeva che ci fosse la droga in casa, e quando l'aveva trovata aveva pensato di nasconderla.

Non pensava che il marito, dopo il precedente arresto per droga, si fosse nuovamente rifornito di cocaina, e non sapeva neppure dei 2.000,00 euro avvolti nel cellophane.

omissis

°°°

2) La questione di responsabilità di ….

2.1 Riguardo ai fatti storici contestati al suddetto imputato non si pongono difficoltà nel ritenerne l'indubbia esistenza.

Egli ha reso confessione in ordine alla sostanza stupefacente, mentre la resistenza ai pubblici ufficiali viene riferita dalla polizia giudiziaria, senza che sia consentito alcun ragionevole dubbio.

Per quanto riguarda l'asserita destinazione all'uso personale della sostanza stupefacente (cocaina), essa non può essere creduta, o quantomeno non integralmente.

Si tratta di cocaina con alto grado di purezza, morfologicamente nella forma del "sasso", e quindi destinata ad essere tagliata, quantomeno in parte (e cioè non era pronta al consumo).

Le dosi ricavabili dalla sostanza sequestrata sono molto numerose, come si è visto, e quindi non proporzionate all'immediato uso personale.

Infine, la polizia giudiziaria ha anche rinvenuto l'armamentario tipico per il confezionamento delle dosi.

°°°

2.2 A ben vedere, l'unica sostanziale questione che si pone in ordine alla posizione dell'imputato è quella relativa alla qualificazione della detenzione di cocaina, e cioè se tale detenzione possa essere ricondotta nella fattispecie minore di cui al comma quinto dell'art. 73 del d.p.r. n. 309 del 1990.

Si tratta effettivamente di un caso limite.

Il peso lordo è indubbiamente modesto, come si è visto; e tuttavia il principio attivo, in virtù di un elevato grado di purezza della sostanza, è piuttosto elevato.

Elevato è anche, di conseguenza, il numero di dosi ricavabili dalla sostanza sequestrata.

Questo giudicante ritiene tuttavia di poter riconoscere all'imputato la fattispecie minore di cui al comma quinto citato, in virtù di una considerazione che, nell'equilibrio delle ipotesi, sposta il caso concreto sul versante favorevole all'imputato.

A tal fine occorre ricordare che per effetto del DPR n. 171-93, la detenzione per esclusivo uso personale di sostanza stupefacente non costituisce più attività illecita.

Ciò posto, nel caso di detenzione di stupefacenti destinati in parte ad uso proprio ed in parte alla cessione, è necessario stabilire quanta di detta sostanza sia detenuta per il consumo personale (e sia, quindi, da ritenere scriminata) e quanta parte sia, invece, destinata allo spaccio con conseguente possibile incidenza sull'entità della pena inflitta e sulla ravvisabilità dell'ipotesi lieve di cui all'art. 73, comma quinto, del DPR 309-90 (v. Cass., n. 368-94-95, RV 201218; n. 3981-98).

Si potrebbe obiettare che la destinazione all'uso personale della sostanza è fondata sulla mera dichiarazione in tal senso da parte dell'imputato, e quindi vi è quantomeno un legittimo dubbio in proposito.

Tuttavia, è noto che in tema di detenzione di sostanza stupefacente, la destinazione allo spaccio rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie e tale specifica finalità della illecita detenzione deve essere provata dalla pubblica accusa, non potendosi far carico all'imputato dell'obbligo di provare la diversa destinazione, al solo uso personale, della sostanza stupefacente posseduta (v. Cass., Sez. VI, n. 26709-03, in CED Cass., RV 226276).

Non si vede allora perché il medesimo principio non possa e non debba essere applicato anche quando la destinazione all'uso personale sia invocata non per ricondurre la fattispecie concreta al mero illecito amministrativo, ma per ricondurla alla fattispecie minore di cui al comma quinto citato.

Si tratta pur sempre, infatti, di provare un elemento negativo del reato di cui al primo comma dell'art. 73 cit., e cioè la mancata ricorrenza della fattispecie minore di cui al comma quinto.

Pertanto, il dubbio circa la parziale destinazione all'uso personale della sostanza in questione va sciolto in favore dell'imputato.

L'immediata e ineludibile conseguenza è, nel caso – limite di cui trattasi, lo scivolamento del caso concreto sotto la fattispecie minore astratta di cui al comma quinto citato.

°°°

3) La questione di responsabilità di ….

3.1 A proposito dell'imputata ritorna la nota questione della distinzione fra concorso nella detenzione della sostanza stupefacente e favoreggiamento personale.

Anche per questa parte dell'imputazione deve essere dato per presupposto il principio fondamentale per cui l'onere della prova grava sul pubblico ministero.

Ne consegue che la giustificazione data dall'imputata (in gran parte nell'immediatezza, fornendo dichiarazioni spontanee, e quindi in una situazione non caratterizzata da precostituite tesi difensive, anche perché in assenza del difensore) deve essere creduta, perché non smentita da prova contraria.

È quindi assolutamente credibile che l'imputata, avvedutasi dell'intervento della polizia, si sia adoperata per ritrovare e occultare sulla sua persona la sostanza stupefacente al solo scopo di salvare il marito dal carcere (presso il quale infatti, poco dopo, l'uomo verrà assicurato).

A fronte di tale ricostruzione fattuale, non vi sono elementi per sostenere che la donna, prima dell'intervento della polizia, avesse una signoria sulla sostanza stupefacente, tale da poterne disporre autonomamente rispetto alle decisioni e alla volontà del marito.

Si consideri che detenere significa avere la disponibilità di una determinata cosa, cioè la concreta possibilità di prenderla, in qualsiasi momento, senza la necessaria collaborazione o consenso di altri (v. Cass., Sez. 6, n. 1108-96-97, RV 206786).

Non si può quindi condannare la donna per una detenzione pregressa rispetto all'intervento della polizia.

Quanto ai pochi istanti nei quali la donna detenne la sostanza stupefacente sulla sua persona, quella relazione fisica con la sostanza stupefacente non può essere qualificata come detenzione in senso tecnico, sia perché ebbe durata non apprezzabile, sia perché (soprattutto) in quei pochi istanti la donna non aveva in realtà nessun potere di fatto di disporre della cocaina, considerato che la stessa era vigilata direttamente dalla polizia giudiziaria.

Del resto, quella relazione fisica durata pochi istanti, anche ove fosse qualificata (per ipotesi di lavoro) come detenzione in senso tecnico, non sarebbe comunque coperta dal dolo perché (non essendovi prova contraria) si deve ritenere che la donna non voleva affatto disporre uti dominus della sostanza, ma solo salvare il marito dai rigori del carcere.

E allora, la condotta dell'imputata così come ricostruita e congiunta al corrispondente elemento soggettivo, appare perfettamente riconducibile al primo comma dell'art. 378 del codice penale, il quale infatti punisce chiunque (la donna, in questo caso) dopo la consumazione di un delitto per il quale è prevista la reclusione (nel nostro caso la detenzione della sostanza stupefacente del tipo cocaina da parte del marito), e fuori dei casi di concorso nel medesimo delitto di detenzione (come si è visto sopra) aiuta taluno (il marito, in questo caso) ad eludere le investigazioni dell'autorità.

°°°

3.2 La più avveduta giurisprudenza conforta questa soluzione.

In tema v. Cass., n. 9079 del 1995, RV 202185, la quale ha ritenuto che se, nel corso dell'azione relativa a reato permanente posto in essere da taluno, altri intervenga per prestare la propria opera, in quest'ultima condotta deve ravvisarsi alternativamente il concorso nel reato permanente o il delitto di favoreggiamento personale, secondo una concreta valutazione dell'elemento soggettivo (nel nostro caso: qual'era la volontà della donna?).

Il giudice di merito deve, perciò, secondo la Corte, portare il suo esame sull'"animus" dell'agente per accertare se in lui vi fosse l'intenzione di partecipare positivamente all'azione già posta in essere da altri oppure di aiutare il responsabile del reato ad eludere le investigazioni dell'autorità.

Meritevole di condivisione è inoltre Cass., n. 28890 del 2019, secondo la quale la distinzione fra concorso in detenzione di droga e favoreggiamento va effettuata tanto sulla base dell'elemento psicologico, quanto di quello oggettivo.

Quanto a quest'ultimo profilo, per ritenere il concorso nell'illecito permanente occorre che si configuri un'influenza concreta e significativa sulla situazione illecita in atto.

In altre parole, occorre che la condotta del complice si risolva in un apporto alla protrazione della situazione antigiuridica (il che non è avvenuto nel presente caso: la droga venne trovata e sequestrata).

Non può pregiudizialmente escludersi che l'aiuto prestato (dalla donna, nel nostro caso) non incida positivamente sull'illecito.

Comunque, osserva la Corte, nei casi dubbi assume rilievo significativo l'elemento piscologico, occorrendo verificare la sussistenza del dolo di concorso nella detenzione ovvero di quello di favoreggiamento.

E proprio il dolo di favoreggiamento risulta nel caso che ci occupa; o comunque il Pubblico Ministero non ha provato il dolo di concorso.

°°°

3.3 Una volta compresa la condotta della donna nella fattispecie astratta di favoreggiamento personale, non resta che prendere atto dell'esimente prevista dal primo comma dell'art. 384 del codice penale, nella parte in cui esso prevede che anche nel caso previsto dall'art. 378 del codice penale non è punibile chi abbia commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare un prossimo congiunto da un grave inevitabile nocumento nella libertà (oltre che nell'onore).

omissis

F.to Giudice Dott. Domenico POTETTI


Tutte le notizie