Data: 11/04/2021 11:00:00 - Autore: Luisa Claudia Tessore

Programma di vaccinazione: gli obiettivi

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Prima di ripercorrere brevemente la storia dell'obbligo vaccinale, è importante sottolineare quali sono gli obiettivi di un programma di vaccinazione:

- eradicazione, la malattia ed il suo agente eziologico vengono completamente e definitivamente eliminati;

- eliminazione, scomparsa della malattia in un'area geografica a seguito della rilevante riduzione della circolazione dell'agente eziologico;

- contenimento, riduzione della malattia attraverso l'immunizzazione di gruppi a rischio ad un livello tale da non rappresentare più un importante problema di sanità pubblica.

Storia della vaccinazione

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Nella storia della vaccinazione si possono distinguere tre fasi.

La prima fase

La prima fase cominciò alla fine del XVIII secolo, con l'introduzione da parte di Edward Jenner della pratica che prende il nome dal vaccino utilizzato contro il vaiolo. Subito dopo, all'inizio dell'Ottocento, in molti Stati europei iniziarono campagne di vaccinazione molto estese. I medici avevano infatti notato che, proteggendo il singolo, era possibile evitare la diffusione dell'epidemia all'intera collettività; per ottenere questo risultato era però necessario avere un'adesione massiccia.

Fu la vaccinazione antivaiolosa il primo provvedimento coattivo ad essere diffuso in Europa.

L'Inghilterra in un primo tempo rese la vaccinazione antivaiolosa universale e gratuita ed in seguito obbligatoria con i Vaccination Act del 1840, 1841 e 1853.

Un vivace dibattito sui limiti di intrusione del governo nell'ambito individuale si concluse con l'abolizione dell'obbligo nel 1898.

Nel Regno di Napoli fu resa obbligatoria anche con l'aiuto della Chiesa, che si pose a sostegno del progresso e della modernità. Nel 1803, Carlo IV di Spagna, sensibilizzato dal fatto che sua figlia Maria Luisa aveva contratto il vaiolo, organizzò la famosa spedizione Balmis, dal nome del dott. Francisco Javier de Balmis, per trasportare il vaccino verso le colonie spagnole nell'America del sud e nelle Filippine.

Si fa risalire al 1805 un decreto con il quale Napoleone prescriveva che tutti i soldati della sua armata, che non avessero ancora contratto il vaiolo, venissero "obbligatoriamente" vaccinati.

Il vaccino antivaioloso, dapprima obbligatorio solo per le reclute in Francia, Prussia e Regno di Sardegna, venne poi esteso anche alla popolazione civile: in Europa nel 1871 e negli USA l'anno successivo.

In Italia, fu la Legge Crispi-Pagliani del 1888 che impose l'obbligo della vaccinazione antivaiolosa per i nuovi nati, con successiva scomparsa del vaiolo nel 1925.

La seconda fase

La seconda fase seguì la rivoluzione pasteuriana e dunque le scoperte della microbiologia, alla fine dell'Ottocento, con Luis Pasteur e Robert Koch. Iniziarono ad essere messi a punto altri tipi di vaccini, in particolare contro il virus della rabbia, contro le setticemie e contro la tubercolosi. In questo periodo presero il via campagne mirate per le diverse malattie contagiose.

La tecnica vaccinale divenne più moderna, con iniezioni di virus attenuato, come quello della rabbia, che veniva preparato a partire dal tessuto nervoso degli animali ammalati ed iniettato nelle persone.

Non esisteva una politica sistematica: venivano condotte delle campagne su base volontaria.

Successivamente in Francia, iniziarono campagne contro la tubercolosi con il vaccino BCG nelle scuole ed in tutta la popolazione a rischio; si assistette ad un impegno dello Stato con strutture apposite per realizzare la vaccinazione.

La terza fase

La terza fase parte al termine della seconda guerra mondiale, utilizzò come paradigma le campagne di vaccinazione contro la poliomielite. In questo periodo vennero sviluppati tutti i vaccini attualmente disponibili, sistematicamente somministrati dopo la nascita a copertura di intere popolazioni. La vaccinazione divenne così un obbligo per tutti. [1]

A livello internazionale, dopo la seconda guerra mondiale, ed in particolare dopo l'inizio delle attività dell'OMS, sono state condotte campagne vaccinali mondiali, così da immunizzare anche le popolazioni degli Stati in cui il sistema sanitario nazionale era molto carente.

Questo ha permesso di ottenere il primo importante risultato e cioè l'eliminazione nel 1979 del vaiolo, una malattia che uccideva fino al 30% dei bambini nei periodi epidemici, grazie ad una campagna sistematica.

L'ultima infezione si verificò in Somalia, il 26 ottobre 1977. Non avendo trovato casi negli anni successivi, il 9 dicembre 1979, i membri della Commissione globale per la certificazione dell'eradicazione del vaiolo poterono dichiarare la malattia "sradicata dal mondo". Una vittoria ufficialmente confermata alla 33a Assemblea mondiale della sanità, l'8 maggio 1980.

Il costo totale del programma di eradicazione fu di 300 milioni di dollari, ma il risparmio per l'economia globale pari ad un miliardo di dollari l'anno.

Commemorare questo importante anniversario, ha ricordato l'OMS: "E' un promemoria della capacità della cooperazione sanitaria internazionale di realizzare risultati significativi e duraturi. Insieme, possiamo battere il Covid". Il francobollo, presentato in piena emergenza coronavirus, prosegue l'OMS, "Serve ad onorare milioni di persone che hanno lavorato insieme per eradicare il vaiolo, dai leader mondiali e dalle organizzazioni internazionali, ai medici rurali ed agli operatori sanitari negli ospedali".

La vaccinazione in Italia

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In Italia l'obbligo di vaccinare contro il vaiolo tutti i nuovi nati venne sospeso nel 1977 ed abolito nel 1981. Nel frattempo erano diventate obbligatorie le vaccinazioni contro la difterite (1939), la poliomielite (1966), il tetano (1968) e l'epatite B (1991).

Nella sanità moderna l'Italia ha rivestito un ruolo di Paese leader nelle vaccinazioni, grazie agli eccellenti contributi scientifici, alla lungimiranza delle sue politiche vaccinali, all'esperienza dei suoi ricercatori ed operatori di sanità pubblica, ed anche ad alcune produzioni industriali di vaccini.

E' importante ripercorre l'evoluzione delle politiche vaccinali in Italia nei primi 40 anni del Servizio Sanitario Nazionale.

Quattro sono le fasi che sono state identificate:

- la prima (1978-98) – era delle eradicazioni: caratterizzata dall'eradicazione del vaiolo e dall'introduzione dei vaccini antiepatite B ed antipertosse acellulare;

- la seconda (1999-2008) – l'adesione consapevole: coincide con i primi piani vaccinali nazionali e con l'ipotesi di un progressivo passaggio dall'obbligo all'adesione consapevole;

- la terza (2009-14) - esplode la vaccine hesitancy, spinta dal web: segnata dalla diffusione dell'informazione sanitaria sul web e sui social, da sentenze giudiziarie antiscientifiche e da una sempre più diffusa vaccine hesitancy che hanno causato percezioni errate, si sono osservati cali generalizzati delle coperture e riaccensione di focolai epidemici;

- ultima fase (2015-18): reazione delle istituzioni che ha portato all'approvazione del PNPV 2017-19, all'estensione degli obblighi vaccinali ed a sanzioni contro i medici antivaccinisti. Ciò ha portato ad un rapido rialzo delle coperture ma anche ad un acceso dibattito politico e mediatico sugli aspetti etici e sociali legati alle sanzioni ed ai divieti di ammissione dei bambini non vaccinati nelle scuole. [2]

Nel 1978 l'aspettativa di vita della popolazione italiana superava di poco i 70 anni e le malattie infettive erano ancora molto temute; i vaccini obbligatori nell'infanzia erano quattro: vaiolo, tetano, difterite e poliomielite.

Il primo periodo della riforma sanitaria del 1978 (La Legge 833/78 - Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, detta anche Riforma Sanitaria, del 23 dicembre 1978, è una legge della Repubblica Italiana che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale, sopprimendo il sistema mutualistico) è stato caratterizzato dall'offerta di un numero relativamente ridotto di vaccini; ma vi era la convinzione che, dopo l'eradicazione del vaiolo si stesse aprendo la strada per ulteriori eradicazioni, poliomielite e morbillo in primis.

Il ventennio 1978-98 fu caratterizzato dalla sospensione dell'obbligo per il vaccino antivaioloso e dall'introduzione dell'obbligo per la vaccinazione antiepatite B (1991) per tutti i nuovi nati e per gli adolescenti al compimento del 12° anno di vita, piano vaccinale che permise un rapido e drastico calo non solo delle nuove infezioni da virus HBV ma anche dei tumori primitivi del fegato.

Il coinvolgimento dell'Italia nella sperimentazione del vaccino antipertosse acellulare fu significativo a testimoniare l'interesse ed il coinvolgimento scientifico del nostro sistema sanitario nel progresso della vaccinologia. Si discusse anche della possibilità di inserire tra le vaccinazioni obbligatorie quelle contro morbillo e rosolia: ci furono diverse proposte di legge che, nonostante i pareri tecnici favorevoli anche del Consiglio Superiore di Sanità, non furono mai approvate.

Il 1999 segnò l'inizio della fase di superamento della divisione tra vaccinazioni obbligatorie e raccomandate, nel frattempo aumentate per l'introduzione di nuovi ed efficaci vaccini tra cui quello polisaccaridico contro lo pneumococco (2001), quello contro il papillomavirus (2006) nonché il vaccino antimeningococcico tetravalente coniugato (2008).

Nello stesso anno ebbe inizio anche la fase dei Piani Nazionali Vaccini che contenevano, oltre ai calendari, anche obiettivi legati alle coperture, alle anagrafi ed alla sorveglianza degli effetti avversi.

Nel 2006 ci fu l'immissione sul mercato, a distanza di pochi mesi l'uno dall'altro, di due vaccini contro le infezioni da HPV, ossia i primi vaccini progettati per la prevenzione del cancro ed in particolare per il tumore della cervice uterina. L'Italia fu uno dei primi Paesi ad introdurre la vaccinazione universale nelle dodicenni.

Nel 1999 Andrew Jeremy Wakefield pubblicò sulla rivista scientifica britannica The Lancet un articolo in cui si ipotizzava un legame tra la vaccinazione MPR e l'autismo; la pubblicazione di Wakefield provocò un drastico calo nell'accettazione della vaccinazione antimorbillosa e la copertura vaccinale andò via via diminuendo.

Il 28 gennaio 2010, il General Medical Council britannico stabilì che quella ricerca non era attendibile e qualche giorno dopo la rivista The Lancet ritirò l'articolo.

Gli effetti negativi sulla percezione delle vaccinazioni da parte della popolazione, non solo inglese, si evidenziarono solo alcuni anni dopo: tuttavia, l'effetto amplificatore da parte dei media e soprattutto dei social media, a cui si aggiunsero alcune sentenze giudiziarie, furono dirompenti sul sistema.

Il caso Wakefield si ritiene essere stato uno dei principali fattori ad aver scatenato quella che, alcuni anni più tardi, fu definita la "vaccine hesitancy".

La sicurezza vaccinale venne ritenuta sempre più un elemento imprescindibile, contemporaneamente all'immisione sul mercato di nuovi ed efficaci vaccini (meningococco B, rotavirus, herpex simplex e pneumococco coniugato polivalente).

Tra il 2010 e il 2014, si assistette ad un calo generalizzato per tutte le vaccinazioni obbligatorie e raccomandate, sia nei bambini che negli adulti.

Si giunse al paradosso di avere più vaccini sempre più efficaci con una minore copertura complessiva della popolazione.[3]

Il 24 novembre 2014 rappresentò un momento assai critico: la pubblicazione di una sentenza del Tribunale di Milano che associava impropriamente un caso di autismo al vaccino esavalente ed il "caso Fluad", con alcune morti sospette dopo somministrazione del vaccino antinfluenzale.[4]

Tutto ciò nell'anno in cui il Ministero della Salute, sensibilizzato dal mondo scientifico, inseriva tra le priorità del Governo l'implementazione delle politiche vaccinali.

Il piano nazionale prevenzione vaccinale

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Il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019 (PNPV) venne pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 febbraio 2017.

Come affermato dall'allora Ministro della Salute: "Rappresenta un'opportunità di salute per tutti i cittadini. La nuova offerta vaccinale contenuta nel Piano si configura come un valido strumento per ridurre le disuguaglianze nel Paese. Nell'attuale panorama politico e di federalismo sanitario, l'emanazione di raccomandazioni nazionali, non calate dall'alto, bensì fortemente condivise sul piano tecnico e politico con le Regioni e Province Autonome, nel rispetto della loro legittima autonomia, rappresenta una garanzia di equità di accesso a prestazioni di uguale qualità su tutto il territorio nazionale e per tutti i cittadini".

Alcune delle priorità prefissate dal PNPV erano:

- mantenere lo stato Polio-free;

- perseguire gli obiettivi del Piano Nazionale di Eliminazione del Morbillo e della Rosolia congenita (PNEMoRc) e rafforzare le azioni per l'eliminazione;

- garantire l'offerta attiva e gratuita delle vaccinazioni, l'accesso ai servizi e la disponibilità dei vaccini;

- prevedere azioni per i gruppi di popolazione difficilmente raggiungibili e con bassa copertura vaccinale (HtRGroups);

- elaborare un Piano di comunicazione istituzionale sulle vaccinazioni.

Il nuovo Piano, oltre alle vecchie vaccinazioni (contro difterite, tetano, polio, epatite B, Hib, pertosse, pneumococco, morbillo, parotite, rosolia, meningococco C nei nuovi nati, HPV nelle ragazze undicenni ed influenza nei soggetti di età ?65 anni) introdusse le vaccinazioni anti-meningococco B, anti-rotavirus ed anti-varicella nei nuovi nati, estese la vaccinazione anti-HPV ai maschi undicenni, introdussee la vaccinazione antimeningococcica tetravalente ACWY135 ed il richiamo anti-polio con IPV negli adolescenti, prevedendo le vaccinazioni anti-pneumococco ed anti-Zoster nei sessantacinquenni.[5]

Una spinta ancora più forte ci fu, nel maggio 2017, quando il Governo approvò il Decreto Legge n° 73/2017, poi convertito con la legge 119/2017, che prevedeva l'estensione delle vaccinazioni obbligatorie, da 4 a 12, poi ridotte a 10 nella conversione in legge e l'esibizione dei certificati vaccinali all'ammissione scolastica.

Il NITAG - National Immunization Technical Advisory Group - comitato consultivo composto da gruppi multidisciplinari di esperti, responsabili delle informazioni destinate ai governi nazionali, informazioni che vengono utilizzate per prendere decisioni sulle politiche di vaccinazione ed immunizzazione, ha raccomandato che il PNPV 2020-22 adotti i seguenti obiettivi strategici:

- sostenere la lotta alle malattie infettive;

- assicurare il governo, l'efficacia e la sicurezza dei programmi vaccinali;

- mantenere e migliorare la fiducia nelle vaccinazioni e aumentare l'adesione alle campagne;

- ridurre le differenze territoriali di offerta.

Alla luce della situazione epidemiologica esistente e considerata la grave condizione sanitaria in cui versa il Paese, in conseguenza della pandemia da Coronavirus, il NITAG non ritiene al momento opportuno, per il prossimo triennio, raccomandare ulteriori ampliamenti d'offerta vaccinali.[6]

Il calendario vaccinale 2020 si rifà al triennio 2017-2019 (v. allegato). Il quando somministrare un vaccino è strettamente correlato all'epidemiologia dell'infezione e al grado di maturità del sistema immunitario, parametro strettamente correlato all'età del paziente, che deve rispondere in modo corretto alla vaccinazione per assicurare un'immunità duratura.


dott.ssa Luisa Claudia Tessore

Note bibliografiche

[1] Le vaccinazioni di massa nella storia – Spazio salute (dicembre 2020)

[2] Acta Biomed. 2019; 90(1): 127–133. - Signorelli Carlo

[3] Guida alle vaccinazioni in Italia di Emanuele Montomoli - edito da Momento Medico, 2008

[4] British medical journal - Deaths after Fluadflu vaccine and the epidemic of panic in Italy (2015)

[5] Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019 - A cura di Ministero della Salute Anno 2017


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