Data: 01/01/2021 14:00:00 - Autore: Francesco Pandolfi

Ricorso avverso informazione interdittiva antimafia

Ministero dell'Interno, Prefettura e A.N.A.C. presentano appello chiedendo la riforma della sentenza del Tar con cui � stato accolto un ricorso avverso un'informazione interdittiva antimafia.
Il fatto sottostante la vicenda processuale � il seguente.
Una societ� che si occupa di manutenzione ascensori viene colpita da informazione interdittiva antimafia emessa dal Prefetto, viste le cause penali ove � rimasto coinvolto il legale rappresentante dell'epoca.
L'interdittiva viene impugnata dalla societ� con due ricorsi, entrambi respinti dal Tar e, successivamente, dal Consiglio di Stato.

Istanza di aggiornamento

Quindi, dopo qualche tempo, la societ� presenta istanza di aggiornamento, osservando che sono trascorsi pi� di tre anni dalla precedente interdittiva e sono venute meno le cause su cui questa era basata, visto che la compagine sociale nel frattempo � cambiata e il precedente legale rappresentante non ha pi� alcun incarico.
Ebbene, da una parte il Prefetto conferma l'interdittiva per tutta una serie di motivi, dall'altra il Tar accoglie il ricorso della societ� dal momento che, in assenza di un'adeguata istruttoria e di una sufficiente motivazione nel provvedimento prefettizio, non vede un valido collegamento di quel legale rappresentante alla criminalit� organizzata.
Dice il Collegio: una cosa � dire che la societ� � tutt'ora sotto controllo del vecchio legale rappresentante, altra cosa � affermare che questo provi l'esistenza di infiltrazioni camorristiche nei confronti della societ�, considerato che � stata pure esclusa in giudizio l'esistenza di contatti tra il pi� volte citato legale rappresentante e gli esponenti del clan.
Per il vero, la Prefettura avrebbe avuto la possibilit� di supportare l'interdittiva con altri elementi in grado di far emergere il collegamento con i clan camorristici sulla base di solidi riscontri, ma ha scelto di non farlo.

Appello del Ministero respinto

Ad essere ancora pi� chiari: � vero che la legislazione antimafia pu� e deve prevenire anche l'insidia della contiguit� compiacente accanto a quella soggiacente e, con essa, le condotte ambigue degli operatori economici che, pur estranei ad associazioni mafiose, si pongono su una pericolosa linea di confine tra legalit� ed illegalit� nell'esercizio dell'attivit� imprenditoriale; ma � altrettanto vero che, nel caso qui preso come spunto per il commento (C.d.S. Sezione Terza, sentenza n. 7260/2020, pubblicata in data 23.11.2020) nessuno sforzo � stato fatto dall'amministrazione per superare l'ostacolo posto dalla sottostante sentenza penale, che ha detto no alla sussistenza di contatti tra gli esponenti della camorra e la societ�.
Alla luce di tutto questo l'appello del Ministero viene respinto.
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