Data: 31/03/2021 22:00:00 - Autore: Gabriella Lax

L'avvocato si evolve e cammina di pari passo ai cambiamenti della società. In particolar modo succede nel caso degli avvocati matrimonialisti. A raccontarci la sua professione, le peculiarità e le sfumature dei tanti cambiamenti in atto è Gian Ettore Gassani, avvocato matrimonialista, presidente dell'Ami (Associazione matrimonialisti italiani) e autore di tanti libri di successo.

Avvocato Gassani, chi è oggi un avvocato matrimonialista?

L'avvocato matrimonialista è senz'altro una delle figure più affascinanti e delicate del mondo forense. Il suo ruolo sociale è di fondamentale importanza attesi gli enormi diritti e interessi in gioco per i quali combatte.

L'avvocato della famiglia è e deve essere un avvocato completo, che deve avere una visione di insieme del diritto. Non è soltanto un avvocato civilista. È molto altro e di più. Numerose vicende familiari hanno sbocchi nel settore penale, in quello del lavoro e societario, e anche in quello del trust e delle successioni. L'avvocato matrimonialista, familiarista o divorzista, non può ragionare a compartimenti stagni. Per questo motivo sono fermamente convinto che la specializzazione dell'avvocato matrimonialista sia necessaria. La deriva tuttologica del Foro italiano è il vero problema.

Come nel settore medico, anche in quello forense e giudiziario la specializzazione dovrebbe essere vista come un valore irrinunciabile e una garanzia di competenza e professionalità nell'interesse del diritto di difesa del cittadino, in ossequio all'art. 24 della nostra Costituzione. In Europa è così da decenni. In Italia, invece, si registrano ancora resistenze rispetto a questa svolta.

Lei è il Presidente dell'AMI. Qual è il ruolo delle associazioni forensi oggi?

L'AMI (Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani per la tutela delle persone, dei minorenni e della famiglia) appartiene al novero delle grandi associazioni italiane, essendo stata riconosciuta dal CNF.

Di associazioni forensi in Italia ce ne sono tantissime, ma rendere nazionale una associazione è un'impresa titanica, è tutt'altra storia. Per creare un grande sodalizio sparso in tutto il Paese occorrono passione, impegno, militanza, coraggio, fantasia e valigie sempre pronte. Non è stato facile radicare l'AMI in quasi tutta Italia, da Bolzano a Trapani.

Quando nacque l'AMI, il 25 luglio 2007, nessuno avrebbe scommesso un solo centesimo su di noi. E invece oggi siamo una grande realtà perché ci abbiamo messo il cuore.

Le associazioni sono il sale del mondo forense. L'AMI ha fatto della multidisciplinarietà il proprio credo. Al nostro interno operano psicologi, mediatori familiari, psichiatri, pedagogisti, coordinatori familiari, medici legali, criminologi. Tutte queste professioni ci hanno enormemente arricchiti perché hanno avuto un ruolo attivo nelle nostra incessante offerta formativa.

Pensi che in quasi quattordici anni l'AMI ha realizzato circa 1600 eventi in tutta Italia. Fra poco sarà varata anche la nostra scuola di specializzazione che sarà il nostro fiore all'occhiello. E dallo scorso 12 marzo è partito il nostro pioneristico Master in diritto penale della famiglia. Ringrazio lo Studio Cataldi per averci dato il supporto della sua insuperabile piattaforma.

Da famoso matrimonialista, cosa ci può dire delle separazioni ai tempi dei social?

Un avvocato matrimonialista diventa meritatamente famoso non tanto per la sua visibilità, quanto per le sue attività nelle aule di giustizia.

Da avvocato matrimonialista o familiarista posso affermare che negli ultimi dieci anni si è registrata una impennata del numero di separazioni e divorzi nel nostro Paese. I dati statistici parlano chiaro. Gli italiani non sono più quelli di una volta. È certo che l'avvento dei social abbia influito in modo notevole sull'aumento dell'infedeltà coniugali (e di coppia in generale). È un'analisi che ho ripercorso nei miei saggi in cui ho tracciato, anche con ironia, i profondi cambiamenti di costume e culturali degli italiani. Non c'è dubbio che l'occasione renda traditori. I social hanno contribuito a creare la cosiddetta "infedeltà tecnologicamente assistita". Anche l'infedeltà virtuale, attenzione, può essere motivo di addebito della separazione se è stata la causa della crisi coniugale. Purtroppo ancora molti non hanno capito che i social sono una trappola e che ciò che ivi si pubblica può finire in tribunale.

Il diritto di famiglia riesce a stare al passo coi cambiamenti sociali?

Il diritto di famiglia è il termometro di civiltà di una nazione. Non sempre il nostro legislatore è sincronizzato con il comune sentire della gente. Ci sono volute aspre battaglie per cambiare il nostro diritto. L'AMI è stata in prima linea in questo ultimo decennio anni per il varo di riforme epocali come le unioni civili, il divorzio breve e il fine vita. Purtroppo il nostro diritto di famiglia è sempre stato il fanalino di coda dell'Europa. Siamo sempre stati gli ultimi a garantire i diritti civili delle persone.

Io che mi occupo anche di diritto di famiglia internazionale, quando mi reco all'estero ogni volta raccolgo le prove dei nostri italici ritardi. Tuttavia il vero problema del nostro diritto delle relazioni familiari è costituito da due gravi anomalie. La prima è la frammentazione delle competenze giurisdizionali, ossia l'esistenza di tre giudici, quello ordinario, quello minorile e quello tutelare, che si occupano dei diritti delle persone. La seconda è caratterizzata dalla diversità delle prassi adottate nei tribunali. Tutto questo non è più accettabile. Occorrono certezze. In primo luogo bisogna effettuare una rivoluzione di sistema, con il varo del tribunale per la famiglia, o sezioni specializzate, e in secondo luogo occorre imporre un'unica prassi nazionale. Non è ammissibile perseverare nell'andazzo di prassi diverse a seconda del luogo giudiziario in cui si svolgono i processi. Questa anomalia deve finire.

Come l'era dei social ha influito sulla formazione delle coppie che poi arrivano anche al matrimonio?

Come alcuni matrimoni sono in crisi anche per colpa dei social, ce ne sono altri che si formano grazie ai social. Oggi gli incontri sono più facili. Dunque non tutti i mali vengono per nuocere. La vita è fatta di emozioni, e i social ne regalano tante nel bene e nel male.

Come la crisi economica, accentuata dalla pandemia, sta influendo su famiglie e matrimoni?

La crisi economica ha accentuato i conflitti familiari. C'è tanta disperazione in giro. Era prevedibile che molte coppie entrassero in crisi una volta intrapresa l'orbita della povertà.

I motivi che portano alle separazioni sono gli stessi oggi di ieri?

Oggi esiste un atteggiamento consumistico rispetto al matrimonio. Si investe molto meno per salvare un amore, rispetto a ieri. Esiste, tuttavia, una maggiore presa di coscienza degli italiani rispetto alla propria libertà di scelta. Soprattutto il mondo femminile ha raggiunto la giusta consapevolezza che il matrimonio non è una gabbia. Certamente la violenza in famiglia è la prima causa della fine di un matrimonio, ma anche le infedeltà non scherzano. Le difficoltà delle coppie sposate non sono dissimili da quelle di fatto. La crisi ormai è trasversale, colpisce ogni tipo di famiglia. Non c'è più voglia di investire ad oltranza in un rapporto. Ai primi segnali di crisi si va dall'avvocato.

I figli sono i soggetti che, in caso di crisi della famiglia, fanno maggiormente le spese. Sono sufficienti gli strumenti attualmente deputati a tutelarli?

Troppe volte i figli sono trattati come un bottino di guerra nelle procedure familiari. Essi diventano strumenti di vendetta e rivendicazione economica. L'Europa ci ha condannato cento volte per l'incapacità del nostro sistema di tutelare i figli contesi. La questione è soprattutto culturale. La legge 54/06 che ha introdotto in Italia l'affidamento condiviso (istituto ormai adottato in tutto il mondo) non ha ancora sortito gli effetti sperati. Urge cambiare registro. Non possiamo assistere tutti i giorni in tribunale a bambini trattati come carne di porco. Negli altri Paesi da tempo si è fatto un salto di qualità perché sono stati rispettati alla lettera i principi dettati dalle convenzioni internazionali sui diritti dei minori. Noi italiani, troppe volte trattiamo i figli come oggetti di proprietà. Ecco perché, a mio parere, andrebbero sanzionati in modo severissimo i genitori che sacrificano la serenità dei loro figli pur di consumare una vendetta nei confronti dell'ex partner.

Lei ha scritto molti libri. Perché? E dove ha trovato il tempo?

Scrivere è un atto liberatorio. Ho scritto quattro saggi che hanno riscosso un enorme successo, ossia "I perplessi sposi", "Vi dichiaro divorziati", "C'eravamo tanto armati" e l'ultimo, fresco di stampa, "La guerra dei Rossi". Ma durante la mia carriera ho scritto anche testi tecnici, codici, pubblicazioni varie. Ho inventato, se così si può dire, una sorta di ibrido letterario, ossia il saggio romanzato, nel solco della narrativa forense. Negli altri Paesi europei gli avvocati scrivono molto delle loro esperienze professionali. Io ho fatto lo stesso. I miei libri contengono storie vere con dialoghi, con la descrizione dei sentimenti e delle miserie umane. Definirli saggi è riduttivo. Li ho scritti nei ritagli di tempo, sui treni, nei fine settimana, durante le vacanze. Il tempo c'è se lo si vuole trovare. Da tutte queste mie fatiche ho fatto emergere il volto umano di noi avvocati e il nostro formidabile ruolo sociale. Scrivo ancora con carta e penna, non uso il pc perché mi distrae e cerco di non usare l'indigesto idioma avvocatese. Ecco perché questi libri sono piaciuti a tutti indistintamente. La prima regola di un narratore forense è parlare al cuore del lettore, e le garantisco che è tutt'altro che agevole. Scrivere testi tecnici è molto più semplice, mi creda.

Lei lavora in due metropoli come Roma e Milano. Quali differenze tra queste due realtà?

Sì, la mia vita ormai si è sdoppiata. Ho due studi, due tipi di clientele, due abitazioni, due gruppi di collaboratori che mi aiutano tutti i giorni in due città diverse. Essere avvocato matrimonialista a Roma e a Milano non è facile. La concorrenza è notevole e di alto livello. Amo entrambe le città, sempre più vicine grazie ai treni ad alta velocità. Un avvocato matrimonialista a Roma gode del vantaggio enorme di avere la Cassazione a portata di mano. Mentre a Milano, città adrenalinica e davvero europea, l'avvocato matrimonialista ha il privilegio di espletare la professione con i giudici della nona sezione, che rappresentano l'eccellenza italiana in tema di diritto delle relazioni familiari. Una cosa è certa, quando sono a Roma mi manca Milano e viceversa.

Cosa sente di consigliare ai giovani che si affacciano alla professione forense?

Consiglio a tutti di metterci sempre il cuore e di non demordere davanti alle prime inevitabili difficoltà. Essere avvocati è una scelta totalizzante, e non può essere un ripiego. È continuo sacrificio, è solitudine è perseveranza, è studio matto e disperatissimo per essere sempre aggiornati. Il destino siamo noi. Chi pensa che una grande carriera sia solo una questione fortuna, è meglio che cambi aria, e pure alla svelta. Il mondo forense ha bisogno di avvocati e non di meri iscritti all'albo.


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