Data: 25/02/2021 12:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli

Il periodo di comporto

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Il lavoratore in malattia ha diritto alla conservazione del posto durante la propria assenza dal lavoro, il che vuol dire che non pu� essere licenziato per il solo fatto di essere malato.

Tuttavia, per contemperare le esigenze di tutte le parti del rapporto lavorativo, e quindi anche quelle del datore di lavoro, il nostro ordinamento prevede il cd. periodo di comporto, che � il periodo di tempo superato il quale il lavoratore in malattia pu� essere licenziato.

Proprio a tale proposito ha senso chiedersi quanti giorni di malattia si possono fare in un anno: se � vero che la malattia non � causa di licenziamento, � anche vero che se si supera un certo numero di giorni il lavoro pu� essere perso.

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Giorni di malattia nel contratto collettivo

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La durata del periodo di comporto, e quindi il numero di giorni di malattia per i quali � previsto il diritto a conservare il lavoro, non � fissa ma varia a seconda della posizione ricoperta e del settore nel quale si lavora.

Non vi � quindi una durata prestabilita dalla legge ma, per scoprire quanti giorni di malattia si possono fare in un anno, occorre guardare alle previsioni del contratto collettivo di riferimento e verificare cosa dice in proposito.

Partendo, tuttavia, da un presupposto cui fare attenzione: il comporto pu� essere secco o per sommatoria, ovverosia riguardare un'unica malattia senza interruzioni o la somma di tutte le assenze per malattia relative a un determinato arco temporale.

Nei giorni di malattia si contano i giorni festivi?

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Salvo che il contratto collettivo non preveda espressamente il contrario, nel calcolo del periodo di comporto vanno computati anche i giorni festivi non lavorativi, comprese le festivit� infrasettimanali, purch� ricadano nel periodo di malattia certificato.

Si precisa che, come chiarito dalla giurisprudenza, i giorni festivi vanno computati anche se il primo certificato attesta la malattia sino all'ultimo giorno lavorativo precedente la festivit� e il secondo la attesti a partire dal primo giorno lavorativo successivo (v., ad esempio, Cass. n. 24027/2016).


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