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Data: 05/04/2021 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate![]()
Il bondage può integrare il reato di violenza sessuale?[Torna su]
Il bondage è una pratica erotica libera o può sfociare in una violenza sessuale? A chiarire questo dubbio è intervenuta la Cassazione con la sentenza n. 11631/2021 (sotto allegata) in cui precisa che il consenso dato dalla giovane prostituta a rapporti sessuali ordinari non esclude l'antigiuridicità delle pratiche sessuali violente e successive di cui la stessa non viene informata. Le modalità sadomasochistiche con cui è proseguito il rapporto infatti sono la conseguenza della posizione di forza dei due coimputati e della condizione di estrema debolezza della ragazza, stordita dall'uso di alcool e droga. Condizione che esclude un consenso libero e incondizionato. Corretta quindi la condanna per lesioni provocate dal bondage e per violenza sessuale di gruppo. Questo quanto emerge dalla sentenza citata, che nella sua lunga e complessa motivazione fornisce tutta una serie d'indicazioni che fungono da guida per comprendere in quali casi la pratica del bondage può integrare il reato di violenza sessuale. Ecco la vicenda da cui sono scaturite le considerazioni appena esposte. Violenza sessuale di gruppo, lesioni e cessione di cocaina[Torna su]
Il GUP condanna l'imputato alle pene di legge, riconosciuta la diminuente per il rito e la continuazione, per il reato di violenza sessuale di gruppo, contemplato dall'art. 609 octies del codice penale, per il reato di lesioni e cessione di cocaina. Allo stesso vengono applicate le pene accessorie, viene disposta l'espulsione dal territorio dello Stato e viene condannato anche a risarcire i danni alla vittima, oltre le spese. La Corte d'Appello inasprisce la pena, disponendo a carico dell'imputato anche il pagamento del risarcimento del danno e delle spese in favore del Centro antiviolenza e del Comune. Se c'è consenso alla pratica del bondage non c'è violenza sessuale[Torna su]
L'imputato ricorre in Cassazione sollevando due articolati motivi di ricorso.
Il bondage senza consenso libero e incondizionato è violenza sessuale[Torna su]
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso perché infondato. Prima di tutto perché la dinamica dei fatti è pacifica. La giovane prostituta viene contattata dal coimputato per una serata. L'uomo va a prendere la ragazza, concordano il prezzo della prestazione per 70 euro, vanno al bar a bere e poi a casa. I due assumono cocaina, iniziano i preliminare del rapporto e poi chiamano il ricorrente. Il padrone di casa chiede alla ragazza se è disponibile ad avere rapporti anche con lui e lei acconsente. Quando il ricorrente giunge sul posto propone alla ragazza di giocare un po' senza specificare però le sue intenzioni. La giovane durante le sessioni del rapporto fa delle pause nel corso della quali assume droga e alcool e il tutto si protrae fino alle 7 del mattino. Il ricorrente quindi lascia la casa, alla ragazza viene data la possibilità di restare ancora a riposare e le vengono dati 20 euro per il taxi. Tornata a casa la ragazza, piena di dolori ovunque, resta un giorno intero a letto e il giorno seguente, su insistenza della madre e della sorella, va in ospedale, dove i sanitari refertano lesioni guaribili in 45 giorni. La Cassazione evidenzia la significatività del referto di ben 45 giorni a riprova del reato di lesioni di cui sono stati accusati i coimputati e riportate dopo la pratica sessuale che la vittima ha descritto nel dettaglio, a partire dalle frustate alle quali si è opposta urlando e chiedendo di smettere. Pratiche che, come rilevato anche dal medico del pronto soccorso, le hanno provocato una diffusa iperemia ipofaringea a causa del collare troppo stretto che le è stato fatto indossare. Sentito in sede di sommarie informazioni il curante ha dichiarato che, dopo aver visitato la ragazza, a suo avviso "il rapporto si era protratto per diverse ore e con modalità di inaudita brutalità." Occorre poi tenere conto della giovane età della ragazza e del suo profilo psicologico, visto che lo psichiatra l'ha definita gravemente disturbata, anche se agli occhi di un non addetto ai lavori la stessa può risultare solo molto disponibile. Fragilità che, secondo la Corte d'Appello, sono state sfruttare dal coimputato, uomo di una certa età e di esperienza che, infatti ha individuato una ragazza particolarmente debole, bisognosa di denaro e disponibile ad avere rapporti a un prezzo modesto. Ragioni per le quali la Corte ha sottolineato la particolare gravità della condotta di violenza. Per quanto riguarda quindi il consenso della vittima alla pratica sessuale del bondage, sul quale il ricorrente ha impostato la sua difesa, la Cassazione chiarisce che la ragazza è stata posta in una condizione di costante stordimento a causa del consumo di alcool e cocaina, tanto è vero che la stessa si è resa accondiscendente a certe richieste temendo il peggio e precisando che comunque, è vero che ha prestato il suo consenso a rapporti sessuali, ma non alle modalità violente con cui è proseguito. Ad avviso dei giudici infatti "non sono emersi elementi fondanti il consenso perché lo stesso corrispettivo pattuito era inteso per una prestazione sessuale ordinaria." La Cassazione ricorda che per la giurisprudenza di legittimità "il rapporto sadomasochista nelle relazioni sessuali non può, quindi, in sé definirsi illecito e fonte di responsabilità penale, purché sia caratterizzato da un reciproco scambio di consensi informati, liberi e revocabili e a condizione che i soggetti interessati non si trovino in situazioni patologiche, la cui presenza finirebbe per neutralizzare il consenso, rendendolo privo di effetti giuridici per carenza della piena capacità di intendere e di volere." Richiama poi un precedente della CEDU, che pur riconoscendo la libertà di praticare il sesso nei modo che ognuno ritiene più opportuno, precisa però che "il rispetto della volontà della vittima di queste pratiche costituisce un limite a tale libertà." Gli Ermellini giungono quindi alla conclusione che "per escludere l'antigiuridicità della condotta lesiva non basta il consenso del partner, espresso nel momento iniziale della condotta. La scriminante non può essere invocata se l'avente diritto manifesta esplicitamente o mediante comportamenti univoci, di non essere più consenziente al protrarsi dell'azione alla quale aveva inizialmente aderito, per un ripensamento od una non condivisione sulle modalità di consumazione dell'amplesso." |
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