|
Data: 28/04/2021 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate
Privacy e campagne di 'recupero del consenso'[Torna su]
Ricontattare il cliente che ha già detto no ai contatti finalizzati alla promozione di offerte commerciali telefoniche viola la privacy perché non rispetta la sua volontà. Il fatto che la campagna di "recupero del consenso" sia finalizzata a ottenere un ripensamento da parte degli utenti, per finalità commerciali quindi, ha essa stessa natura commerciale. Il ricorso della società telefonica contro il provvedimento del Garante Privacy che le ha vietato l'ulteriore trattamento dei dati dei clienti per finalità di marketing quindi va respinto. Queste le conclusioni della Cassazione nell'ordinanza n. 11019/2021 (sotto allegato) al termine della vicenda che si va a illustrare. Una s.p.a ricorre contro il provvedimento del Garante privacy, che le ha vietato di trattare ulteriormente, per finalità di telemarketing, i dati personali delle utenze oggetto della campagna finalizzata al recupero del consenso, e tra questi due in particolare, perché trattati in assenza di consenso legittimamente manifestato. Il Garante, costituitosi nel giudizio di primo grado, rende noto che l'accertamento nei confronti della S.p.a è stato intrapreso quando alcuni utenti hanno iniziato a segnalare che, pur avendo negato espressamente il consenso, erano stati ricontattati telefonicamente per finalità promozionali da fornitori di servizi che operavano per la S.p.a in quanto la stessa aveva conservato nei propri database i dati personali di 5 milioni di utenti una parte dei quali non aveva dato il consenso o lo aveva negato. Il Tribunale rigetta il ricorso della S.p.a, che si difende sostenendo di aver ricontattato gli utenti non per fini promozionali, ma solo per verificare la permanenza del dissenso. Versione che non convince il giudice di primo grado, ritenendo il contatto effettuato solo per finalità promozionali, in quanto diretto a ottenere un ripensamento in vista di una futura campagna di vendita telefonica, come risultante del resto dallo script fornito ai partners da cui emerge che l'obiettivo della campagna era di promuovere contestualmente all'acquisizione del consenso negato in precedenza, la conclusione di nuovi contratti. La campagna di "recupero del consenso" non è una comunicazione commerciale[Torna su]
La S.p.a ricorre avverso la decisione del Tribunale sollevando i seguenti motivi di doglianza.
Viola la privacy ricontattare l'utente per ottenere un ripensamento[Torna su]
La Cassazione, dopo aver analizzato nel dettaglio i motivi del ricorso rigetta il ricorso della S.p.a ritenendo il primo motivo inammissibile perché non ha colto le ragioni per le quali il Tribunale ha concluso per la finalità commerciale della campagna realizzata. Più interessante però è la motivazione fornita dalla Cassazione sulla violazione della privacy. Per gli Ermellini la S.p.a ha violato la privacy dei suoi utenti perché è errato ritenere che una campagna telefonica finalizzata a ottenere il consenso per finalità commerciali da parte di chi quel consenso lo ha già negato, non sia riconducibile alla nozione di comunicazione commerciale. Il consenso che la società infatti punta ad acquisire è collegato inevitabilmente alla campagna commerciale, per cui il consenso richiesto per il trattamento dei dati deve considerarsi un trattamento per finalità di marketing. "La finalità della chiamata telefonica è, in effetti, pur sempre quella di effettuare proposte commerciali, a prescindere dal fatto che con la stessa telefonata si effettui o meno anche una vendita di beni o servizi." Avendo la ricorrente contattato per fini commerciali chi aveva espressamente negato il suo consenso o non lo aveva espresso, per indurlo a un ripensamento, non ha rispettato la volontà dei singoli utenti. La sentenza impugnata è quindi immune dai vizi denunciati poiché ai sensi dell'art. 11 del Codice privacy "i dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali non possono essere utilizzati." Leggi anche Privacy: multa di 840mila euro a Tim per telefonate indesiderate |
|