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Data: 01/05/2021 06:00:00 - Autore: Valeria Zeppilli
Chi sono i contributivi puri[Torna su]
I lavoratori che sono entrati nel mondo del lavoro successivamente al 1° gennaio 1996, ovverosia dopo che è avvenuto il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo per il calcolo della pensione, sono chiamati, in gergo, "contributivi puri". Questi non solo soggiacciono a una diversa e più penalizzante modalità di quantificazione dell'assegno pensionistico, ma hanno anche perso diverse tutele rispetto a chi ha iniziato a lavorare prima di loro. Il regime di calcolo contributivo[Torna su]
Per quanto riguarda il regime di calcolo della pensione, ricordiamo che il contributivo tiene conto esclusivamente dei contributi versati dal lavoratore e non, come avveniva prima, dell'ammontare dell'ultima retribuzione. Di conseguenza, chi va in pensione più tardi è premiato rispetto a chi si congeda prima dal lavoro. Ad essere maggiormente penalizzati sono coloro che hanno carriere discontinue e percepiscono degli stipendi non particolarmente elevati. Niente integrazione al minimo per i contributivi puri[Torna su]
Ai contributivi puri, inoltre, non si applica l'integrazione al trattamento minimo, ovverosia la misura che permette di ottenere un incremento dell'assegno pensionistico che sia inferiore a una certa soglia (nel 2021 pari a 515,58 euro). L'integrazione, che corrisponde alla differenza rispetto alla predetta soglia, spetta infatti solo a chi gode del regime retributivo o di quello misto. Ai contributivi puri i 67 anni non bastano[Torna su]
Infine, ai lavoratori che rientrano nel sistema contributivo puro e che abbiano raggiunto i 67 anni di età non bastano 20 anni di contribuzione per andare in pensione. Agli stessi è infatti richiesto, a tal fine, che l'importo della pensione superi di almeno 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale, altrimenti per la pensione bisogna aspettare di aver compiuto 71 anni. Le richieste di tutela[Torna su]
Per tutte tali ragioni, i contributivi puri chiedono spesso maggiori tutele e tali richieste sono state da ultimo formalizzate nella riforma delle pensioni proposta dal presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, Alberto Brambilla, nella quale si ipotizza l'istituzione di un apposito fondo di equità, cui destinare 500 milioni di euro ogni anno, almeno fino al 2036. |
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