Data: 01/02/2021 13:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Vittima di atti di bullismo

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Il Tribunale di Bologna con la sentenza n. 633/2020 (sotto allegata) respinge il ricorso di un'insegnante, a cui è stata irrogata la sanzione della censura. L'insegnante è stata ritenuta responsabile di non avere difeso un'alunna di una sua classe, bullizzata dai compagni, dando credito esclusivamente alla versione dei fatti narrata dal resto della classe, costringendola a ripetere una verifica, a confessare di aver copiato, a redigere una lettera di scuse ai compagni, autorizzando nel contempo gli altri alunni a scrivere una lettera al Preside per denunciare la "condotta della ragazza."

Vicenda processuale che ha inizio quando l'insegnante ricorre in Tribunale per ottenere la dichiarazione d'illegittimità della sanzione disciplinare irrogata nei suoi confronti. La ricorrente impugna infatti il provvedimento disciplinare emanato dal dirigente scolastico dell'Istituto d'Istruzione Superiore presso cui insegna e con cui le è stata comminata la sanzione della censura.

Giustificata l'irrogazione della sanzione all'insegnante

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Per il Tribunale adito però il ricorso della ricorrente è infondato e deve essere respinto. La valutazione e la prospettazione dei fatti contenuta nel ricorso non è condivisibile né fondata, contrariamente alla ricostruzione operata dal resistente.

Questi i fatti. L'insegnante è responsabile di aver intrapreso azioni punitive, esclusivamente nei confronti di una studentessa, lasciandola sola in un contesto difficile, caratterizzato dalla presenza di ragazzi problematici, ripetenti e aggressivi, che hanno insistito per ottenere:

  • la confessione della giovane di aver copiato nel corso di una verifica e di aver offeso alcuni compagni;
  • una nota disciplinare alla ragazza per le offese rivolte ai compagni di classe;
  • far svolgere alla ragazza la verifica "copiata";
  • permettere ai compagni di redigere una lettera per segnalare ai dirigenti la condotta dell'alunna.

Comportamenti che, valutati nel loro complesso, per il Tribunale, giustificano l'irrogazione all'insegnate del provvedimento disciplinare adottato.

L'insegnante si difende: tutta colpa della Dirigenza scolastica

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L'insegnante tenta di difendersi, insinuando di essere stata colpita da provvedimenti disciplinari solo dopo la sua elezione come Rsu per la lista Cobas Scuola, ma come dimostrato dal resistente non c'è alcun collegamento tra le misure adottate e la carica elettiva dell'insegnante.

Una versione dei fatti che non corrisponde a verità e che per il Tribunale è anche squalificante, visto che la docente tenta di far ricadere tutta la colpa di quanto accaduto sulla Dirigenza.

Alla narrazione dell'insegnante, inconsapevole evidentemente della gravità della condotta tenuta, c'è la però quella del Preside, il quale fa presente di essere venuto a conoscenza dei fatti dopo aver ricevuto i genitori della ragazza, che si erano già attivati prima di questo episodio, segnalando via e-mail come la figlia fosse vittima di atti di bullismo sia da parte di alcuni compagni di classe che di un'insegnante.

Errato avallare condotte aggressive ai danni di un'alunna

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Il Tribunale evidenzia come l'insegnante abbia dato credito al racconto degli alunni, che hanno accusato la ragazza di averli insultati e come senza approfondire ulteriormente la questione e parlarne con il preside (a cui tra l'altro anche l'alunna si era rivolta per denunciare la condotta dei compagni nei suoi confronti) abbia colpito ingiustamente la giovane. Condotta che ha creato una contrapposizione evidente tra l'alunna e il resto della classe, da cui è stata isolata.

L'insegnante ha quindi avallato un comportamento scorretto degli alunni, senza preoccuparsi di tutelare l'alunna, a cui ha irrogato tra l'altro una nota disciplinare, rimproverandola pubblicamente, senza tenere conto che la stessa era già stata vittima di lancio di materiale scolastico da parte dei compagni. Il tutto in una classe composta anche da ragazzi ripetenti, aggressivi e problematici.

L'insegnante, auto-elogiandosi per quanto fatto e accusando la dirigenza di quanto accaduto, dimostra evidentemente di non aver compreso la gravità della propria condotta.

Corretta quindi la censura, che alla fine essa si limita a "una dichiarazione di biasimo scritta e motivata, che viene inflitta per mancanze non gravi riguardanti i doveri inerenti alla funzione docente o i doveri di ufficio."


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