Data: 26/03/2021 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Nonni "potenziali" chiedono i danni

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Con la sentenza n. 638/2020 (sotto allegata) il Tribunale di Bolzano riconosce ai nonni potenziali di una bambina mai nata il risarcimento per la frustrazione dell'aspettativa di diventare nonni e creare un legame con la nipotina. Vediamo però ora come è iniziato tutto e con quali motivazioni il Tribunale ha deciso di accogliere le suddette richieste risarcitorie.

I nonni mancati di una bambina deceduta quando si trovava ancora nell'utero della mamma, agiscono contro l'Azienda Ospedaliera in cui rispettivamente la figlia e la nuora è stata ricoverata per il parto, che ha avuto purtroppo il suddetto esito infausto. Dopo alcuni rinvii l'Azienda convenuta avanza un'offerta risarcitoria per il valore di 20.000 euro complessivi, ossia 5000 euro ciascuno.

Gli attori però rifiutano e il procedimento prosegue nel tentativo di risolvere bonariamente la questione, ma senza esito. La causa così va avanti anche perché nel frattempo l'ostetrica che ha assistito la partoriente viene condannata per aver interrotto la gravidanza con morte del feto per colpa professionale.

Da parte sua l'Azienda negli atti di causa difende l'operato dei propri dipendenti, ritenendo la condotta immune da censure e respingendo la domanda risarcitoria poiché la morte del feto ha impedito l'instaurarsi del rapporto nonni – nipote, da cui di non scaturisce di conseguenza danno alcuno.

Responsabilità dei sanitari accertata

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Il Tribunale nella motivazione della sentenza, che accoglie le richieste dei ricorrenti, chiarisce prima di tutto che la responsabilità della struttura sanitaria ha natura contrattuale.

Per quanto riguarda poi l'analisi dei fatti, dalla CTU emerge che la bambina è morta per sofferenza ipossica acuta endouterina verificatasi in concomitanza con la fase espulsiva del travaglio, al termine di una gravidanza con normale decorso. Il decesso della bambina è pertanto riconducibile alla mancata esecuzione, nella fase del travaglio "delle procedure corrette e conformi alla leges artis finalizzate alla tutela del benessere fetale. (…) una più accurata sorveglianza del benessere fetale avrebbe consentito di individuare l'insorgenza della sofferenza ipossica con possibilità sia della rimozione della causa che la determinava (per esempio eventuale tachisistolia) sia della sottrazione del feto dall'ambiente intrauterino diventato ostile (mediante taglio cesareo)."

Per il C.t.u infatti la morte della bambina è riconducibile al comportamento colposo dei sanitari per imprudenza e imperizia, in quanto soprattutto l'ostetrica avrebbe potuto chiamare in aiuto un medico che ben avrebbe potuto estrarre il feto sofferente. Un intervento tempestivo in tale senso avrebbe reso possibile, in una misura percentuale superiore al 50%, la sopravvivenza della bambina.

Risarcibile in via equitativa il danno da perdita di chance di diventare nonni

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Passando infine all'esame del danno lamentato dai ricorrenti il Tribunale rileva che trattasi di un danno potenziale, poiché nel caso di specie si è verificata la morte del feto e non di un neonato. In assenza di nascita infatti non si può parlare di lesione di un rapporto parentale perché lo stesso non si può creare con una creatura che non è neppure venuta a esistenza.

Nel caso di specie è infatti più corretto affermare che i ricorrenti "hanno visto totalmente frustrata la loro aspettativa a poter diventare nonni ed a veder nascere e crescere un legame parentale ed affettivo con quella che sarebbe dovuta essere la loro nipote."

Il Tribunale precisa quindi che "in tema di danno da perdita di chance va ricordato il dictum della Corte di cassazione, secondo cui "in materia perdita di "chance", l'attività del giudice deve tenere distinta la dimensione della causalità da quella dell'evento di danno e deve altresì adeguatamente valutare il grado di incertezza dell'una e dell'altra, muovendo dalla previa e necessaria indagine sul nesso causale tra la condotta e l'evento, secondo il criterio civilistico del "più probabile che non", e procedendo, poi, all'identificazione dell'evento di danno, la cui riconducibilità al concetto di chance postula una incertezza del risultato sperato, e non già il mancato risultato stesso, in presenza del quale non è lecito discorrere di una chance perduta, ma di un altro e diverso danno; ne consegue che, provato il nesso causale rispetto ad un evento di danno accertato nella sua esistenza e nelle sue conseguenze dannose risarcibili, il risarcimento di quel danno sarà dovuto integralmente."

Principio che calza perfettamente al caso di specie, in cui, dimostrato il nesso di causa tra condotta e danno, il danno deve identificarsi non nella lesione di un diritto costituzionalmente riconosciuto, ma "nella recisione in nuce della possibilità di coltivare un tale fondamentale rapporto (il quale trova copertura costituzionale nei diritti di cui agli artt. 29 e 30 Cost.)."

Danno che viene risarcito dal Tribunale ricorrendo a criteri di determinazione puramente equitativi. Prendendo quindi come mero riferimento le Tabelle di Milano sul danno da perdita del rapporto parentale il giudice, ai fini della quantificazione del danno, precisa che "nel caso di specie, la morte del feto sopraggiungeva allorquando la nascita era ormai prossima, venendo così frustrata una possibilità in un momento prossimo alla sua concretizzazione, pare equo a chi scrive riconoscere la somma, ad oggi rivalutata e con interessi calcolati sulle somme via via rivalutate, di Euro 20.000,00 per ciascuno degli attori (per un totale di 80.000,00 Euro), cifra questa che si avvicina all'importo minimo tabellarmente previsto per la lesione del rapporto parentale nonno/nipote, ma lievemente inferiore a tale soglia, parendo un tanto equo in riferimento alla necessaria differenziazione tra perdita di chance (per quanto estremamente concreta essa sia) e lesione di un rapporto parentale comunque già venuto ad esistenza."


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