|
Data: 02/02/2021 09:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate
Stalking in danno della figlia[Torna su]
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2512/2021 (sotto allegata) respinge il ricorso di un padre contro la sentenza che lo ha condannato per stalking ai danni della figlia in quanto lo stesso, con condotte assillanti, non ha rispettato la vita della figlia, presentandosi senza invito e avviso agli suoi eventi sportivi e di divertimento, dimostrandosi refrattario ai consigli dei consulenti, ritenendo che in una situazione conflittuale, era l'unico modo per vedere la figlia e tentare di cucire un rapporto con lei. Condotte per le quali, in primo e secondo grado è stato condannato alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni per un importo di 20.000 euro in favore della figlia, vittima dei suoi atti persecutori. Elemento soggettivo del reato di atti persecutori[Torna su]
L'imputato però ricorre in Cassazione per contestare la condanna, esponendo i seguenti motivi. Con il primo contesta la motivazione per relationem della Corte di Appello a causa della errata valutazione delle prove da parte del giudice di primo grado in quanto:
Con il secondo motivo lamenta la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di atti persecutori. In sede di appello è emerso infatti che la ragazza era solo infastidita dalle visite del padre, dettate dall'esigenza di vederla, a causa del rapporto conflittuale con la ex compagna. Con il terzo rileva vizio di motivazione sull'idoneità delle proprie condotte nel creare stati di ansia, paura o nell'ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o nel costringere la persona offesa a cambiare abitudini di vita. Con il quarto si oppone al mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena e della non menzione, poiché, anche qualora venisse condannato lo stesso è convinto di non aver commesso un reato, ma di essersi comportato in quel modo per poter svolgere il suo ruolo di padre. Con il quinto infine contesta la liquidazione del risarcimento del danno, perché la Corte non ha accertato la sussistenza effettiva di un pregiudizio in danno della figlia e non ha tenuto conto della condotta non aggressiva del padre nell'approcciarla, nel tentativo di conservare un rapporto con la stessa. Condanna per il padre insistente che sbaglia approccio con la figlia[Torna su]
La Cassazione con la sentenza n. 2512/2021 però respinge il ricorso in quanto manifestamente infondato. Inammissibili infatti perché manifestamente infondati i primi tre motivi, che la Corte analizza congiuntamente perché strettamente connessi. Prima di tutto però la Cassazione precisa che il vizio di motivazione è configurabile quando gli elementi trascurati risultano decisivi ai fini del decidere, a patto che il ricorrente li deduca con precisione. Ipotesi che non si è verificata nel caso di specie, visto che le deduzioni ripropongono in sostanza la tesi difensiva già esposta in sede di merito. Vizi di formulazione che riguardano anche la contestazione della deposizione della ex compagna e degli elaborati tecnici, profili già analizzati dal giudice del gravame che aveva concluso per l'inadeguatezza dei metodi di approccio del padre nei confronti della figlia. "Modalità disturbanti e persecutorie, caratterizzate da una tale ripetitività e assenza d'interesse per gli stati d'animo della figlia (si pensi alle irruzioni nelle occasioni conviviali o sportive coinvolgenti quest'ultima) da generare un evidente turbamento di quest'ultima." In sede testimoniale infatti la figlia "ha confermato sentimenti di vergogna e di estremo imbarazzo, ma anche di paura per l'imprevedibilità del genitore, al quale aveva direttamente rappresentato il disagio che le sue condotte ossessive le provocavano." Modalità errate di approccio che il padre non ha compreso. Non rileva che la figlia abbia continuato a praticare attività sportiva e che il rendimento scolastico della stessa non abbia risentito della situazione. Non occorre infatti, per ritenere integrata la fattispecie di atti persecutori, che la personalità della vittima venga annullata, al contrario, la stessa pare compatibile con il tentativo di reagire alle condotte persecutorie. Per quanto riguarda poi il profilo soggettivo del reato la Corte ricorda che il reato di stalking richiede per la sua configurazione il dolo generico, ossia la volontà di porre in essere più condotte di minaccia o molestia nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi contemplati dalla norma e della loro abitualità, senza una necessaria preordinazione, essendo sufficiente la casualità e occasionalità dei comportamenti persecutori. Inammissibile il quarto motivo in quanto i giudici hanno negato la concessione della sospensione condizionale della pena a causa della durata della condotta dell'imputato e della resistenza dimostrata nel modificare i tentativi di avvicinamento alla figlia come consigliato dai consulenti. Omesso l'esame del quinto motivo in quanto oggetto di rinuncia all'udienza di discussione. Leggi anche: - Stalking: il reato di "atti persecutori" - Niente stalking per il padre che cerca di vedere la figlia |
|