Data: 02/01/2021 10:00:00 - Autore: Gabriella Lax

Impatriati: il regime agevolato e le modifiche

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Nel caso in cui il lavoratore impatriato non ha formulato alcuna richiesta al proprio datore di lavoro nel periodo d'imposta in cui è avvenuto il rimpatrio e non ne ha dato evidenza nelle relative dichiarazioni dei redditi, i cui termini di presentazione risultano scaduti, di conseguenza, per questi periodi d'imposta l'accesso al regime è precluso. A chiarirlo è l'Agenzia delle Entrate con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020 (in allegato). Rimane la possibilità per il contribuente di fruire del regime speciale per i restanti periodi di imposta del quinquennio agevolabile, applicando il regime in base alle disposizioni in vigore nel periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia. Il regime agevolativo in esame è stato oggetto di alcune modifiche normative apportate dal Decreto Crescita2 , che hanno ridefinito i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti per i soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto (ovvero, dal periodo di imposta 2020). Tra le novità più importanti, si segnala l'incremento della percentuale di abbattimento dell'imponibile fiscale dei redditi agevolabili dal 50 al 70 per cento e l'estensione per un ulteriore quinquennio del periodo agevolabile in talune ipotesi espressamente previste dalla legge. Con il successivo Decreto Fiscale3 il legislatore, nell'intento di superare la disparità di trattamento tra i soggetti che avessero trasferito la residenza fiscale nel territorio dello Stato a decorrere dal 3 luglio 2019 (ovvero dal periodo di imposta 2020) e i soggetti rientrati a decorrere dal 30 aprile 2019, ha esteso anche nei confronti di questi ultimi le maggiori agevolazioni già disposte dal Decreto Crescita nei confronti dei lavoratori che avessero trasferito in Italia la residenza fiscale dal 2020.

Regime degli impatriati, cos'è

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Si tratta di un regime di tassazione agevolata temporaneo, riconosciuto ai lavoratori che trasferiscono la residenza in Italia (articolo 16, comma 1, Dlgs n. 147/2015). Per la sua applicazione devono sussistere due presupposti: il lavoratore non è stato residente in Italia nei due periodi d'imposta precedenti il trasferimento e si impegna a risiedervi per almeno due anni; ed ancora, l'attività lavorativa è svolta prevalentemente nel territorio italiano. Per i contribuenti che si trovano in tali condizioni, nel periodo d'imposta in cui la residenza viene trasferita e nei successivi 4 il reddito di lavoro dipendente (o a esso assimilato) e di lavoro autonomo prodotto in Italia concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30% dell'ammontare ovvero al 10% se la residenza è presa in una delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia. I benefici si applicano per altri cinque periodi d'imposta ai lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico e a quelli che diventano proprietari di almeno un'unità immobiliare residenziale in Italia dopo il trasferimento o nei 12 mesi precedenti. Per il periodo di prolungamento, i redditi agevolati concorrono alla formazione dell'imponibile per il 50% del loro ammontare ovvero per il 10% in caso di lavoratori con almeno tre figli minorenni o a carico.

È un trattamento agevolato di cui possono beneficiare i redditi d'impresa prodotti dai lavoratori impatriati che avviano l'attività in Italia a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019. Non possono beneficiarne. gli sportivi professionisti, il cui reddito è detassato sempre nella misura del 50% e sempreché versino un contributo pari allo 0,5% dell'imponibile, destinato al potenziamento dei settori giovanili. Possono accedere al regime agevolato anche i cittadini italiani non iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) purché, nei due periodi d'imposta precedenti il trasferimento, abbiano risieduto in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

Regime dei lavoratori impatriati: le novità

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Sono 36 pagine di circolare che illustrano tutte le le novità. Come già evidenziato importanti i chiarimenti forniti con riferimento ai casi di mancata iscrizione all'Aire. Per essere applicato il regime richiede che il contribuente non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro e si impegni a permanervi per almeno due anni, a pena di decadenza. Una novità prevista dal Decreto Crescita è la previsione che "I cittadini italiani non iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

È così specificato come sia possibile ai contribuenti che non risultano iscritti all'Aire (o vi risultano iscritti per un periodo inferiore a quello richiesto) di comprovare il periodo di residenza all'estero sulla base delle Convenzioni contro le doppie imposizioni. La stessa previsione non si applica nel caso in cui un cittadino straniero, dopo aver vissuto in Italia trasferendovi la residenza fiscale, si trasferisca nuovamente all'estero senza provvedere alla cancellazione dall'anagrafe nazionale della popolazione residente.

«Attesa la ratio della norma, volta ad agevolare le persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia per svolgervi un'attività di lavoro, si ritiene che il cittadino straniero, che non si sia cancellato dall'anagrafe nazionale della popolazione residente in Italia, ma sia in grado di comprovare di aver avuto effettivamente la residenza all'estero sulla base delle disposizioni contenute nelle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni nei periodi di imposta in cui era formalmente residente in Italia, possa comunque accedere al regime fiscale in esame». Infine, uno sguardo ai "casi particolari", fornendo, tra l'altro, interessanti chiarimenti con riferimento alla possibilità di applicare il regime forfettario nel caso in cui il contribuente rientri in Italia per svolgere un'attività di lavoro autonomo. L'Agenzia delle entrate precisa che i contribuenti in regime forfettario non possono beneficiare del regime previsto per i lavoratori impatriati, in quanto i redditi prodotti in regime forfetario non partecipano alla formazione del reddito complessivo.


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