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Data: 28/01/2021 22:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate
Assegno di mantenimento del minore: troppi soldi sono diseducativi[Torna su]
Nel determinare l'assegno di mantenimento per i figli il giudice deve tenere conto dei parametri indicati dall'art. 337 ter c.c., non deve perseguire finalità educative. Queste in pratica le conclusioni della Cassazione nella sentenza n. 303/2021 (sotto allegata) emanata per risolvere la vicenda processuale che si va a illustrare. La Corte di Appello riduce l'assegno per il mantenimento dovuto dal padre al figlio, fissandolo in 1500 euro mensili, comprensivi delle spese straordinarie. Per la Corte d'Appello quanto stabilito dal giudice di primo grado, ovvero un assegno mensile di 1800 euro oltre il 50% delle spese straordinarie, cumulato al contributo della madre avrebbe messo a "disposizione del minore risorse ben superiori a ogni sua ipotizzabile esigenza sia pur conformi a un tenore di vita particolarmente elevato" con conseguenti possibili "effetti diseducativi." Mantenimento figli: rilevano tenore di vita e attuali esigenze di vita[Torna su]
Contro la sentenza della Corte d'Appello ricorre la madre del minore, contestando la violazione dell'art. 337 ter c.c. che disciplina i provvedimenti riguardo ai figli, anche in relazione all'art. 30 della Costituzione. La madre rileva come la norma non parli di "reali esigenze di vita" come giustificazione per ridurre la misura del mantenimento dei genitori. Il rischio, applicando un criterio simile, è di frustrare le aspirazioni del minore (art 147 c.c e 315 bis c.c.). Essa inoltre non fa alcun riferimento a un possibile effetto diseducativo del mantenimento se superiore a un certo importo. La norma parla solo di "attuali esigenze di vita", che la Corte d'Appello non ha valutato e di "tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori", come parametri per commisurare l'assegno di mantenimento. L'assegno di mantenimento per i figli non deve perseguire finalità "educative"[Torna su]
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 303/2021 accoglie il ricorso perché fondato. In effetti, come sostenuto dalla ricorrente, costante giurisprudenza di legittimità ritiene che nella quantificazione del contributo al mantenimento per il figlio è necessario osservare il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparativa dei redditi di entrambi i genitori, alla luce delle attuali esigenze di vita del minore e del tenore di vita goduto dallo stesso quando i genitori convivevano. Il riferimento della norma alle "attuali esigenze del figlio" è una parametro che si pone l'obiettivo di evitare che venga pregiudicato il suo sereno sviluppo e la formazione a causa della crisi familiare e di garantire che le sue necessità vengano soddisfatte, come avviene normalmente nelle famiglie unite. Nel rispetto dell'art. 30 della Costituzione inoltre la Corte di legittimità ha più volte affermato che se i genitori producono reddito, ciascuno deve provvedere proporzionalmente alle proprie capacità e il giudice deve accertare le "attuali esigenze del figlio", che non possono ovviamente non essere condizionate dalla posizione economico sociale dei genitori. A questi principi deve attenersi il giudice nel determinare l'importo del mantenimento per il figlio. Non rileva che un importo eccessivo possa sortire sullo stesso un effetto diseducativo. Una lettura di questa tipo è estranea al contenuto dell'art. 337 ter c.c. il quale, nel sancire il principio di proporzionalità, tiene conto del tenore di vita del figlio durante la convivenza, della attuali esigenze di vita dello stesso, dei tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore, delle risorse economiche di entrambi, ma anche della valenza economica dei compiti di cura e di assistenza di ogni genitore. Criteri che la Corte d'Appello non ha applicato nel caso di specie, ragione per cui la sentenza va cassata con rinvio alla stessa, in diversa composizione, anche per decidere sulle spese del giudizio. Leggi anche Il mantenimento dei figli minori |
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